
Questo è il libro dal quale è stata tratta la serie omonima che avevo visto alcuni mesi fa e che mi era piaciuta. Devo dire che una volta tanto non ho critiche da fare, anche se naturalmente il libro è più bello. Nella serie ci sono minuscoli cambiamenti, ma continuo a considerarla valida. La storia è quella di una rapina fallita che ha come conseguenza il fatto che il rapinatore si nasconde in una casa aperta per una visita immobiliare e prende in ostaggio tutti i presenti. Il rapinatore però è solo una persona disperata che ha fatto ricorso al crimine perchè non sa dove altro sbattere la testa, mentre gli ostaggi hanno problemi e segreti; la situazione li porta a una sorta di catarsi collettiva. Backman ha un modo di scrivere che definirei colloquiale, nel senso che dà l'impressione che si rivolga direttamente al lettore, come se dialogasse a quattr'occhi, inoltre riesce sempre a tirare fuori delle considerazioni molto giuste e delle osservazioni calzanti su quella che è la natura umana e la maniera in cui molto spesso ci si adatta a sopravvivere anzichè fare il piccolo sforzo che ci porterebbe a essere più felici e migliori. Il tutto fatto in maniera talmente semplice e leggera che non c'è il minimo intento didascalico, anzi, l'impressione finale è quella sensazione di piacevolezza che rimane dopo aver trascorso una serata di chiacchiere con gli amici del cuore davanti a un bicchiere di vino. Nessuna meraviglia che questo autore sia tanto popolare!

L'ispettore Lynley è appena convolato a nozze con lady Helen, e mentre lui è in viaggio di nozze, il sergente Havers dovrebbe godersi il meritato riposo per riprendersi dalle ferite subite nel caso precedente. Barbara però è una di quelle persone che non sono capaci di stare senza fare niente, soprattutto quando ciò ha come conseguenza che la testa si riempie di pensieri molesti. Il destino l'aiuta a risolvere il problema; quando collega alcuni disordini creati dalla comunità pakistana a seguito della morte di uno di loro all'improvvisa partenza del suo vicino di casa, decide d'impulso di recarsi sul posto perchè teme che egli si metta nei pasticci. Il posto è una località balneare un tempo famosa e ora caduta nel dimenticatoio dove Barbara si recava da bambina; oltre a conoscere il luogo, ha anche la fortuna di trovare a capo della polizia locale una sua ex- compagna di corso, ora superiore a lei di grado. Barbara riesce a intrufolarsi nell'indagine che si rivela una bella gatta da pelare non tanto per l'omicidio in sè, quanto perchè appunto i pakistani del posto, sobillati dal ricco figlio di un imprenditore, sono preoccupati che il razzismo nei loro confronti alteri il caso. Questo Deception on His Mind vede come protagonista assoluta Barbara Havers, cosa che mi ha fatto piacere perchè il sergente tracagnotto merita il suo momento di gloria. Grande pregio di questo romanzo è lo scavare nel problema dei pregiudizi che le comunità locali hanno nei confronti degli immigrati e di come ciò possa alterare il giudizio, sia nel bene che nel male; il libro è del 1997, ma naturalmente l'argomento è più che mai attuale.

Avevo accennato a questo libro nella recensione che avevo fatto del film da esso tratto; già allora, malgrado la pellicola fosse stato di mio gradimento, avevo ipotizzato che il libro sarebbe stato migliore, e difatti. Cosa scontata, del resto. Penso che ciò che arricchisce di più il romanzo rispetto al film è che tutta la dimensione delle superstizioni locali risulta più presente. La protagonista infatti si trova a investigare su una serie di delitti che, secondo alcuni, hanno visto l'intervento di una creatura della mitologia basca. Naturalmente non è così e l'omicida è umanissimo. Si tratta sicuramente di un bel libro, anche se in questo caso non penso che proseguirò con la trilogia. Dopotutto il mistero di questo volume è stato svelato, quindi non è che devo leggere altro per scoprire il finale.

