giovedì 30 aprile 2020

aprile consapevole

fonte https://www.facebook.com/libri.vintage/

Se a marzo lo scoppio della pandemia e il conseguente lockdown ha lasciato tutti scioccati in vario grado, aprile è stato il mese della consapevolezza e della presa di coscienza, infatti mi è capitato di leggere diverse analisi interessanti che hanno espresso in maniera chiara ed esauriente quasi tutto ciò che avevo già intuito da sola. Per me è stato nuovamente un mese tranquillo e sereno a livello personale, preoccupato a livello nazionale e globale, ma non per la malattia in sé (mi spaventa molto di più il cancro, per dire) quanto per tutte le conseguenze. Non mi faccio illusioni: dubito fortemente che verrà colta l'occasione di cambiare in meglio. La mia impressione è che la gente non aspetti altro che tornare a com'era prima; non che non lo voglia pure io, per esempio non vedo l'ora di poter riprendere le mie passeggiate, eppure sento che se tutto questo non ha insegnato niente a nessuno allora è stata veramente una grande occasione sprecata.


fonte https://www.facebook.com/libri.vintage/

In aprile ho cominciato a poltrire di più a letto la mattina. A che scopo svegliarmi presto? Vorrebbe dire avere una o due ore in più da ammazzare prima che torni il momento di andare a dormire. Quindi ho assecondato molto volentieri la mia natura, visto che da sempre sono propensa a svegliarmi tardi e normalmente non lo posso fare. Ho continuato a leggere di gusto e a vedere film e serie TV con divertimento, malgrado abbia letto di diverse persone che non sono state più in grado di farlo perchè sopraffatte da altri pensieri dettati dalla paura. Non crediate che sia un mostro di freddezza o un'incosciente; anche la mia famiglia ha offerto il proprio sacrificio umano al Covid-19. Ho solo la fortuna di affrontare le cose con un atteggiamento diverso da quello di tanti e mi sono liberata della paura anni fa, in circostanze diverse. Com'è vera la frase un giorno tutto questo dolore ti sarà utile: lo è stato. Comunque sia non mi va di parlare ancora di virus & compagnia.


yukata sperimentale per la Blythe; richiede alcuni aggiustamenti,
ma è già molto che sia andato a buon fine il primo tentativo 

visto che il modello l'ho fatto a occhio

Malgrado la mia poco tenera età, mi sono rimessa a giocare con le bambole. Vorrei costruire altri mobili a misura Barbie, ma ultimamente mi sono focalizzata principalmente sui vestiti. Da bambina mi divertivo molto a farli, anche se le mie scarse capacità producevano più che altro delle schifezze. Ho ripreso ago e filo in mano molti anni dopo per i miei figli, soprattutto per produrre costumi di carnevale e affini. Non mi sono mai interessata seriamente a imparare a cucire frequentando corsi, sono autodidatta e là dove non arriva l'intuito, arrivano fortunatamente i tutorial di Youtube. Vestire Barbie e Blythe per me è una sfida ulteriore per via delle piccole dimensioni, per questo ho deciso un approccio lento e prudente; prima di avventurarmi a usare stoffe serie, mi sto facendo le ossa con degli scampoli destinati al cassonetto. In questo modo verifico che i modelli vestano bene e alleno le dita in attesa di fare sul serio.

martedì 28 aprile 2020

letture di aprile


Lentamente, la tenue luce dell'alba faceva emergere dal buio della notte il villaggio addormentato, svelando i contorni della palizzata bassa e sconnessa, i tetti delle case, i recinti dei cavalli e le stalla dove era ammassato il bestiame.

Guido Cervo è un autore di romanzi storici come il più noto Valerio Massimo Manfredi. Non lo conoscevo, ed è merito del solito mercatino se mi è capitato tra le mani questo suo libro che è il primo di una trilogia dedicata al personaggio immaginario di Valerio Metronio. Ambientato nel 275 d.C., il romanzo comincia con l'assalto romano a un villaggio di barbari ribelli. E' un periodo turbolento per Roma; gli imperatori di avvicendano nel giro di mesi dopo l'assassinio di Aureliano e l'antica potenza comincia a declinare, cosa della quale approfittano le popolazioni barbare che si coalizzano per conquistare la Gallia. In questo contesto si muovono alcuni personaggi di fantasia, primo fra tutti il sopra menzionato Valerio Metronio. Cervo ricostruisce il più fedelmente possibile il contesto storico, che però non è coperto da molte fonti e si presta alla libera interpretazione; egli fa la scelta di mettere in campo non solo personaggi romani, ma anche barbari nel chiaro intento di offrire uno spaccato il più esaustivo possibile della realtà di quel periodo. Fa certamente un buon lavoro, benchè non ci siamo né protagonisti né episodi eclatanti; lo stesso Valerio Metronio mi è risultato quasi tedioso nella sua estrema rettitudine. Sarebbe comunque interessante leggere anche gli altri due volumi successivi, se non altro per vedere come vanno a finire tutti i personaggi dei quali ho fatto la conoscenza qui.




Non molto tempo fa, a Londra, Kate Brady e io ci lamentavamo davanti a qualche sconsolato gin fizz che niente sarebbe mai cambiato, che la morte ci avrebbe trovate tali e quali eravamo quel giorno: sazie, sposate e insoddisfatte.


