Mi sa che questo mese ho battuto il mio record personale di pagine lette! Devi però precisare che il primo libro recensito l'ho letto quasi tutto in gennaio, che quello della Yoshimoto è piuttosto un racconto e che ho guardato poco Netflix, dedicando perciò più tempo alla lettura.
Di ritorno alla civiltà dopo anni passati a cacciare elefanti nell'entroterra, Sean Courtney ha una brutta sorpresa: convinto di sistemarsi da uomo ricco, scopre che è scoppiata la guerra tra inglesi e boeri, il che significa che il suo conto in banca è stato congelato e che non è salutare per lui restare a Ladybird. Venduta per una cifra irrisoria la sua merce e dopo aver pagato gli uomini, di fatto è di nuovo poco più che in braghe di tela e non gli resta altro da fare che andare ad arruolarsi. Lungo la strada però trova il modo di perdere la testa per una donna già sposata, con la quale concepisce una figlia in un'unica notte di passione. Una buona metà di questo libro è ambientata durante la guerra del 1899-1902, ma non ci sono certo solo storie dal fronte. Ai personaggi di Smith ne succedono sempre di tutti i colori, e anche qui a Sean non mancano sorprese e traversie. Mi sembra un buon modo per cominciare l'anno di letture proseguendo con questa saga; in questo inizio d'anno con temperature da primo autunno, ho pensato che dovesse fare più freddo in Sudafrica (almeno la notte).
Eccellente come al solito, con questo romanzo Qui Xialong affronta il problema dell'inquinamento che affligge la Cina. L'equazione è semplice: c'è un tacito patto fra il popolo e il governo, patto che consiste nell'accettare uno stato che è tutt'altro che democratico in cambio del benessere economico. Il problema è che il forte sviluppo economico della Cina passa anche attraverso le violazioni delle più basilari regole ambientali, ad esempio sversare in fiumi e laghi i rifiuti industriali consente alle fabbriche di registrare utili molto più alti rispetto a una gestione che predilige depuratori e corretti metodi di smaltimento. L'ispettore Chen si trova davanti esattamente questo tipo di scenario; invitato a trascorrere un periodo di vacanza sulle sponde del lago Tai, da sempre noto per le acque chiare e pulite, scopre che è molto meglio evitare di mangiare pesce lì pescato e che anche solo immergere i piedi è sconsigliato. Lo mette al corrente della situazione una giovane chimica che lavora in una fabbrica dove è stato appena commesso un omicidio. Ed ecco che la vacanza di Chen si trasforma nell'ennesima caccia all'assassino.
Il titolo originale di questo romanzo è In Pursuit of the Proper Sinner e credo che in questo caso sia giusto sottolinearlo perchè non vi è traccia nè di morsi nè di serpenti. D'accordo, col senno di poi si potrebbe pensare a un senso figurato, ma lo trovo comunque un titolo che non c'entra nulla. La ricerca del giusto colpevole invece ha molto più senso, visto che ci sono diversi possibili responsabili per il duplice omicidio al centro della trama, e che si arriva fin quasi alla fine prima di capire finalmente qual è quello giusto. Perfino Linley si fa fuorviare ed è merito di Barbara Havers se la verità viene alla luce. Barbara però è caduta in disgrazia a causa della grave insubordinazione della quale si è macchiata nel romanzo precedente, quando è arrivata a puntare la pistola contro la sua superiore che non voleva fermarsi a soccorrere la piccola Hadiyyah; tornata in servizio dopo una lunga sospensione e degradata a semplice agente, spera nella comprensione di Linley, che invece non la sostiene e vuole relegarla a un lavoro d'ufficio. Lei però non ci sta e preferisce seguire le proprie intuizioni, anche se questo significa disobbedire nuovamente agli ordini. Linley a sua volta nel corso del caso si troverà in una situazione tale in cui il cuore avrà più peso del dovere. Non delude mai questa autrice, che anche qui riesce a costruire una storia complicata e semplice allo stesso tempo, dimostrandosi un'acuta osservatrice dell'animo umano.
Se non ci fosse il buio, non si potrebbe apprezzare la luce. Se nella mia lista dei brani preferiti su Spotify non ci avessi messo anche canzoni che mi piacciono così così, non mi perderei così tanto in quelle che adoro. Allo stesso modo, se a volte non leggessi questo genere di romanzi che hanno successo popolare ma che, stringi stringi, poco ti lasciano in mano, non mi godrei ancora più a fondo ogni pagina scritta dai miei giallisti preferiti. Difatti mi chiedo se quelli che esaltano Bryndza hanno mai letto un libro della George o di Indriðason, perchè c'è veramente un abisso di stile e di tematiche. Che poi, sì, volendo restare sui libri da leggere mentre si viaggia in treno, questo qui va benissimo. Stavolta la detective Erika Foster deve affrontare un cold case e la vittima non è una ragazza, come suggerisce il titolo italiano (quello originale è Dark Water), bensì una bambina di sette anni scomparsa e ritrovata ormai in forma di scheletro ventisei anni dopo. Mi pare che sia tutto un po' esagerato, ma questa è la caratteristica dei successi popolari (uh, come suono snob perfino a me stessa nel dirlo!). Insomma, alla fin fine è tutta questione di gusti.
