mercoledì 30 settembre 2020

settembre laborioso


Finalmente ho ripreso a trafficare a pieno regime grazie alle temperature che si sono abbassate. Ovvero: si sono abbassate dentro casa perchè la notte ha sempre rinfrescato, difatti dalle mie parti siamo arrivati a due terzi del mese con i soliti 30 e passa gradi... Ho messo mano a un progetto che ho ruminato per tutta l'estate, cioè costruire un altro diorama e arredarlo. Questa volta ho pensato alle Barbie. Mi sono divertita moltissimo come al solito e in definitiva non ho commesso errori critici nè nella struttura nè nei mobili, per cui sono soddisfatta. A proposito, a inizio mese ho aperto un nuovo profilo Instagram dedicato solo alle bambole. Sto seguendo alcune persone che fanno cose meravigliose, il che in effetti mi procura un leggero imbarazzo per quello che invece faccio io. Resta il fatto che non miro certo a diventare una doll influencer, perciò continuo a postare imperterrita.

Non molto da dichiarare sull'argomento gite, a parte i due giorni in Toscana ai quali il marito teneva; pensavamo di approfittare del calo dei turisti, ma c'era parecchia gente sia a Pisa che a San Geminiano - invece nessuno a parte i locali a San Miniato, località molto meno nota. Che poi, ci siamo detti, se è così in due giorni feriali della metà di settembre e con la pandemia, normalmente altro che folla in deliro ci sarà! In questi posti eravamo già stati moltissimi anni fa, è stato un piacere rivederli e goderne la bellezza; in compenso io ho sofferto non poco perchè faceva ancora un caldo devastante.


Il 23 è cominciato il Korean Film Festival di Firenze e, come nel caso del Far East Film Festival, una selezione dei film presentati è stata messa a disposizione in streaming da Mymovies. Ancora una volta devo ringraziare la pandemia che mi ha permesso di farmi un'altra scorpaggiata di film coreani. Penso comunque che ci avrebbero potuto pensare anche senza il Covid-19 a questa cosa di mettere in streaming i film durante la durata dei vari festival; spero solo che questa cosa da eccezione diventi un'abitudine.

lunedì 28 settembre 2020

un lustro

Il 22 aprile 2015 scrivevo il post di addio sul mio blog tanto amato, ma ormai giunto al capolinea. Il 28 settembre 2015 aprivo questo perchè avere un blog mi mancava molto. Come spiegavo nel post di apertura però partivo con un presupposto diverso, ovvero di restare fondamentalmente a cuocere nel mio brodo. Il blog precedente aveva avuto un suo momento di gloria, non perchè fosse particolarmente popolare - tutt'altro, io sono sempre stata una di nicchia, modesta per giunta - ma perchè per un certo periodo si era creata una bellissima e affiatata comunità di lettori, persone che in diversi casi ho conosciuto personalmente, alcune delle quali ancora sento di quando in quando. Qui invece ho fatto quasi sempre l'eremita fino a quasi un anno fa, quando ho sentito il bisogno di confrontarmi di nuovo con il mio prossimo. Non ho record da annotare, traguardi raggiunti o successi da vantare; sono però soddisfatta di questo spazio perchè l'ho creato a mia misura e mi ci trovo bene. Rispetto al vecchio blog, qui ho evitato quasi sempre di esprimere il mio parere su politica e società, e non comincerò a farlo ora. Motivo n.1: lo fanno già altri e meglio di me, trovo superfluo aggiungere la mia voce al coro. Motivo n.2: in passato ho creduto di poter fare, nel mio piccolo, la differenza. Non penso di esserci riuscita e in certi casi mi ci sono fatta il fegato cattivo, quindi diciamo che ho dato. Non so per quanto tempo ancora resterò qui; di certo fino a che mi divertirò. Se poi qualcun altro, oltre a me, si diverte qui sopra, tanto meglio ^____^


sabato 26 settembre 2020

letture di settembre

 