Anche questo libro fa parte di una trilogia, ma l'ho scoperto solo dopo averlo preso alla libreria del book-crossing di Portico di Romagna. Quello che mi aveva colpito era il titolo: Girls in the married bliss. Non capivo se ci era o se ci faceva, e comunque mi aveva fatto pensare a uno di quei gruppi Facebook che vengono spesso perculati dal Signor Distruggere. A una ricerca successiva, ho scoperto che il libro sarebbe l'ultimo della serie, tant'è che avevo pensato di fare una cosa sensata e cercare i due precedenti in biblioteca, poi c'è stato il lockdown e la biblioteca non so quando mai riaprirà, per cui mi sono detta al diavolo e l'ho letto comunque. Non aver letto i precedenti non ha costituito un problema; a parte che ci si può sempre informare su Google, le due protagoniste spiccano immediatamente nelle loro personalità come se le avessi già conosciute. Kate e Baba sono amiche fin dai tempi della loro adolescenza irlandese; ora sono a Londra, si sono sposate, ma la felicità è lungi dall'accompagnarle. Kate s'innamora di un uomo sposato con il quale ha una relazione solamente platonica, ma suo marito lo scopre e i due finiscono per separarsi, con in mezzo il loro figlio che viene conteso fra i due. Baba sposa un uomo ricco che, prima del matrimonio, le appare innocuo e manleabile, salvo cambiare una volta averle messo l'anello al dito. Non ha problemi economici, ma si sente molto insoddisfatta e finisce per portarsi a letto un batterista randagio che la mette incinta. Kate e Baba appaiono come quel genere di persone incapaci di combinarne una giusta ed esperte nello scavarsi da sole la fossa. Edna O'Brien (che fece scandalo con questa trilogia in quanto osò parlare apertamente di sesso nei lontani anni Sessanta) descrive le loro avventure tragi-comiche con una buona dose di ironia, ma la sensazione che rimane alla conclusione del libro è di una profonda amarezza, di vite senza via d'uscita, dell'impossibile raggiungimento della serenità.




Il tempo era sereno e ventoso a Chicago, e gli elicotteri erano ormeggiati sui tetti degli edifici. Maude Hennessy stava attraversando con un passo strascicato l'atrio dell'ultimo piano della Boyd House, con una caffettiera vuota in mano.


Sono tre i racconti che appaiono in questo volume del 1965. Il primo, Manfire, manco a farlo apposta parla di un'epidemia. In questo caso si tratta di pirofilia, anche se avrebbero piuttosto dovuto chiamarla autocombustione spontanea, infatti ogni tanto qualcuno prende fuoco da solo. Il panico fra la popolazione cresce benchè non ci siano prove che la cosa si trasmetta e il team di esperti non riesce a cavare un ragno dal buco. Alla fine risolve la questione un brillante matematico esperto nella soluzione dei problemi, si trova la cura e vissero tutti felici e senza più prendere fuoco. Il secondo, A Guest of Ganymede di C.C. MacApp (tradotto con Esportazione vietata), narra del tentativo di contrabbandare una cura miracolosa in possesso di alcuni alieni. I terrestri ricchi possono recarsi presso di loro e farsi curare, ma è vietatissimo esportare il virus – proprio così, di nuovo un virus! - responsabile delle guarigioni. Difatti l'uomo che ci prova viene scoperto e finisce per fare da concime vivente al virus stesso. Il terzo infine è The Kicksters di J.T. McIntosh (La bravata); degli adolescenti figli di papà decidono di boicottare il viaggio della navicella che fa avanti e indietro tra la Terra e la Luna malgrado sappiano di poter andare incontro a gravi conseguenze. Il capitano della navicella minaccia di ignorare la presenza a bordo della ragazza che si è nascosta vicino a uno dei reattori per costringerlo a invertire la rotta salvandole così la vita, ma alla fine si riesce a trovare un modo per salvare capra e cavoli. Lettura veloce e poco impegnativa per queste tre storie molto diverse le une dalle altre, della quali forse la più debole è proprio la prima.




Un grido terribile, angoscioso, straziante, seguito da un'invocazione disperata svegliò di soprassalto le educande del collegio aristocratico di X, le quali, sedute sui candidi letticciouli, si chiedevano sgomente chi avesse mandato quel grido e che cosa fosse successo.


Bisogna dire che la Invernizio ha un certo talento per gli incipit drammatici; del resto, come già notato quando ho letto l'altro suo romanzo, qua è tutta un'esagerazione, un'enfasi di sentimenti ed emozioni. Le sue vicende improbabili sono per me fonte di grande divertimento, ma mi chiedo come funzionava ai suoi tempi. Immagino la prendessero sul serio e si struggessero per le sue eroine plagiate. Sì, perchè anche qui abbiamo un caso di plagio. E pure un triangolo amoroso dalle conseguenze tragiche. Ci sono due sorelle di latte: una bella, buona e di famiglia ricca, l'altra brutta, cattiva e figlia dei custodi. Cresciute insieme fin da bambine, provano affetto l'una per l'altra, almeno fino a quando Richetta (la brutta) non s'innamora di un giovanotto del posto e s'illude di poter essere ricambiata poiché egli ne ha apprezzato la cultura. Quando però torna dal collegio la bella Bianca, il giovanotto non ha occhi che per lei. Richetta, vistasi persa, riesce a ingannarlo; gli dà appuntamento nottetempo facendo credere di essere Bianca (la quale, ignara dell'innamorato, dorme sogni tranquilli) e gli ruba un bacio (e qui sarebbe bello capire come ha fatto a non farsi riconoscere... sarà stato buio pesto!). Decide anche di compiere un gesto estremo dettato dalla gelosia per Bianca: dà fuoco alla casa, solo che invece di uccidere la rivale, stermina la propria famiglia e provoca un infarto alla madre di Bianca. Per consolare la triste fanciulla, il padre la porta in viaggio e Richetta approfitta di nuovo della situazione facendo credere al giovanotto di essere disposta a fare da intermediaria per le sue lettere, che in realtà tiene per sé e alle quali risponde appassionatamente imitando la calligrafia di Bianca. E siamo solo all'inizio... Insomma, ecco un altro bel pasticcio esilarante, ottimo come lettura scacciapensieri.




