Era stato proprio un gran maleducato. Le aveva starnutito fragorosamente in faccia, inondandola di schizzi, dopo aver resistito allo stimolo per almeno tre quarti d'ora, neanche fosse stato l'avanguardia di Enrico Tudor nella battaglia di Bosworth.
A Great Deliverance è il primo romanzo della serie in cui compare l'ispettore Lynley di Scotland Yard, felice invenzione della statunitense Elizabeth George. Qui lo conosciamo trentaduenne, alle prese con una collega che non lo sopporta, l'amore della sua vita che ha appena sposato il suo migliore amico e un caso di decapitazione. In un villaggio dello Yorkshire infatti è stato ritrovato cadavere uno stimato agricoltore; sua figlia si accusa del delitto e precipita poi in una sorta di stato catatonico, tanto che viene rinchiusa in manicomio. Il sacerdote del villaggio però afferma che è impossibile che sia stata lei a uccidere il padre. Lynley riuscirà a sbrogliare la matassa e l'aiuto della collega si dimostrerà fondamentale. Sono di nuovo in uno di quei periodi in cui mi attirano prevalentemente i gialli e mi stavo giusto interrogando sul perchè ami questo genere. Credo che la cosa che più mi interessa sia la scoperta delle motivazioni che stanno alla base dei delitti. Di conseguenza apprezzo quegli autori che sanno costruire delle trame solide e credibili, come in questo caso. Se poi il tutto vede come protagonista anche un azzeccato investigatore, tanto meglio.
Primo: potrebbe andare peggio. Ci sono pendolari a cui va molto peggio, e devo tenerlo sempre presente. Secondo: ne vale la pena.
Si può ben dire che Sophie Kinsella è uno dei miei guilty pleasures letterari. Mi piace il suo stile gradevole e divertente che a volte tocca vertici di umorismo, e mi piace che alla fin fine le sue eroine, benchè finiscano per coronare i loro sogni d'amore, siano comunque ragazze che contano su se stesse per farcela, che si tratti del lavoro o di trovare soddisfazione nella vita. Qui ne abbiamo l'esempio perfetto. Kathie - che da quando ha cominciato a lavorare in una prestigiosa agenzia pubblicitaria londinese si fa chiamare Cat - viene dal Somerset e ci tiene a camuffare le sue origini contadine; ha cambiato pettinatura, accento e naturalmente stile nel vestire, ma il vero problema è che il lavoro non è molto ben pagato, Londra è carissima, l'appartamento condiviso che può permettersi la costringe a viaggi lunghi ed estenuanti per l'ufficio, e per giunta la sua capa è una stronza. Così Kathie compensa come fanno tutti a questo mondo: postando su Instagram le immagini di una vita perfetta. Sì, perchè il succo del libro è proprio questo, nel fatto che oggigiorno si sia tutti fissati nel volere essere perfetti e nell'avere una vita perfetta, dimenticando che in quanto esseri umani si tratta di un obiettivo tanto irrealizzabile quanto assurdo. Quando Kathie viene licenziata, le tocca tornare in campagna e paradossalmente è proprio questo fatto che la fa uscire dalla crisi lavorativa ed esistenziale. Non solo fa un ottimo lavoro nel lanciare la nuova attività del padre, ma un giorno si trova davanti come cliente la sua stronza ex-capa. Dagli intenti iniziali di vendetta passa a vederla qual è realmente, ovvero una donna che non è affatto perfetta come vuol far credere al mondo. Questo è il genere di lettura leggera ma non stupida, adatta per distrarsi in modo piacevole.
La brusca inclinazione dell'albero costrinse il ragazzo ad aggrapparsi al bordo della coffa dov'era accovacciato, sessanta piedi sopra il ponte, mentre la nave virava di bordo e prendeva l'abbrivio col vento in poppa.
Wilbur Smith lo conoscevo - finora - solo di fama. Il motivo è il mio noto snobismo alla rovescia che mi porta a storcere il naso davanti ai bestsellers, sarà che non ho mai superato il trauma provocatomi da Il Codice Da Vinci. Smith è uno che in vita sua ha praticamente scritto solo bestsellers e quindi non lo avevo mai preso seriamente. Poi succede che da tempo le mie letture siano di tipo scacciapensieri e quindi ci sta di concedere una chance a questo autore. Questo libro è il primo della saga che vede protagonista la famiglia Courtney; non è il primo scritto in ordine cronologico, ma è il primo per ambientazione temporale. Smith infatti ha saltellato abbastanza tra le varie epoche; a me è sembrato sensato cominciare dal primo Courtney della lista, ovvero Francis. Siamo nel 1667 ed egli è un corsaro inglese, impegnato ad arrembare le navi olandesi lungo le coste sudafricane - infatti in quel periodo Inghilterra e Olanda erano in guerra. Gli riesce un colpaccio, ma in seguito al tradimento di un suo marinaio e di un altro corsaro, viene catturato e condannato a morte, mentre i pochi superstiti del suo equipaggio, tra i quali il figlio Henry, sono destinati ai lavori forzati. Henry però dal padre ha imparato bene e riesce a fuggire, andando poi a cercare il tesoro nascosto prima della cattura. Romanzo d'avventura quindi, con personaggi di fantasia inseriti in un preciso contesto storico e geografico. Quello che posso dire è che di certo non si corre il rischio di annoiarsi tra queste pagine.
Credo ci sia una grande ironia nella professione che ho scelto.