Non è che morissi dalla voglia di leggere qualcosa di Licia Troisi, però ho trovato il primo libro di questa trilogia (Il destino di Adhara) nella casetta del book-crossing e ho preso gli altri due (Figlia del sangue e Gli ultimi eroi) in versione ebook perchè volevo sapere come andava a finire. Piccola parentesi: non amo gli ebook, li considero un male necessario in quanto li acquisto solo se non riesco a reperire la versione cartacea o se, come in questo caso, voglio spendere poco perchè tanto non ho interesse a conservare l'opera. Venendo a questi libri, la storia è ambientata cinquant'anni dopo la precedente trilogia che avevo letto - e che mi era piaciuta. In questo lasso di tempo tutti sono vissuti felici e contenti, ma ovviamente non poteva durare. Come da leggenda, dovrò avvenire il periodico scontro tra due personaggi che incarnano il Bene e il Male. A questo giro il Male è nato per vie naturali e in ben due esemplari, mentre il Bene è stato creato artificialmente da un setta segreta che voleva mettersi avanti col lavoro nel caso, appunto, si manifestasse il Male. Il problema è che la setta viene sterminata e il prodotto delle loro fatiche vaga per il mondo senza memoria. Poi gli torna, eh. Anche perchè sennò come farebbe a salvare il mondo? Allora: la storia non mi ha entusiasmato, specialmente l'ultimo volume mi è sembrato un po' tirato via, con descrizioni troppo semplicistiche per comportamenti e situazioni complessi. Penso sia adatto al target di riferimento - gli adolescenti - ma meno apprezzabile da noi vecchietti. Mica che faccia schifo, la Troisi è brava e comunque riesce a tenere desta l'attenzione del lettore, inoltre per i miei gusti ha un gran talento nell'inventare nomi.


Camminavo lungo il Tamigi, in una mattinata autunnale. Il sole era coperto, sembrava un'arancia in una bottega di pesce fritto. Sotto, tutto scintillava.

Gulley Jimson è un artista puro, uno di quelli che per la propria arte venderebbe anche sua madre. Si ritrova però alla soglia della settantina senza soldi, casa e famiglia. E' stato appena rilasciato di prigione e trova la barca dove abitava devastata. Pieno di debiti, non è nemmeno semplice individuare qualcuno che lo possa aiutare. Ricomincia così a perseguitare un suo vecchio mecenate, spalleggiato da una giovane barista che crede alla sua versione, ovvero che l'uomo l'abbia truffato pagandogli una cifra irrisoria per alcuni suoi quadri di grande valore. In effetti c'è stato un tempo in cui Jimson ha avuto una certa fama, ma in seguito si è dedicato all'arte moderna con risultati molto più modesti. Gli torna anche l'ispirazione, ma come procurarsi colori e tele senza un quattrino? Devo dire che ho fatto fatica ad arrivare in fondo a questo The Horse's Mouth, non perchè non sia un testo valido, ma per la profonda antipatia che ho provato per il protagonista; il fatto che il tutto sia narrato con le sue parole non ha aiutato. Il libro fa parte di una trilogia, ma è un racconto a sè stante; come si evince dalla copertina, ne è stata tratta una versione cinematografica che, presentata alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1958, ha fruttato ad Alec Guinness la Coppa Volpi ed è stata anche nominata per gli Oscar al miglior film straniero. In effetti sarei curiosa di vedere questa pellicola, Guinness era un ottimo attore e magari nel film Jimson è meno antipatico.

Jim Qwilleran si lasciò cadere sulla sedia nella sala da pranzo del Press Club, il lungo corpo di un metro e ottantacinque che era l'immagine stessa dell'abbattimento, e l'espressione funerea intensificata dall'inclinazione avvilita degli enormi baffi.

Ritrovo il giornalista Qwilleran e il suo geniale gatto siamese Koko – qui affiancati dalla new entry, la gattina Yum Yum – in un altro giallo in cui il contributo del felino è fondamentale. A Qwill viene affidato l'incarico di redigere una rubrica gastronomica; il problema è che lui è appena stato messo a dieta dal suo medico e quindi la cosa capita al momento sbagliato. Per il primo servizio si reca presso la casa di un avvocato gourmet che ha ereditato una magione già centro artistico nel passato; ora il presupposto per abitarvi è invece di avere in qualche modo a che fare con il cibo. Qwill decide di trasferivisi, affascinato dall'ambiente ma soprattutto convinto dalla presenza di una sua vecchia fiamma, che ora vi abita insieme al marito, un pallone gonfiato che fa il ceramista come lei. Dopo qualche giorno però la donna scompare; Qwill le ha firmato un assegno dopo che lei gli ha manifestato l'intenzione di lasciare il marito, eppure l'ipotesi della fuga non lo convince fino in fondo. E se invece le fosse capitato qualcosa? Molto carina questa storia, anche se devo ammettere che sono di parte quando si tratta di gatti. Del resto come non resistere al fascino dei siamesi? La scrittrice, che ne possedeva diversi, è abile non solo a imbastire la trama gialla, ma anche a descrivere questi adorabili animali.