Il cavaliere si fermò lungo lo stretto sentiero che portava al fiume Sumida, ascoltando i rumori della notte. Era un suono di passi quello che gli era giunto dall'oscurità della foresta che lo circondava? Qualcuno lo stava osservando?


Questo giallo è stato una gran bella sorpresa, tanto più perchè quando affronto la lettura di un romanzo ambientato in Giappone divento particolarmente cagazzi. Difatti penso che spesso ci sia la tentazione di utilizzare un'ambientazione esotica senza conoscere veramente ciò di cui si vuol parlare; invece Laura Joh Rowland, scrittrice americana di origini cinesi-coreane, non solo ha fatto bene i compiti riguardo al periodo storico, ma ha anche avuto particolare cura nel rappresentare la cultura e l'etichetta del tempo. Questo libro segna l'esordio del personaggio di Sano Ichiro che apparirà in altri diciassette romanzi successivi. Siamo nel 1689 e Sano ha trent'anni; ha da poco abbandonato l'attività di insegnante per diventare yoriki (una sorta di ufficiale polizia) e si trova davanti a un caso di suicidio di coppia (lo shinjuu del titolo) che il suo superiore vuole frettolosamente archiviare, ma che in lui desta molte perplessità. Diviso tra il senso del dovere che lo porterebbe a obbedire ciecamente e l'urgenza di scoprire la verità, ben presto si trova egli stesso in pericolo per aver pestato i piedi a una potente famiglia. Lo shinjuu però, oltre a essere effettivamente un delitto, è la punta dell'iceberg di un problema molto più serio. Molto ben riuscita la figura di Sano, così come ben riuscita è l'impresa di rappresentare un uomo che ragiona con la propria testa ed è disposto ad affrontarne le conseguenza in una società conformista dove tutti sono tenuti a restare al proprio posto e obbedire. Regge anche la trama gialla che risulta avvincente e piena di avventura.  




Elsie Brand, la mia segretaria, balzò in piedi non appena aprii la porta.
- Donald – annunciò – Bertha è di umore infernale.


A.A. Fair è uno degli pseudonimi di Erle Stanley Gardner: trattasi nientepopodimeno del creatore di Perry Mason. Non avevo mai letto niente di suo sotto nessuna delle sue firme, anche se ricordo che molti anni fa di Perry Mason vedevo il telefilm. Con il nome di A.A. Fair Gardner ha pubblicato un'altra serie di polizieschi che hanno come protagonista Donald Lam. Questo Up For Grabs è del 1964 e vedi l'investigatore privato impegnato a smascherare un simulatore. E' stato infatti ingaggiato dal presidente di una compagnia di assicurazione che vuole evitare  di farsi fregare. Diversi metodi sono stati usati in passato; quello che coinvolge Lam prevede che il presunto mistificatore riceva in premio un soggiorno di due settimane presso un ranch dove si spera di sorprenderlo in attività che smentiscano il presunto stato di salute cagionevole provocato da un incidente d'auto. Lam prosegue le indagini anche quando gli viene chiesto di lasciar perdere e pagare l'indennizzo, e fa solo bene perchè quello che scopre è un imbroglio su scala professionale. Come già detto, ho un debole per questo genere di gialli e quindi anche questo mi è piaciuto. Chissà se in futuro sui banchi di qualche mercatino mi imbatterò di nuovo in Donald Lam.


She wondered what it would have been like to be perfect.