Mi ero ripromessa di leggere il libro dal quale è stata tratta la serie e, pur con un certo ritardo, l'ho fatto. In realtà ci sono altri due libri, questo copre la prima stagione e suppongo che il secondo sia relativo alla rispettiva stagione; lo scopriremo solo leggendo il tomo relativo, cosa che farò sicuramente perchè questo qui l'ho trovato davvero molto bello e spero altrettanto del prossimo. Dunque: siamo nel 1896 a New York e un serial killer si accanisce su giovani prostituti travestiti. Naturalmente all'epoca la definizione serial killer era sconosciuta, le impronte digitali poco più di un esperimento e pure la psicologia era vista con un certo scetticismo, soprattutto se a praticarla era un geniale dottore dalle opinioni personalissime in rotta col pensiero comune. Tuttavia è proprio per via di questo che Laszlo Kreizler viene incaricato di indagare ufficiosamente sul caso, e lo fa insieme al giornalista John Moore e ad alcuni detective che operano in segreto, tra i quali Sara Howard, una delle prima donne ad essere assunta nella polizia. Il gruppo riesce a fare progressi utilizzando metodi sperimentali, e qui sta il grande merito dell'autore, secondo me, ossia l'aver saputo trovare un equilibrio plausibile tra ciò che all'epoca si era effettivamente in grado di fare e le intuizioni moderne dei protagonisti. Comunque sia, il colpevole viene identificato e infine fermato, e il suo profilo corrisponde a quello dei serial killer di epoca recente, segno che l'animo umano è sempre lo stesso (come fa notare l'autore nella postfazione, assassini così sono sempre esistiti).

Più leggo questo autore e più mi piace! Questo libro contiene sei racconti, dei quali gli ultimi due sono gialli costruiti in maniera più classica, mentre i primi quattro costituiscono la sua vera peculiarità, ovvero si focalizzano sui rimorsi e sulle conseguenze dell'omicidio e sono narrati dal punto di vista del colpevole. Ho già notato questo di Matsumoto, che costruisce le sue storie in maniera diversa da quanto siamo abituati. Di solito infatti in un romanzo giallo viene scoperto un delitto, dopodichè interviene qualcuno che si mette a investigare e accumula prove, fintanto che non si scopre il colpevole. Alcuni dei miei autori di gialli preferiti sono bravissimi nel costruire moventi plausibili, ma si potrebbe dire che Matsumoto va oltre perchè dà voce agli assassini. Sono loro stessi a spiegare le circostanze che li hanno portati a delinquere. Verrebbe da pensare che, mancando tutta la parte investigativa e la sorpresa della scoperta dei responsabili, il divertimento sia così rovinato, invece trovo molto interessante questo entrare nella testa dei colpevoli. I moventi diventano, per così dire, molto ragionevoli XD

E ad un certo punto ho realizzato che stavo leggendo solo dei gialli... così ho deciso che era arrivato il momento di diversificare. Questo romanzo ha avuto un grandissimo successo e lo merita tutto. Si tratta di una storia di emancipazione; la protagonista infatti è una quattordicenne nigeriana che vive in un villaggio. Adunni è intelligente e le piace andare a scuola, però ha dovuto abbandonarla alla morte della madre, che era il sostegno economico della famiglia. Il suo sogno è quello di poter un giorno riprendere gli studi e diventare un'insegnante, ma le consuetudini della sua gente prevedono invece che si sposi e faccia figli maschi. Il padre, che affoga nei debiti oltre che nell'alcol, decide di farla sposare a un uomo di mezza età in cambio di una dote generosa. Adunni diventa così la terza moglie e deve subire quelli che non sono altro che stupri ogni volta che suo marito ne ha voglia. Non entrerò troppo in particolari; ciò che voglio dire è che questo è il genere di storie che fa capire quanto siamo privilegiate noi donne del primo mondo. Adunni è vittima sia dell'ignoranza che delle tradizioni e della superstizione; si salva solo perchè è forte e ragiona con la propria testa. Viene giustamente da chiedersi quanto talento sprecato che c'è al mondo. Infine vorrei fare un applauso a Elisa Banfi, che ha saputo tradurre in maniera ottima questo The Girl with the Louding Voice; il motivo è che in originale è scritto in un inglese illetterato e penso che non sia stato semplicissimo renderlo in italiano.

Ancora una storia che ha protagoniste delle donne e in cui la superstizione (non posso chiamarla diversamente) fa danni. The Mercies (le grazie) è ambientato nella piccola isola (realmente esistente) di Vardø, nel nord-est della Norvegia. Siamo nel 1617 e il posto è impervio e desolato, la scarna popolazione costituita da una comunità di pescatori alla quale a volte si uniscono dei Sami di passaggio; proprio una Sami ha sposato il fratello della protagonista, Maren. Alla vigilia di Natale, tutti gli uomini abili del paese vanno in mare a pescare, certi di fare un buon bottino perchè una balena arrivata qualche giorno prima ha spinto i branchi di pesci nella loro direzione; non torneranno mai più perchè una furiosa tempesta si abbatte in modo del tutto imprevedibile su di loro. La comunità si riduce quindi alle sole donne, più un paio di vecchi e i bambini. Dopo lo shock iniziale, le donne capiscono che, se vogliono sopravvivere, dovranno rimboccarsi le maniche e arrivano quindi a occuparsi in prima persona della pesca, cosa fino ad allora ritenuta disdicevole. Purtroppo è il periodo della caccia alle streghe, e quando dopo un anno e mezzo arriva in paese un sovrintendente incaricato di scovare eventuali attività sataniche, le cose si fanno difficili. Ecco un altro bellissimo libro che merita di essere letto e conosciuto. L'autrice, malgrado la giovane età, è già una veterana (ha cominciato a scrivere a diciannove anni) ed è passata dai libri per bambini a quelli per adulti, con una breve deviazione nel cosidetto genere young adult, raccogliendo consensi e premi.