L'uomo uscì dall'ombra quando ancora l'ultima luce del tramonto scintillava a occidente. Si fermò al limite del patio e chiamò.

- Signor Adams, siete voi?

Siamo avanti di seimila anni nel futuro; l'uomo ha conquistato tutta la Galassia e la comanda con l'aiuto degli androidi e degli automi che ha costruito. Dopo essere partito per una missione in un remoto pianeta vent'anni prima, torna a casa Asher Sutton. Lo fa a bordo di un'astronave semidistrutta e già questo appare strano; quando poi gli fanno tutte le analisi del caso, scoprono che dev'essere morto tempo prima e il suo corpo dev'essere stato ricostruito e rimesso in funzione. L'altra stranezza è che un uomo che dichiara di venire dal futuro si è presentato al suo capo annunciando il suo prossimo atterraggio e pregando l'uomo di accopparlo non appena messo piede sulla Terra. Si scopre che il motivo per cui dal futuro vogliono morto Sutton è che egli ha scritto un libro rivoluzionario su quanto scoperto sul pianeta remoto. Questo Time and Again venne pubblicato a puntate nel 1951 e costituì il primo successo di Clifford D. Simak, autore di fantascienza molto noto. Trattandosi di una storia che comprende i viaggi nel tempo, come sempre è un po' laboriosa da seguire, e tuttavia risulta interessante e coinvolgente, soprattutto perchè il lettore si chiede il motivo dell'accanimento contro Sutton, così come si chiede se alla fine il corso della storia subirà o no una modifica. Insomma, è uno di quei libri che mi sono piaciuti, anche se confesso che l'ho preso solo per la copertina XD


giovedì 24 settembre 2020

uno spirito di patata

Molte delle appassionate di Blythe personalizzano le loro bambole; con l'aiuto di un bisturi, modificano la forma della bocca e del naso, spesso cambiano gli occhi e naturalmente si dedicano al make up, magari aggiungendo lentiggini, quando alterando pesantemente i lineamenti. Queste bambole personalizzate sono molto belle, però costano parecchio. Io non sono in grado di fare questo tipo di lavoro sul viso e quindi mi sono sempre tenute le mie Blythe così come mi sono arrivate. Le trovo belle lo stesso. Ad ogni modo alla quarta Blythe ho deciso di darmi una botta di vita e ne ho scelta una che ha la bocca diversa dalle altre.


Diciamo che questa Blythe sorridente è un'eccezione nel panorama generale, in quanto queste bambole hanno quasi sempre un'espressione neutra. Tra l'altro ho notato questa cosa come differenza fra le bambole asiatiche e le Barbie; le prime al massimo accennano un sorriso, mentre le Barbie quasi sempre si sganasciano. Comunque, quando ho visto questa faccia con bocca aperta e dentini in vista, mi è subito partita la simpatia. Vi presento dunque Laura, il quarto e per ora ultimo acquisto della famiglia Blythe.


Laura non può che essere uno spirito di patata con quell'espressione lì. Il primo abitino che le ho fatto è semplice ma un po' sbarazzino, anche se col senno di poi vorrei aver scelto una stoffa sull'azzurro che riprendesse il colore di questi occhi. Laura però non se n'è preoccupata minimamente ed è andata subito a vantarsi davanti ad Akiko, la quale ci è rimasta male perchè a lei non ho ancora fatto abitini. Dovrò rimediare prima che decida di non rivolgermi più la parola.


Laura è miope e dovrebbe indossare sempre gli occhiali, però dice che non vuole metterli perchè la fanno sembrare una secchiona. Io invece sospetto che sia perchè pensa che la imbruttiscano, cosa assolutamente falsa perchè con gli occhiali mi sembra ancora più carina.

martedì 22 settembre 2020

due film visti in settembre

Ormai da tempo sono stata risucchiata nel vortice delle serie TV, per cui di film in questo periodo ne sto vedendo pochissimi. Ultimamente ho visto questi due e nessuno mi ha entusiasmato...