Ahimè, il viaggio è terminato. Mentre mi avvicinavo al finale di questa trilogia, ho iniziato a sentire una certa tristezza, come sempre mi accade quando sto per finire un libro che mi piace particolarmente. Mi affeziono ai personaggi, non li vorrei lasciare, insomma, la curiosità di vedere la conclusione è pari al prematuro rimpianto di non averne più da leggere. In questo terzo tomo, la Hobb chiude infine i tanti cerchi. Sia Malta che Reyn e Selden si salvano quasi miracolosamente dal forte terremoto che ha distrutto la città sepolta degli Antichi. Malta però si ritrova sul groppone il Satrapo di Jamailla che continua a maltrattarla, ma che si rivela anche la sua unica protezione dall'equipaggio quando vengono ripescati da una nave di Chalced. Intanto i draghi – o meglio uno solo – tornano a volare: Tintaglia, finalmente libera, si rivela un'alleata preziosa per Bingtown malgrado avesse deciso di lavarsene le mani degli esseri umani. Intanto Brashen e Althea raggiungono il pirata Kennit a bordo di Paragon, non sapendo che una volta era di sua proprietà e che l'uomo desidera liberarsene una volta per tutte. Al terzo, miracoloso salvataggio viene infatti il dubbio che la Hobb abbia leggermente esagerato pur di non accoppare i suoi protagonisti, ma in questo caso sono dalla sua parte. Ho anche apprezzato il modo in cui ha fatto crescere alcuni personaggi, cone Malta che da odiosa manipolatrice è diventata una ragazza matura e responsabile. Pensare che le avrei tirato volentieri il collo qualche centinaia di pagine prima. Insomma, quasi tutto è finito bene e a me resta la crisi di astinenza. Ho in casa anche la successiva trilogia - che torna ai Sei Ducati – ma sono indecisa se incominciarla immediatamente o se darmi un po' di tempo prima di tornare nei mondi fantastici di questa brava autrice.

domenica 26 aprile 2020

Blind


A causa di un incidente automobilistico nel quale muore il fratello, l'allieva poliziotta Min Soo-Ah perde la vista; dopo tre anni ormai convive con il suo handicap senza troppo problemi, ma non le viene permesso di tornare in polizia perchè ritenuta responsabile della morte del ragazzo (che in realtà non era suo fratello di sangue, i due infatti erano semplicemente cresciuti insieme in orfanotrofio). Una sera di pioggia forte in cui trovare un taxi è un'impresa, Soo-Ah sale su un'auto che si è fermata davanti a lei, dando per scontato che sia un taxi; il guidatore, accortosi che non può vedere, non la smentisce. Poco dopo però l'auto urta qualcosa; secondo l'uomo si tratta di un cane, ma Soo-Ah pensa invece sia una persona e cerca di intervenire. L'uomo fugge e lei denuncia la cosa alla polizia che però prende le cose con molto scetticismo anche per via che è cieca. Intanto si apprende della sparizione di una ragazza e con il procedere delle indagini sembra che ci sia una relazione tra i fatti, Soo-Ah comincia a collaborare attivamente con il detective assegnato al caso e in breve viene coinvolto anche un fattorino che ha visto l'auto e afferma che non si trattava di un taxi. Il problema è che il guidatore (che si rivela essere un serial killer) a sua volta capisce che questi testimoni possono essere pericolosi e decide di eliminarli. Un thriller ben fatto che gioca sulla cecità della protagonista; a volte è un grosso limite, altre può diventare un vantaggio. Alcune scene sono decisamente interessanti, come quando il fattorino guida i passi di Soo-Ah in fuga dall'assassino tramite videochiamata. Bella anche la lotta finale tra Soo-Ah e l'uomo nell'orfanotrofio vuoto, anche se in generale il film non fa scintille. E' comunque piaciuto, visto che hanno deciso di rifarlo giapponesi, cinesi e indiani. La protagonista Kim Ha-Neul ha ricevuto due premi per questo ruolo; nel cast anche Yoo Seung-Ho (il fattorino), Jo Hee-Bong (il detective) e Kim Mi-Kyung (la direttrice dell'orfanotrofio). Il regista è Ahn Sang-Hoon, del quale in passato avevo visto il ben più originale Arang.

venerdì 24 aprile 2020

L'impero e la gloria


Myeongryang - Huiori Bada 명량 - 회오리 바다 (letteralmente: Myeongryang - mare vorticoso) detiene il record del film coreano più visto ed ha sbancato i botteghini alla sua uscita. Credo proprio che il merito di ciò si possa ricercare nell'atavica rivalità tra Corea e Giappone, difatti il film è la ricostruzione della battaglia navale di Myeongryang del 1597. In pieno stile David contro Golia, un dozzina di navi – le uniche superstiti della marina coreana precedentemente sconfitta – danno scacco matto a più di trecento navi giapponesi. Il merito è tutto dell'ammiraglio Yi Sun-Shin che aveva sconfitto i giapponesi già due volte anni prima, ma che poi era stato torturato e degradato a soldato semplice in seguito a una falsa accusa di tradimento. Sfruttando le infide correnti di uno stretto ignote ai giapponesi e facilitato anche dalle rivalità tra i vari comandanti della flotta nipponica, Yi Sun-Shin riuscì da solo a resistere al primo attacco, raggiunto in seguito dagli altri comandanti che da principio erano piuttosto propensi a darsi alla fuga vista la forza preponderante del nemico. Una storia che si direbbe incredibile, se non fosse accaduta realmente. Il film ha delle bellissime scene di battaglia navale ed è quindi consigliato a coloro che amano il genere. La figura di Yi Sun-Shin appare come quella di un uomo inflessibile ed eroico, pronto a giocarsi il tutto per tutto, e non c'è da stupirsi se in Corea è considerato un eroe nazionale. Non mancano alcuni comprimari dal ruolo interessante. Il film ha vinto diversi premi, dei quali sei se li è beccati l'attore protagonista, Choi Min-Sik; altri volti a me noti nel cast sono quelli di Ryoo Seung-Ryong (Kurushima), Cho Jin-Woong (Wakizaka), Jin Goo (l'eroica spia coreana) e Otani Ryohei (un agente coreano infiltrato). Dirige Kim Han-Min del quale avevo molto apprezzato Handphone