Una perfetta geiko è sempre sotto i riflettori, mentre io ho trascorso la maggior parte della mia infanzia nascondendomi nel buio di un armadio.
Iwasaki Mineko è stata la geisha - o geiko, come preferiscono dire a Kyoto - più famosa degli anni Sessanta e Settanta del Novecento ed è considerata tra le cento geiko più famose di sempre. Questa sua autobiografia, che è stata scritta in collaborazione con la scrittrice e traduttrice americana Rande Brown, s'intitola in originale Geisha. A Life e non ha assolutamente nulla di proibito. Mineko ha deciso di scriverla in risposta al popolare romanzo Memorie di una Geisha di Arthur Golden, infatti Golden l'aveva intervistata - insieme ad altre - promettendole l'anonimato, salvo poi ringraziarla pubblicamente nei crediti del suo libro. A Mineko la cosa diede molto fastidio e oltretutto la sua storia è stata a tratti travisata, di qui la decisione di fornire la propria versione dei fatti. Nella sua autobiografia dunque la seguiamo da quando a tre anni ha il primo incontro con il mondo del fiore e del salice fino ai ventinove, quando decide di ritirarsi - cosa che destò molto scalpore e provocò il ritiro di alcune decine di altre geiko. Se si vuole sapere esattamente in che cosa consistono la formazione e la vita di una geisha, questo è il libro perfetto. A me è piaciuto molto.
Da lontano, l'edificio sembrava un carcere. Da anni non beneficiava di alcun intervento di manutenzione. Tagli alla sanità, così si chiamavano, e a subirne le prime conseguenze erano sempre le strutture come quella, ossia gli ospedali.
Arnaldur Indriðason è un autore la cui conoscenza volevo approfondire da tempo. Avevo letto un suo libro - forse due - anni fa e ora parto dall'inizio, ovvero da quello che apre la serie dedicata al commissario Erlendur, la sua creatura più famosa. Siamo in Islanda, terra di pochi abitanti e, di conseguenza, di pochi crimini gravi; difatti la polizia non si trova mai a dover affrontare complicati casi di omicidio, i delitti avvengono sempre sull'onda del momento e i responsabili sono facilmente rintracciabili. Erlendur però si trova davanti a uno scenario particolare: un uomo è stato arso vivo all'interno della propria abitazione. Per caso un altro uomo che anni prima era stato suo alunno e che da anni è rinchiuso in un ospedale psichiatrico con una diagnosi di schizofrenia, si suicida quello stesso giorno. Erlendur non tarderà a scoprire il legame tra i due e si troverà a cercare di fare luce su eventi accaduti più di trent'anni prima. Non è certo un caso se Indriðason è considerato uno dei maestri del giallo nordico; in questo libro coniuga argomenti che all'epoca in cui fu scritto (fine anni Novanta) erano di attualità a esperimenti del passato. Da lettrice accanita di gialli, apprezzo molto le trame in cui il livello di plausibilità è alto e gli omicidi non devono necessariamente essere il più raccapricciante possibile; penso che il succo non sia quello e, come già detto, ciò che più mi intriga è la scoperta delle motivazioni.
Sabato 22 ottobre 1977, John Kleberg, comandante della stazione di polizia dell'Università, mise sotto stretta sorveglianza l'area della facoltà di medicina della Ohio State University.
Billy Milligan aveva ventitre anni quando venne arrestato per tre stupri e rapine. Le prove a suo carico erano tali che la pubblica accusa riteneva di avere già la vittoria in tasca, ma i suoi difensori si resero conto ben presto che c'era qualcosa che non andava in lui e lo fecero visitare da uno psichiatra. Risultò che Billy soffriva di disturbo dissociativo dell'identità e per questo fu il primo caso in cui negli Stati Uniti un colpevole venne assolto perchè ritenuto incapace delle proprie azioni. Questo è solo l'inizio della storia, perchè Billy passò attraverso vari dottori e varie strutture. Dalle prime dieci personalità riconosciute, si passò ad altre quattordici, per un totale di ventiquattro. Daniel Keyes ha trascorso quasi un anno a intervistare sia Billy che moltissime delle persone coinvolte nel caso, riuscendo così a ricostruire tutta la sua vita. Questo libro è molto interessante, così come è affascinante sbirciare dentro la mente unica di quest'uomo.
Quando tutto cominciò, Paulo Araña era annoiato. Annoiato e assonnato. Gli mancava solo un anno prima del pensionamento dall'impiego alla Fondazione nazionale dell'indio, meglio conosciuta come FUNAI, l'acronimo in portoghese.
Prima di morire, Crichton aveva cominciato a scrivere il seguito di Andromeda; il libro è stato completato da un altro scrittore e pubblicato postumo. I fatti sono ambientati circa cinquant'anni dopo il primo incidente e hanno inizio quando nella foresta amazzonica fa la sua apparizione uno strano oggetto. Sono cinquant'anni che è in vita un progetto di sorveglianza e anche se molti lo ritengono ormai superfluo, in questo caso è una bella fortuna che esista, infatti non appena viene lanciato l'allarme vengono prese alcune decisioni tempestive, tra le quali quella di inviare sul posto un team di scienziati. In questa storia però il nemico non è solo alieno; ci mette del suo anche una delle scienziate, che lavora per il proprio fine e non per quello per cui è stata arruolata. Come libro d'avventura dai connotati fantascientifici questa storia funziona, anche se il salvataggio finale richiede una dosa massiccia di sospensione dell'incredulità XD Mi è piaciuto, però preferisco il primo Andromeda.