Niente, dai gialli proprio non riesco a stare lontana! Difatti mi mancava troppo Indriðason, ed eccomi quindi alle prese con l'ennesimo caso di Erlendur. Questo Vetrarborgin (traduzione letterale: la città d'inverno) si occupa di un caso particolarmente odioso e doloroso: l'omicidio di un bambino. E non un bambino qualunque, poichè è figlio di un islandese e di una thailandese. Per questo motivo le indagini si indirizzano fin da subito verso il movente razzista. Buffa tra l'altra la coincidenza tra questo libro e quello della George letto poco tempo fa, visto che si occupano entrambi di questa piaga. A Indriðason però interessa relativamente scavare a fondo come ha fatto la George; egli ci mostra sì le due facce della medaglia - tra quelli che plaudono all'arricchimento che deriva dalla diversità culturale e quelli che temono per la perdita dell'islandesità - ma soprattutto si concentra sul suo personaggio, che con questo caso non può fare a meno di ripensare ancora più intensamente a quel suo fratellino disperso da decenni. Alla fine la soluzione dell'omicidio si rivelerà di una banalità agghiacciante, ma per questo non posso che fare ancora una volta i complimenti all'autore.

Una trilogia - o quella che è, dovrei leggerla tutta d'un fiato per evitare di dimenticare che cosa è successo nel volume precedente, tuttavia ho lasciato passare abbastanza tempo tra il primo e il secondo volume di questa Nevernight. E' anche vero però che mi ricordavo ancora abbastanza bene (e l'autore ha provveduto a rinfrescarmi un po' la memoria). Ecco quindi che ritrovo Mia Corvere, ora in missione sotto copertura. Ha infatti concepito un piano che le permetterebbe di uccidere contemporaneamente i due uomini che hanno distrutto la sua famiglia, ma per farlo deve accettare di essere venduta come schiava e allenarsi come gladiatrice. Mia non è certo una che si perde d'animo, e tra alleati vecchi, nuovi e inaspettati, il piano bene o male procede. Non mancano però ben due sorpresone finali che mi hanno fatto desiderare di prendere immediatamente in mano il terzo volume, ma ho resistito. Kristoff continua a seminare troppe note, ma questa volta le ho lette alla fine di ogni capitolo; tanto sono chiacchiere che non impediscono la comprensione degli accadimenti se vengono ignorate, e così l'azione ha continuato a scorrere fluida.

Questo libro pieno di illustrazioni mi è stato regalato a Natale ed è formato da una selezione di opere conservate nella Yumoto Kōichi Collection. Questa raccolta è la più completa del Giappone per quanto riguarda gli yōkai, ovvero quegli esseri soprannaturali - mostricciattoli, potremmo definirli - che nell'immaginario giapponese possono apparire agli umani, quasi sempre causando sfortuna. Il museo si trova a Miyoshi, nella prefettura di Hiroshima, ed è stato aperto nel 2019. Le rappresentazioni fantasiose e spesso bizzarre di questi esseri hanno fatto sì che abbia trovato questo libro molto divertente.

Chiudo l'anno con l'ennesimo giallo, in questo caso molto famoso e dal quale è stato tratto un film che non ho visto - nè intendo vedere... non so perchè, ma mi sono convinta che nessun film potrebbe rendergli giustizia. La storia è quella di un ex-agente dell'FBI, ritiratosi per motivi di salute e da un paio di mesi reduce da un trapianto di cuore. Un giorno viene avvicinato da una donna che dice di essere la sorella della donatrice che gli ha permesso di vivere; il fatto è però che sua sorella è stata uccisa in una rapina assurda. Il protagonista dovrebbe starsene tranquillo e sereno per evitare rigetti, però malgrado il diniego iniziale si fa coinvolgere e non tarda a scoprire un collegamento con un'altra rapina dalle modalità simili. Alla fine scoprirà che la cosa lo riguarda da vicino molto più di quanto avesse immaginato. Sicuramente una bella storia, complicata al punto giusto.