mercoledì 22 aprile 2020

A taxi driver


Con il protrarsi del lockdown è stata estesa anche la collaborazione tra il Far East Film Festival  e Mymovies. La cosa mi ha fatto piacere anche perchè quest'anno il FEFF me lo perdo, almeno posso recupare qualche film giapponese e coreano mai visto prima. Questo Taeksi Woonjunsa 택시 운전사 è del 2017 e si basa su un fatto realmente accaduto per denunciare il massacro di Gwanju, avvenuto il 20 maggio 1980, nel quale morirono più di seicento civili ad opera dell'esercito; lo si può definire la Tienanmen coreana, in quanto anche qui le persone chiedevano democrazia e ricevettero proiettili in risposta. Il film ricostruisce, anche se con alcuni dettagli inesatti rispetto alla vicenda reale, il viaggio di un ignaro taxista di Seoul che accompagna sul posto un giornalista tedesco. Kim Man-Seob è più interessato a sbarcare il lunario che agli avvenimenti politici del suo paese; indebitato e preoccupato per la figlioletta che sta allevando da solo dopo essere rimasto vedovo, non gli par vero di soffiare a un collega un cliente disposto a pagare una cifra elevata per raggiungere Gwanju. Egli non sa nemmeno che Gwanju è isolata e che l'esercito controlla tutte le vie d'ingresso. Riuscito a entrare in città con un pretesto, si ritrova testimone di una realtà da incubo, con gli ospedali pieni di feriti che a stento ricevono la necessaria assistenza e le persone che vengono uccise crudelmente, tanto che acquista consapevolezza e decide di restare accanto al giornalista finendo coinvolto in una rocambolesca fuga per tornare a Seoul e consegnare alla stampa straniera i preziosi filmati che denunciano il massacro, negato dai media nazionali. Un film molto bello e molto ben realizzato che ha il pregio di mostrarci quei terribili avvenimenti attraverso lo sguardo da principio ignaro e incredulo del simpatico tassista, interpretato da Song Kang-Ho (chi ha visto Parasite, lo ricorderò nel ruolo del capofamiglia povero). Nel cast anche un giovanissimo Ryoo Joon-Yeol (lo studente che fa fa interprete) e Park Hyuk-Kwon (un coraggioso cronista locale).

lunedì 20 aprile 2020

The Terror/The Terror: Infamy


The Terror è una serie in due stagioni ciascuna della quali narra una storia autoconclusiva. La prima è tratta dal romanzo La scomparsa dell'Erebus di Dan Simmons e usa elementi di fantasia oltre che illazioni per narrare la tragica spedizione delle navi Erebus e Terror che nel 1845 partirono alla ricerca del Passaggio a Nord-Ovest, ma rimasero intrappolate nel ghiaccio; nessun membro dell'equipaggio fece ritorno e non furono ritrovate nemmeno le navi, se non pochi anni fa. La vicenda suscitò molto scalpore all'epoca e vennero organizzate per anni spedizioni di ricerca che non riportarono risultati. La serie, davvero ben fatta, ci mostra la vita a bordo delle navi bloccate; oltre alle già difficili condizioni ci sono dissidi tra i capitani, mentre un essere mostruoso dalle sembianze di orso, ma molto più grande, sporadicamente appare e uccide qualche marinaio. Dopo aver svernato per ben due anni senza che a primavera i ghiacci si sciolgano abbastanza da liberare le navi, si decide infine di abbandonarle per procedere verso sud a piedi. Ben presto vengono ritrovati i resti di una spedizione che era stata inviata in cerca di aiuto mesi prima e diventa chiaro che gli uomini possono fare affidamento solo su se stessi. Non basta il mostro che li perseguita e le dure condizioni ambientali; tutti sono malati per via dello scorbuto e dell'avvelenamento da piombo (fatto storicamente provato: nei cadaveri ritrovati negli anni Ottanta infatti vennero rilevati dei livelli di piombo altissimi, causati dalle saldature difettose delle scatole di cibo conservato, dalle stoviglie di peltro e dall'acqua desalinizzata) e non mancano nemmeno gli ammutinati. Il mostro che li perseguita fornisce un elemento soprannaturale che aggiunge una difficoltà in più a uomini che sono comunque già condannati; come sempre ci sono quelli che non perdono la loro umanità nemmeno nei momenti più difficili e quelli che invece cedono alla paura, all'egoismo e alla meschinità. Questo essere, chiamato  tuunbaq, è una pura invenzione creata ispirandosi al folklore degli Inuit. Non l'ho trovato superfluo, anche se penso che la storia avrebbe retto benissimo anche rappresentando solo difficoltà e bassezze umane.