Ed eccolo qui, il mio islandese preferito, con un romanzo particolarmente introspettivo e dolente che mi è piaciuto moltissimo. Erlendur si trova fra le mani un caso di suicidio e molto tempo libero perchè sul lavoro non c'è granchè da fare. Il suicidio è quello di una donna di mezza età che viene trovata impiccata nella sua casa vacanze sulle rive di un lago. Da principio non sembra esserci niente di strano, ma una sua amica consegna a Erlendur la registrazione di una seduta spiritica alla quale la defunta, ossessionata dall'aldilà, aveva partecipato; Erlendur s'incuriosisce e decide di investigare in maniera ufficiosa. Contemporaneamente riprende in mano anche i vecchi casi di due ragazzi scomparsi decenni prima e mai ritrovati. Penso che una volta tanto l'altisonante affermazione sulla copertina corrisponda al vero, ma secondo me questo libro va ben oltre il suo genere e tocca argomenti che chiunque di noi prima o poi nella vita ha certamente affrontato. E poi ci si meraviglia se faccio la snob riguardo ai romanzi di successo popolare come quello precedente XD
Alla fine non ho capito bene che cosa cavolo ho letto. Ovvero: pare che ci dovrebbero essere cinque racconti sotto questo titolo, ma nell'ebook che ho acquistato ne ho trovato solo su una ragazza che scopre di essere stata rimpiazzata dal fidanzato storico. デッドエンドの思い出 - Deddoendo no omoide è stato pubblicato nel 2003 ed ha l'unico difetto di essere troppo breve, per il resto è la Yoshimoto al suo meglio. Con la sua usuale leggerezza, ci viene presentata Mimi, apparentemente passiva e insulsa, della quale un altro dei personaggi dice che:
Pensare che una persona, solo perchè sta sempre in casa e non si muove molto, o perchè fa una vita regolare e a vederla sembra tranquilla, è una persona semplice, chiusa e limitata anche internamente, riflette una mentalità incredibilmente meschina.
E io vorrei ringraziare pubblicamente la Yoshimoto per questa riflessione perchè mi ci ritrovo in pieno. Comunque sia, Mimi scopre la doppia vita del fidanzato e capisce che ha bisogno di elaborare la cosa da sola, lontano dalla famiglia che la tratterebbe come un fragile bambola. In questo breve periodo di solitudine conosce il gestore del bar sopra il quale abita ed è in fondo grazie a questa amicizia se riesce a rimettere le cose in prospettiva e a procedere poi con la propria vita in modo sereno. Tutto qui? Tutto qui, ma è una di quelle storie che fanno bene al cuore.
Fa ancora abbastanza freddo perchè io possa riuscire a leggere un libro in cui non passa pagina senza che ci siano temperature eccessive, afa e sudore che cola. Non ho mai nutrito un particolare interesse per andare a fare del turismo in Africa, ma Ballario di certo contribuisce a farmene passare ogni voglia XD Comunque sia, questa seconda indagine del Morosini mi è piaciuta più della precedente. Il nostro viene inviato a Mogadisco per cercare di risolvere alcuni omicidi misteriosi dei quali il locale nucleo dei Carabinieri non è riuscito a venire a capo. Insieme a due fidi collaboratori, comincia a indagare su casi apparentemente scollegati ma che egli invece riesce a legare tra loro. Questo non significa che sia vicino a scoprire l'identità dell'assassino, anche se alla fine ovviamente ci arriverà. In effetti il movente per i delitti è forse la cosa più debole di questo romanzo, che però è uno di quelli che si apprezzano per l'ambientazione e per i quali si può chiudere un occhio se la trama gialla è traballante. Il garbo della scrittura e la simpatia per il protagonista sono elementi sufficienti ad apprezzare il tutto.
Molto carino anche il secondo volume di questa serie, pure in questo caso l'ho forse apprezzato più del primo. Isabelle ha preso la decisione che tutti si aspettavano e ha rinunciato alla carriera nella Police Nationale per una rilassante vita in Provenza. Grazie all'influenza del suo potente superiore, è stato creato un ruolo ad hoc per lei: investigherà su crimini irrisolti. In questo modo si potrà tenere occupata e non pesterà i piedi alle forze di polizia locale. Peccato che, durante una passeggiata notturna in spiaggia, motivata dall'insonnia causata dal mistral, i piedi li pesti davvero, ma ad un cadavere. Rilasciate le dichiarazioni del caso e tornata a Fragolin, comincia a interessarsi a un vecchio omicidio commesso proprio lì in paese, mentre il suo ex-capo le affibbia la protezione di un testimone chiave in un processo importante. Insomma, per una che si vuole rilassare la vita si fa sempre può frenetica. Direi che Pierre Martin ci ha proprio azzeccato con questo personaggio e con questa serie, che risulta leggera e piacevole malgrado effettivamente i crimini descritti non lo siano.