Beautiful creatures - La sedicesima luna

Il diciassettenne Ethan abita in un paesino del sud degli Stati Uniti dove non succede mai niente e si muore di noia. Le cose si fanno però più eccitanti quando si presenta a scuola Lena, nipote del famigerato Macon Ravenwood che ha fama di essere uno stregone. Anche Lena si porta dietro un discreto seguito di chiacchiere e le cose non migliorano certo quando alcune compagne cominciano a sparlare di lei. Ethan invece non solo se ne sente attratto, ma è convinto si tratti della ragazza dal viso coperto che da tempo gli appare in sogno. Vinta la sua diffidenza, riesce a conquistarla, ma salta fuori che Lena è davvero una strega e che per giunta è anche vittima di una maledizione. Non conosco il libro dal quale è tratto questo film, anche se presumo che sia migliore. La trama non sarebbe nemmeno malvagia, però non mi ha preso più di tanto. E' un film probabilmente rivolto a un target giovanile o del genere che gradisce Twilight, ma devo sottolineare che a paragone di Twilight questo qui è da premio Oscar XD Trovo tuttavia che il talento di Jeremy Irons e di Emma Thompson sia sprecato per questa pellicola.

Il silenzio della palude


Un popolare scrittore sembra psicopatico quanto i suoi personaggi. Dopo aver ucciso a sassate un taxista molesto, rapisce e uccide un professore di economia che si occupa del riciclaggio del denaro sporco di un giro di droga e che è ammanicato con alcuni politici. La sua sparizione fa agitare i suoi clienti che si mettono a investigare. Il film è tratto dal romanzo omonimo - El silencio del pantano - di Juanjo Braulio, romanzo che ha delle recensioni positive, però non è affatto riuscito. Risulta noioso e nemmeno la rivelazione finale mi ha detto granchè. In effetti l'ho guardato solo per via della presenza di Pedro Alonso, uno degli iconici protagonisti de La Casa di Carta



domenica 20 settembre 2020

Colony

Sono arrivati gli alieni cattivi e hanno conquistato la Terra. Dopo averla suddivisa in diverse colonie governate col pugno di ferro della peggior dittatura, hanno cominciato a dedicarsi alla produzione di non si sa bene cosa presso la loro base sulla luna, nella cosidetta Fabbrica. Là vengono spediti tutti quelli che si sono in qualche modo macchiati di reati, anche d'opinione, contro il regime. Prima di sbarcare gli alieni, grazie alla nostra abitudine di mettere tutto online, hanno individuato una serie di persone utili ai loro scopi che hanno contattato e informato preventivamente dell'invasione; sono queste persone ora a detenere il potere, benchè relativo perchè dipendono pur sempre dal volere degli alieni. Naturalmente questa situazione causa diversi moti di ribellione che si focalizzano sui collaborazionisti, visti che gli alieni sono irraggiungibili. Will Bowman è un agente speciale che per salvarsi dall'epurazione di tutti quelli come lui ha cambiato nome e lavora come meccanico; il suo secondogenito Charlie è disperso a Santa Monica perchè il giorno dell'arrivo, gli alieni hanno costruito un muro che la divide da Los Angeles. Lui naturalmente vuole andare di nascosto a cercare il ragazzino, e intanto la moglie Katie si è unita a un gruppo di ribelli. Quando Will viene catturato, il governatore di Los Angeles gli offre l'immunità e il ritrovamento del figlio in cambio dei suoi servigi, ed egli accetta pur di salvare la famiglia dalla Fabbrica. Questa serie di tre stagioni è stata interrotta sul più bello, ma io ho voluto vederla ugualmente perchè ne avevo sentito parlare bene, e difatti mi è piaciuta molto. Tuttavia il calo nell'indice di ascolto ha portato alla sua cancellazione e quindi non resta che chiedersi se i nostri eroi si salveranno dall'apocalisse incombente o se la razza umana sparirà dalla faccia della terra.

venerdì 18 settembre 2020

Nel cuore di Yamato - Aki Shimazaki


Sto andando alla compagnia Goshima.

Sono le sette e mezzo del mattino. Sbadiglio. Sono rientrato ieri sera da un viaggio d'affari a Singapore e la stanchezza si fa ancora sentire.