La seconda stagione, intitolata The Terror: Infamy, è di tutt'altro genere, ma mi è piaciuta anche questa. La vena horror è evidente fin dall'inizio e la trama alterna le persecuzioni di un cattivissimo yuurei  (spettro) a quelle del governo statunitense nei confronti dei cittadini di origine giapponese all'indomani dell'attacco di Pearl Harbour. Siamo nel 1941 e la comunità di giapponesi-americani dell'isola di Terminal viene scossa dall'inspiegabile suicidio di una donna. Il giovane Chester le aveva commissionato una medicina per procurare l'aborto alla fidanzata Lutz, di origini messicane, che però non la prende e, pur avendo lasciato Chester, decide di portare avanti la gravidanza. Intanto la famiglia di Chester e tutti gli altri vengono deportati in un campo di prigionia in Oregon, dove continuano i fatti inspiegabili. Dopo qualche tempo diventa chiaro che lo yuurei sta seguendo proprio Chester e che non si fermerà fino a quando non avrà raggiunto il suo scopo. Penso che l'intento principale della serie sia la ricostruzione delle ingiuste persecuzioni subite dai cittadini americani di origine giapponese, imprigionati solo per le loro origini; la trama horror è stata probabilmente aggiunta come una sorta di pretesto, forse per attirare un pubblico che altrimenti non sarebbe stato interessato all'altro argomento. In genere non guardo pellicole horror, non per scelta almeno; l'horror asiatico comunque lo preferisco perchè spesso è più subdolo, senza colpi di scena eclatanti, ma costruendo un senso di inquietudine che ti convince che il fantasma di turno potrebbe strisciare anche alle tue spalle. Anche qui lo yuurei appare quasi invincibile nella sua capacità di possedere una persona dietro l'altra; quello che mi è sembrata un po' ingenuo è stata la soluzione finale per liberarsene, malgrado abbia una sua logica. Io comunque ho trovato ben fatta anche questa seconda stagione, malgrado la prima sia superiore (non penso di esagerare dicendo che è tra le cose migliori prodotte negli ultimi tempi). Una curiosità: nel cast è presente George Takei, il mitico Sulu della serie storica di Star Trek. Da bambino Takei ha subito la stessa sorte del personaggio che interpreta qui ed è stato internato in due diversi campi.

sabato 18 aprile 2020

lavori in corso - 2


A inizio marzo, prima del lockdown, avevo acquistato in cartoleria una confezione di bastoncini per i ghiaccioli. In realtà non erano i ghiaccioli che volevo fare, infatti avevo visto in rete diversi tutorial che mostravano come utilizzarli per costruire mobili per le bambole. Ho lasciato decantare la cosa per diverso tempo, difatti non volevo replicare pedissequamente le istruzioni viste, quanto piuttosto imparare la tecnica per poter poi elaborare la mia versione. Mi capita spesso di lavorare in questo modo: prima mi riempio la testa di nozioni e immagini, poi tiro fuori qualcosa di mio.


In effetti avrei dovuto intitolare questo post pasticci in corso, difatti quando alla fine mi sono sentita abbastanza ispirata per procedere, l'ho fatto andando completamente a naso. Il risultato che ho ottenuto è la poltroncina qui sopra, che in realtà è costruita non solo con i bastoncini da ghiacciolo, ma anche con il legno di balsa che avevo usato anche per la mini-libreria, e che qui mi è servito per la seduta e per le gambe. Ero indecisa se dipingere anche questa poltroncina, ma ho preferito tenere il legno al naturale.


A questo punto occorreva renderla confortevole, aggiungendo i cuscini per lo schienale e la seduta. In casa ho diversi tagli di stoffa molto carini, dunque c'era solo l'imbarazzo della scelta, scelta che è caduta su uno degli scampoli presi durante il mio primo viaggio in Giappone. Non è per niente sobrio, ma mi andava di fare qualcosa di allegro e colorato.


Per primo ho realizzato il cuscino per lo schienale; non ho fatto altro che avvolgere del cartoncino ondulato in un pezzo di panno grosso, del genere che si usa per imbottire i lavori a patchwork, e infine ho ricoperto con la stoffa.


Per il cuscino della seduta, che serviva bello ciccione, ho invece usato del pluriball ripiegato fino a ottenere lo spessore che volevo e, come sopra, l'ho ricoperto con la stoffa. Il fatto di usare del materiale povero che avevo già in casa è stato sia una scelta che una necessità; da un lato infatti con i negozi chiusi non potevo procurarmi altro, dall'altro ho sempre pensato che certi lavori acquistino un valore aggiunto proprio se fatti in economia. Del resto basta guardarsi un po' attorno per scoprire che molta roba si può ulitizzare anche per scopi che non sono quelli originali.


Ed ecco infine la poltroncina finita: anche questa non sarà perfetta, però mi piace com'è venuta ed è allegra proprio come la volevo.


Per non dire che Barbie approva: contenta lei...

giovedì 16 aprile 2020

Se i gatti scomparissero dal mondo - Kawamura Genki


Come cambierebbe il mondo? E come cambierebbe la mia vita?
Se io scomparissi dal mondo, intendo.
Il mondo non cambierebbe di una virgola e tutto andrebbe avanti allo stesso modo, giorno dopo giorno?