Avendo messo gli occhi su un'altra trilogia dedicata a una scuola di assassini, ho deciso che fosse il caso di completare questa, in modo da avere margini di manovra in futuro. Difatti mi sarebbe scocciato cominciare una nuova trilogia avendone già a mezzo un'altra, così mi sono tolta il pensiero. A dire la verità, ero anche piuttosto curiosa di sapere come sarebbe andata a finire la storia di Mia. In questo volume conclusivo appaiono evidenti due cose: la corruzione della Chiesa Rossa e il fatto che Mia sia la prescelta a riportare equilibrio nei cieli. Per non incorrere in spoiler, mi limiterò a dire che anche in questo libro non mancano linguaggio scurrile, scene di sesso e troppe note (il problema di queste ultime l'avevo già risolto al secondo volume) e che malgrado la costante nota di autocompiacimento dell'autore, la lettura si è rivelata nuovamente scorrevole e divertente, per non dire che per uno che dice di non credere nel lieto fine, la conclusione non poteva esserlo di più, nonostante la scia di cadaveri che Mia si è lasciata alle spalle - per sua o altrui opera.
La Finlandia è il paese col maggior numero di suicidi in Europa e se la cava bene anche nella classifica mondiale. Verrebbe da dire che se già il suicidio non è un argomento su cui scherzare, da quelle parti lo è ancora di più. Invece Paasilinna, autore che in patria è molto popolare e del quale ho fatto la conoscenza proprio con questo libro, si è inventato una storia su di un gruppo di aspiranti suicidi che decidono di riunirsi per porre fine alle proprie vite tutti insieme. L'idea parte da un colonnello e da un imprenditore fallito; i due s'incontrano quando il primo, recatosi in un granaio per impiccarsi, viene sorpreso dal secondo che si è recato nello stesso granaio per spararsi. Interrotto momentaneamente l'intento di uccidersi, i due cominciano a parlare e hanno l'idea di mettere un annuncio sul giornale, perchè sanno bene anche loro che nel paese ci saranno senz'altro molti come loro. All'annuncio rispondono più di seicento persone, quindi si organizza un convegno. Alla fine il gruppo di quelli che hanno deciso di suicidarsi insieme partono alla volta di Capo Nord sul pullman di lusso di proprietà di uno di loro. E' l'inizio di un viaggio che, manco a dirlo, rimetterà tutto in prospettiva. A Paasilinna non fa certo difetto il senso dell'umorismo ed ho molto apprezzato questo suo lavoro, nel quale sono presenti alcuni tocchi surrealisti che però risultano sempre perfettamente verosimili. Un altro autore che vorrò incontrare anche in futuro.
Dobbiamo ringraziare il fratellino dell'autrice che nel 1919 si è ammalato se questo romanzo ha visto la luce. La Heyer infatti lo scrisse per intrattenerlo mentre era costretto a letto, e due anni dopo venne pubblicato riscuotendo molto successo e avviando così la sua prolifica carriera di scrittrice. Ambientato nel Settecento - prima della Rivoluzione Francese - vede protagonisti alcuni nobili inglesi. La Falena Nera del titolo è il soprannome di un duca degenere, dedito al gioco d'azzardo e al libertinaggio; il nostro eroe però è John Carstares, un conte che alcuni anni prima degli eventi narrati ha lasciato l'Inghilterra con ignominia dopo essersi preso al posto del fratello minore la colpa di aver barato a carte. Ah, il senso dell'onore di questa gente! Carstares ha girovagato per l'Europa mantenendosi con le vincite al gioco e con le lezioni di scherma; al ritorno in patria, si mette invece a fare il bandito in stile Robin Hood a tempo perso. Proprio così si imbatte nel fratello e poco dopo viene rintracciato dall'avvocato di famiglia che lo informa della morte del padre, ma lui rifiuta l'eredità sempre per via della vecchia storia d'onore. Poi entrerà ovviamente in gioco una fanciulla. La lettura di questo romanzo è sicuramente divertente e mi ha riportato alla dimensione dei libri della Invernizio, con la differenza che i personaggi della Heyer appaiono tutti più sani di mente. Sarà che sono inglesi e non italiani, ma i loro sentimenti provocano meno crisi isteriche XD
In occasione del Giorno della Memoria ho letto questo libro che ricostruisce la storia di Giorgio Perlasca, l'uomo che nel 1944 si spacciò per il console generale spagnolo a Budapest e riuscì così a salvare la vita di più di cinquemila ebrei. Il testo è interessante perchè parla anche del contesto in cui venne alla luce la sua storia, oltre che a spiegare un certo atteggiamento culturale che vorrei definire dell'epoca - inizio anni '90 - ma che non sono sicura non resista ancora. Ho scelto questo libro perchè di nefandezze naziste ho già letto molto in passato e ho preferito una storia di umanità e di coraggio. La cosa particolare di Perlasca è che egli era stato un fascista convinto e in realtà non si è mai dichiarato antifascista; era però un uomo che evidentemente ragionava con la propria testa e che aveva il cuore al posto giusto. Del resto anche il più noto Oskar Schindler era stato membro del partito nazista, ennesima dimostrazione che gli esseri umani sono sempre più complicati di quello che sembrano.