In questo secondo romanzo Aki Shimazaki segue la stessa struttura del precedente: si tratta infatti ancora di cinque capitoli, ciascuno incentrato su un diverso personaggio, ma tutti e cinque questi personaggi hanno una qualche relazione tra di loro. Tutti girano intorno alla Goshima, vuoi perchè ci hanno lavorato, vuoi perchè hanno sposato un dipendente. Ogni personaggio racconta la propria storia, a volte drammatica, a volte semplicemente particolare, fino a fornire una sorta di quadro d'insieme. Il tutto però non risulta toccante e coinvolgente come Il peso dei segreti, forse perchè le storie non sono poi così eclatanti. Si tratta dunque di una lettura gradevole che però non lascia il segno. L'ho comunque apprezzata perchè come sempre ho imparato qualcosa e perchè la Shimazaki, benchè da anni residente in Canada, scrive storie profondamente giapponesi.


mercoledì 16 settembre 2020

il bambolo coreano


La mia ricerca di bamboli articolati mi ha fatto scoprire una serie di sette riproduzioni dei componenti della band J-pop dei BTS/ Bangtan Boys. Confesso la mia profonda ignoranza di musica coreana, fatta eccezione per diverse canzoni che mi piacciono e che ho sentito perchè facenti parte delle colonne sonore degli sceneggiati che ho visto. Questa band è estremamente popolare, il loro ultimo disco addirittura è quello più venduto della storia della musica sudcoreana. Per ovviare alla mia nulla conoscenza del gruppo, sono andata su Youtube a guardare qualche loro video, ma a parte constatare che devono essere passati tutti dal chirurgo estetico, devo ammettere che la loro musica non è il mio genere.


Comunque sia, il loro successo è tale che, in collaborazione con la Mattel, sono stati prodotti dei bamboli articolati con le loro fattezze che ultimamente si trovano a prezzi scontati, quindi perchè non prenderne uno? Il mio rappresenta Suga (all'anagrafe Min Yoon-gi), e visto che non sono una fan e non mi sento quindi legata da nessuna forma di lealtà al mantenimento del nome, l'ho ribattezzato Jun, che mi sembra che suoni decisamente meglio. Come si vede dalla foto, il bambolo è arrivato con un completo che riproduce fedelmente quello indossato dal suo corrispettivo in carne ed ossa, ma tanto è rimasto molto presto in mutande (anzi, senza XD).


Il fisico di Jun è diverso da quello di Oscar; la testa e i piedi appaiono sproporzionati rispetto al resto del corpo che è molto esile, difatti i pantaloni di Oscar a Jun stanno larghi. E' incredibile che sia così magro perchè è una buona forchetta. Anzi, a volte sembra un pozzo senza fondo. State attenti a lasciare il cibo incustodito; benchè Jun sia un ragazzo  taciturno e molto educato,  non ha ritegno quando si tratta di mangiare. Tale e quale in gatto rosso di mio figlio maggiore, insomma! L'altra sua caratteristica è che esprime la sua eccentricità attraverso vestiti non esattamente sobri, come si vede dalla foto. Pensare che da uno così timido e introverso ci si aspetterebbe tutt'altro.



Vi rivelo un piccolo segreto: molte delle stoffe che uso per i vestiti che faccio vengono da vecchi abiti dismessi. In particolare, le camicie di mio marito si sono rivelate una fonte preziosa perchè ci sono diverse fantasie che mi piacciono. Per esempio, questa a righe piaceva molto anche a Jun, che mi ha pregato di fargli un completo estivo. Gli ho fatto anche un paio di ciabatte perchè siamo di nuovo in crisi con le scarpe. I piedoni di Jun non entrano nelle scarpe di Oscar, e con shorts e camicia sbracciata non potevo certo fargli indossare gli scarponi con i quali è arrivato.



Abbiamo sfiorato anche l'incidente diplomatico. Mentre si pavoneggiava con gli abiti nuovi, Jun ha incontrato Maddie la quale, dopo averlo squadrato, gli ha fatto i complimenti per il nuovo pigiama. Jun, come suo solito, non ha proferito parola però le ha lanciato uno sguardo da incenerirla, anche perchè è purtroppo permaloso quanto Akiko. Qui Maddie sta cercando di rimediare alla gaffe dicendo che si era scordata di indossare le lenti a contatto e per questo non aveva visto bene. Chissà se Jun ci ha creduto...

lunedì 14 settembre 2020

dead to me ( amiche per la morte)