Sekai kara neko ga kieta nara 世界から猫が消えたならè probabilmente il libro perfetto da leggere in questo periodo. Narra di un giovane postino al quale resta solo una settimana di vita e del diavolo che gli appare con le sue sembianze, ma con indosso una sgargiante camicia hawaiana. Il diavolo gli offre un patto: ogni giorno sceglierà qualcosa da far comparire dal mondo, e se il giovane accetterà, gli donerà un altro giorno si vita. La paura di morire è grande e così il postino accetta; spariscono prima i telefoni, poi i film, gli orologi e infine i gatti. Però una vita così vale la pena di essere vissuta? Kawamura Genki, che lavora soprattutto nel mondo del cinema come produttore, sceneggiatore e regista, ha scritto un libro che può sembrare banale, ma che invece ci porta a riflettere sulle cose realmente importanti. Il libro è costruito come una lunga lettera che il protagonista scrive al padre al quale non rivolge la parola da tempo; la sua condizione lo porta naturalmente a ripensare alla sua vita e ai suoi affetti, agli errori commessi e alle cose belle che ha perduto. Forse avremmo tutti bisogno di trovarci con solo pochi giorni di vita per capire il valore di ogni piccola cosa. Di certo io, come il protagonista, non vorrei vivere in un mondo dove non esistono più i gatti solo per sopravvivere un giorno di più. Questo libro ha avuto un grandissimo successo in Giappone e ne è stato tratto anche un film. Lo si legge in un soffio anche grazie allo stile leggero, ma è di quelli che rimangono dentro l'animo a lungo.

martedì 14 aprile 2020

Mirai


Quando questo film era uscito al cinema non ero andata a guardarlo; non so perchè, ma la trama non mi aveva incuriosita abbastanza da sganciare gli € 10 che vengono estorti al pubblico in occasione di questi eventi speciali (ovvero gli anime che arrivano su grande schermo, generalmente per soli tre giorni). L'ho recuperato di recente e mi trovo qui ora spaccata in due perchè non riesco a decidere quanto mi è piaciuto. La trama comincia con l'arrivo a casa della neonata Mirai, cosa che scatena la gelosia del fratellino Kun, fino ad allora al centro dell'attenzione dei genitori. Kun comincia ad avere una serie di esperienze soprannaturali che gli fanno incontrare il proprio cane in versione umana, Mirai da adolescente, sua madre da bambina e perfino il bisnonno morto l'anno precedente. Alla fine di tutto ciò naturalmente Kun farà pace con Mirai e inizierà ad andarci d'accordo. Ora, da un punto di vista tecnico il film è di una bellezza assoluta, l'animazione è perfetta, il design dei personaggi pure; quello che mi perplime è la storia in sé, con queste esperienze di Kun che non si sa se sono oniriche o reali, perchè devo ammettere che non amo le cose troppo strampalate, o meglio, un certo genere di cose strampalate. Ho gradito, ma non ho empatizzato, diciamo così. Il film è diretto da Hosoda Mamoru del quale avevo visto altri lavori, apprezzandoli molto più di questo. Dei doppiatori avevo già sentito Kuroki Haru (Mirai), inoltre si è fatta la scelta di dare alcuni ruoli ad attori famosi come Asou Kumiko (la mamma) e Fukuyama Masaharu (il bisnonno).

domenica 12 aprile 2020

Fleabag


Avevo sentito parlare benissimo di queste serie e quindi l'ho affrontata con la consueta punta di scetticismo, ma devo dire che merita la fama che ha. Fleabag è nata per caso da uno sketch improvvisato ad opera di Phoebe Waller-Bridge, la brava attrice che interpreta la protagonista e che è anche autrice della piece teatrale dalla quale è tratta la serie. Siamo di fronte a uno di quei personaggi che non si sa se ci fanno più ridere o più piangere. Se da un lato le avventure di Fleabag sono spesso esilaranti, dall'altro è chiaro che la ragazza non sta bene. In effetti non è nemmeno facile decidere se lei è vittima delle circostanze o se piuttosto le circostanze le ha create; probabilmente un misto di entrambe le cose, anche perchè di sicuro chi le sta accanto non è di molto aiuto, vedi la sorella che, pur volendole bene, ha un atteggiamento spesso scostante nei suoi confronti, o la nuova compagna del padre, personaggio semplicemente agghiacciante come il suo sorriso da Joker. Insomma, lo show funziona alla grande e le risate non mancano, benchè a volte agrodolci; viene da dispiacersi perchè le due stagioni sono brevi sia per numero di episodi che per durata degli stessi, ma alla fin fine forse è meglio così perchè le cose belle a tirarle per le lunghe non è detto che mantengano la stessa qualità.

venerdì 10 aprile 2020

Hotel Artemis


Ho un debole per Jodie Foster fin da quando la vidi per la prima volta in Quella strana ragazza che abita in fondo al viale, ecco perchè ero interessata a questo film che la vede protagonista. Nella Los Angeles del 2028, tormentata da sommosse e violenze, l'anziana infermiera Jean gestisce una clinica clandestina per criminali che non possono o non vogliono farsi curare negli ospedali. Vi sbarcano per esempio due fratelli reduci da una rapina finita male, mentre un'altra degli ospiti, la bella Nice (gli ospiti prendono il nome delle stanze dove risiedono), si trova lì per via di una ferita auto-inflitta allo scopo di fare la pelle a un pezzo grosso. Jean passa da uno all'altro facendo del suo meglio; non è il carico di lavoro che la tormenta, quanto piuttosto un'ansia del tutto personale che cerca di tenere a bada con la musica folk e l'alcool. Violando una delle rigide regole del posto, accoglie una poliziotta ferita che in gioventù era stata amica di suo figlio, in seguito morto per overdose. Era stata proprio la sua morte a causare il crollo nervoso che, lasciatala disoccupata e senza licenza, l'aveva portata a diventare la responsabile dell'ospedale clandestino. Intanto giunge ferito anche il potente boss criminale che ha fondato e possiede l'ospedale, accompagnato dal figlio inetto e prepotente. Com'è logico aspettarsi, la presenza contemporanea di tutti questi personaggi è l'elemento catalizzatore che porterà Jean a fare i conti con il passato e a farle finalmente varcare la porta sul mondo esterno dove non metteva piede da anni. Che dire? Il film vanta un bel cast, oltre alla Foster ci sono per esempio Jeff Goldblum e Zachary Quinto, però non mi ha entusiasmato. Oscilla tra la pellicola riflessiva e quella d'azione non decidendo che cosa vuole essere, e alla fine la figura insieme tragica ed eroica di Jean si perde un po' tra gli altri comprimari. Resta comunque un film dignitoso e rivedere Jodie Foster per me è stato un motivo più che sufficiente per guardarlo.