Se ne era parlato anche su sofasophia di questa serie, e siccome l'avevo in lista, ho pensato di guardarla subito perchè mi ha incuriosito. Devo dire che a me è piaciuta un sacco e mi sono letteralmente divorata le due stagioni attualmente disponibili (ne verrà prodotta una terza che sarà quella conclusiva). Ci sono tutti gli elementi giusti, se così vogliamo dire: black comedy ma anche, in certa misura, buddy movie, con scene esilaranti e altre commoventi e una coppia di protagoniste perfette per la parte. Jen è recentemente rimasta vedova dopo che suo marito è morto travolto da un'auto che non si è fermata; piena di rabbia, la donna non si rassegna a non sapere chi è il colpevole. Ad un gruppo di supporto per persone che devono elaborare un lutto conosce Judy, con la quale s'intende subito; infatti dopo poco la invita a vivere a casa sua, visto che Judy si è lasciata col proprio compagno e non sa dove andare. Le due donne, benchè molto diverse, diventano molto affiatate. Judy è un'anima candida, una persona molto gentile che in vita sua ha sofferto e tuttavia continua a vedere il buono in tutti quelli che incontra. Judy però si porta dietro un segreto ingombrante che ha proprio a che fare con Jen. Mi fermo qui perchè spoilerare questa serie sarebbe un vero e proprio delitto, proprio per via dei tanti colpi di scena.

sabato 12 settembre 2020

The King: Eternal Monarch

Ho una cotta per Lee Min-Ho fin dai tempi di Boys over Flowers e da allora ho cercato di vedere tutte le serie dov'è apparso. Questa è la più recente ed ha come ulteriore bonus il fatto che la sua comprimaria sia l'ottima Kim Go-Eun. Detto questo, non ho ancora deciso se questa serie è valida o se è una cagata pazzesca. E' vero che è una di quelle che non si mollano, anche se la trama è talmente incasinata che più di una volta mi sono trovata alla fine di una scena a pensare che non avevo capito un cazzo (poi spiegherò perchè), però l'ho trovata indecisa tra la commedia romantica dai risvolti drammatici e il complotto misterioso. Quest'ultimo a volte pare lasciato in disparte benchè sia in effetti il pretesto che fa muovere tutto; inoltre occorre riporre la logica in soffitta perchè a volerci ragionare sopra razionalmente, ci sono più buchi che nel formaggio Emmentaler. La storia si basa sul presupposto dell'esistenza degli universi paralleli; nel 1994 nel Regno di Corea, il fratellastro del re tenta un colpo di stato uccidendo il sovrano legittimo e ferendo l'erede al trono, un bambino di otto anni, nel tentativo di rubare un flauto leggendario che viene trasmesso da secoli all'interno della famiglia reale e che ha poteri straordinari. L'intervento di un uomo misterioso salva la vita al principe e mette in fuga il traditore, che però si ritrova con solo mezzo flauto in mano poiché nella collutazione si è rotto. Nel 2019 il principe è ormai un re ed è grazie ai poteri del mezzo flauto in suo possesso che arriva nella Repubblica di Corea, dove incontra subito la persona che cerca da allora, ovvero l'agente di polizia che l'ha salvato quella notte e che egli ha identificato tramite il tesserino di riconoscimento che le è caduto. In effetti la cosa è strana perchè il salvataggio pare essere stato condotto da un uomo, ma il tesserino appartiene a un'agente donna. Il re già la ama, lei invece lo porta in centrale per un'inutile identificazione. In seguito ovviamente i due s'innamoreranno e cercheranno insieme di capire qualcosa nel gran casino combinato dallo zio traditore, che da venticinque anni viaggia tra i due mondi e, per riuscire a portare a compimento i suoi piani, ha sostituito con le buone o con le cattive diverse persone con i propri sosia del mondo parallelo, usandole per i proprio scopi. Ed è proprio lì che è partito il casino, in quando alcune volte non capivo se erano nel regno o nella repubblica e se le persone erano i sosia o gli originali. A complicare ulteriormente le cose, ci si è messa la possibilità di potere anche viaggiare nel tempo, infatti ad un certo punto il re decide di tornare al momento dell'attentato per cercare di fermare il traditore, quindi abbiamo sia i paradossi dei viaggi nel tempo che quelli degli universi paralleli... Insomma, come dicevo è meglio evitare di cercare il pelo nell'uovo e il senso logico, perchè alla fin fine il senso di questa serie è giusto quello di permettere alle fan di rifarsi gli occhi con il loro attore preferito e di sospirare un pochino XD

giovedì 10 settembre 2020

American Vandal


Questa serie in due stagioni autoconclusive è un mockumentary, ovvero una fiction girata come se fosse un documentario. L'elemento in comune tra le due stagioni è il team che gira il documentario e che, di fatto, investiga sugli accadimenti. Nella prima stagione siamo in un liceo californiano dove le auto di ventisette insegnanti vengono ritrovate con disegnati sopra altrettanti peni. Viene puntato il dito contro Dylan, uno studente noto per i suoi frequenti scherzi – ha pure un canale Youtube dove li esegue insieme ad alcuni amici – e che è un disegnatore di peni seriale. Due studenti più giovani, nonché colleghi di Dylan nel notiziario scolastico, pensano però che lui sia innocente e decidono di fare un documentario intervistando chiunque possa fornire indizi per scoprire il vero colpevole che, come presumibile, è un insospettabile. Nella seconda stagione gli autori del documentario sono diventati popolari e ricevono molte richieste per indagare altri fatti simili; la loro attenzione viene catturata da quanto successo in un collegio cattolico dell'Oregon, dove qualche buontempone versa del potente lassativo nella limonata della mensa scolastica causando un'apocalissi di diarrea tra i presenti. Anche in questo caso viene incolpato un ragazzo e la cosa sembra ancora più grave in quanto sarebbe stato forzato a confessare dall'amministratrice del collegio e imbeccato dalla polizia. Ancora una volta la verità si rivela complicata da scoprire. Ecco un modo originale di costruire un “giallo”, anche se qui di morti non ce ne sono. Credo però che la serie sia interessante perchè punta il dito su quella che è la realtà dei moderni adolescenti, tra bullismo e vita parallela online. Non ricordo se ho mai visto altri mockumentary, ma mi sembra che sia uno stile interessante per raccontare una storia.

martedì 8 settembre 2020

la tregua


Questa serie belga dai toni piuttosto cupi è composta da due stagioni autoconclusive. In entrambe il protagonista è l'ispettore Peteers; nella prima egli, tornato al paesello dopo vent'anni, si trova subito davanti a un caso di omicidio che viene frettolosamente attribuito allo scemo del villaggio. Lui però non è affatto convinto e comincia a scavare, scoprendo che la vittima, il giovane africano Driss, sembrava avere conti in sospeso con diverse persone. Queste dieci puntate sono costruite come un gioco di scatole cinesi: ogni volta che si scopre una verità e sembra che il colpevole sia stato identificato, salta fuori che non può che trattarsi di qualcun altro. La rivelazione finale lascia di stucco, segno che gli sceneggiatori hanno fatto bene il loro lavoro. La storia è costruita anche attraverso sogni, nonchè costellata delle allucinazioni di Peteers che, reduce da una controversa operazione di polizia da lui capitanata e costata la vita ad alcuni colleghi, tra i quali la sua stessa moglie, tira avanti impasticcandosi. Nella seconda stagione, ambientata alcuni anni dopo, Peteers non fa più il poliziotto, insegna e sembra aver ritrovato la stabilità. La sua ex-psicologa chiede il suo aiuto perchè un suo paziente è stato accusato dell'omicidio della sua datrice di lavoro, però lei è convinta che sia innocente. Ricominciare ad indagare però non fa bene alla salute mentale di Peteers che, sempre più svalvolato, comincia pure a vedere i morti. Di queste altre dieci puntate infatti non ho apprezzato molto l'elemento soprannaturale, benchè sia necessario per lo svolgimento della storia; resta comunque un bel giallo e lo stile della prima stagione è mantenuto, anche se la storia mi sembra meno risolta perchè restano un paio di punti aperti.

domenica 6 settembre 2020

non chiamatelo più Ken



Dopo l'acquisto di Maddie, mi sono messa a cercare il corrispettivo maschile della linea made-to-move e ho trovato solo due bamboli, facenti parte di una serie prodotta per festeggiare il sessantesimo anniversario della nascita di Barbie. Uno ha i capelli verdi fluorescenti e quindi anche no, l'altro era questo e, fortunatamente, ha un viso che mi piace. In seguito hanno aggiunto un terzo, un gagetto lentigginoso, però anche quello non mi piace (lo so, sono una cagacazzi: cosa ci vogliamo fare?). 


Fare vestiti per un maschio è certamente meno divertente che farli per le femmine, ci si può sbizzarrire di meno. Io poi non ho una gran fantasia nel vestire di mio, per esempio tendo a fare vestiti semplici quando in genere chi gioca con le Barbie ha un gran giro di abiti da sera o giù di lì. Tuttavia la cosa più complicata è stato trovargli un nome. Mi sono sempre divertita a battezzare bambole e pelouches, peccato non li abbia mai annotati e adesso ormai dei miei compagni d'infanzia ricordo solo qualche nome. Quindi, se considero quelli, ho già una Barbie e anche un Ken. Come chiamare dunque questo secondo Ken? Subito mi era venuto in mente Ben per assonanza, ma mi sembrava molto triste, poi una sera all'improvviso mi si è accesa come un'insegna al neon nel cervello e ho pensato Oscar. E non chiedetemi perchè, che Oscar non è nemmeno uno dei miei nomi preferiti. 



Oscar è un ragazzo posato e a volte mi sembra un po' ingenuo. Per esempio, non si rende conto di essere un gran figo e sembra sempre meravigliato quando qualche ragazza ci prova con lui. Mi chiedo se non abbia un problema di autostima. O forse è semplicemente occupato a pensare ad altro - o a non pensare affatto, chissà!



A proposito, la nostra Maddie è proprio decisa a conquistarlo, quando lo ha visto con i vestiti nuovi gli si è praticamente buttata tra le braccia con la scusa che voleva sentire se la stoffa era morbida. Non so come fare con questa ragazza...

venerdì 4 settembre 2020

Rita


Con Netflix le cose sono due: o sono molto fortunata o sono di bocca buona, perchè le serie che mi piacciono sono in netta prevalenza rispetto a quelle che mi dispiacciono. Pensare che non scelgo in base a ricerche o recensioni, ma semplicemente seguendo il mio naso. E il mio naso mi ha portato a questa serie danese di cinque stagioni che mi è piaciuta moltissimo e che pare sia preferibile vedere in originale per via del doppiaggio approssimativo – consiglio superfluo per me che vedo in originale tutto, anche le serie turche. Rita è la protagonista ed è un'insegnante; il motivo per cui lo è diventata è difendere i bambini dai propri genitori. Dev'essere per il suo modo di fare e per i principi che segue sul posto di lavoro se i suoi alunni la amano e se riesce a conquistare anche quelli scontrosi o demotivati, ma ciò significa che spesso e volentieri Rita entra in conflitto non solo con i genitori, ma anche con colleghi e superiori, per non dire che rispettare le regole non è esattamente il suo forte. Nella vita privata Rita rivela le proprie debolezze; da adolescente ha sofferto moltissimo per l'abbandono della madre che tuttora dice di odiare; il suo matrimonio è fallito, lasciandola a tirare su tre figli da sola, e i suoi rapporti con gli uomini si limitano a portarseli a letto. Il bello di questa serie è che funziona su entrambi i livelli, ovvero sia quando ci mostra Rita in cattedra, sia quando declina i rapporti famigliari. L'ho trovata davvero ben riuscita, anche se le prime tre stagioni secondo me sono superiori. Rita poi è il contrario del politicamente corretto e anche solo per questo mi sta simpatica. Quanto al mondo della scuola, è incredibile vedere come in Danimarca ci siano gli stessi problemi che abbiamo qui, tanto per dirne uno i genitori invadenti. Peccato che di Rita ce n'è una sola, e per giunta inventata.

mercoledì 2 settembre 2020

un mese in quattro foto: agosto


Mentre ero in montagna ho assaggiato di nuovo il kaiserschmarren che mi piace troppo!


Per festeggiare il compleanno di un amico, siamo stati a Cesenatico. Da bambina ci andavo sempre al mare con i miei genitori; in tempi recenti ci vado d'inverno a fare foto.


La mia amica F ha adottato una gattina dopo che la sua è morta qualche tempo fa. Questa poverina è stata ritrovata abbandonata in un'aiuola spartitraffico, era anche tutta sporca di catrame; malgrado ciò ha un carattere molto socievole e si è lasciata coccolare a volontà.


Uno scorcio di Badia della Valle, minuscolo borgo a pochi chilometri da Lutirano che ospita anche un agriturismo dove siamo stati a pranzo il giorno di Ferragosto e dove abbiamo mangiato benissimo.