mercoledì 8 aprile 2020

Carnival Row


So che non ha suscitato grandi entusiasmi questa serie, anche se a me è piaciuta. Siamo in un tempo che somiglia all'Inghilterra vittoriana, popolato di tutta una serie di creature fantastiche (in primis fate e fauni) che convivono difficilmente con gli uomini. Questi esseri fatati si trovano nella terra di Burgue perchè fuggiti dalla guerra che ha devastato il loro paese di origine e vengono trattati con razzismo e disprezzo. Appena giunta a Burgue, dopo essere sopravvissuta al naufragio della nave sulla quale stava scappando, la fata Vignette viene affidata alla famiglia proprietaria della nave come cameriera; il suo carattere indipendente però la rende insofferente a questa situazione, tanto che ben presto fugge e, con l'aiuto dell'amica Tourmaline che è diventata una prostituta, decide di unirsi a un gruppo criminale. Ha anche saputo che l'uomo da lei amato e creduto morto, Philo, in realtà è vivo e vegeto ed è un ispettore di polizia. In effetti Philo svolge il suo lavoro con grande impegno anche quando le vittime sono esseri fatati; dopo aver identificato un serial killer, si trova alle prese con un essere mostruoso che sventra i malcapitati di turno per impossessarsi del loro fegato. Philo custodisce anche un segreto che, se rivelato, metterebbe a rischio la sua vita; egli infatti è un mezzo sangue. Dunque, che dire? Tecnicamente è tutto molto ben fatto e anche l'ambientazione l'ho trovata perfetta, così come il tono dark. I due protagonisti, Orlando Bloom e Cara Delavingne, non sono certamente i migliori attori del mondo, ma tutta la rete degli altri personaggi intorno a loro è valida e ci regala alcune interazioni interessanti, una su tutte il rapporto che si instaura tra la spocchiosa ex-padrona di Vignette e il nuovo vicino di casa, un fauno arricchito. Qualcuno ha lamentato la mancanza di autoironia, ma francamente non mi è sembrato un difetto così grave in questo caso. Insomma, non sarà un capolavoro, ma visto che a me le produzioni fantastiche piacciono, non ho avuto di che lamentarmi anzi, sperando che prima o poi finiscano le riprese ora interrotte a causa del coronavirus, vedrò anche la seconda stagione.

lunedì 6 aprile 2020

Tokyo Love Hotel


さよなら歌舞伎町 Sayonara Kabukicho era passato per il Far East Film Festival di Udine nel 2015, ma in quell'occasione non ero riuscita a vederlo e quindi l'ho recuperato in streaming su Mymovies. Si tratta di uno di quei film corali in cui  non ci sono dei veri e propri protagonisti, ma una serie di personaggi che si muovono intorno a un love hotel di  Kabukicho, famoso quartiere a luci rosse di Tokyo. C'è Toru, che vorrebbe trovarsi alla reception di un hotel di lusso e invece fa le pulizie nel love hotel; c'è una coppia di coreani, entrambi dediti a forme diverse di prostituzione che però nascondono queste attività l'uno all'altro; c'è la donna delle pulizie che nasconde in casa l'uomo che ha tentato di uccidere suo marito quindici anni prima e attende che il reato cada in prescrizione; c'è la sorella di Toru, che per pagarsi la retta scolastica si è data al cinema porno; c'è un'ambiziosa poliziotta che, insieme all'amante, riconosce nella donna delle pulizie una persona ricercata, eccetera. Se devo essere sincera, nessuna storia mi ha particolarmente coinvolta e nessun personaggio particolarmente colpito; di tutti, la coppia che mi è stata più simpatica è stata quella del giovane criminale che ha adescato una ragazzina scappata di casa per sedurla e portarla sulla via della prostituizione, e che invece se ne innamora e la salva. E' comunque una pellicola che si guarda gradevolmente, che offre uno spaccato sulle vite al limite di una serie di persone e con alcune scene spinte che tradiscono la precedente esperienza del regista nel genere softcore. Quanto al cast, primo su tutti spicca il bambino prodigio Sometani Shōta (in realtà qui aveva già 22 anni, ma questo giovane attore si è distinto giovanissimo per la sua bravura e per questa interpretazione ha ricevuto anche un premio).

sabato 4 aprile 2020

lettera al re


Promosso a pieni voti questo fantasy olandese in sei puntate, tratto dall'omonimo romanzo di Tonke Dragt; quest'ultimo, pubblicato nel 1962, è considerato il miglior romanzo olandese per ragazzi della seconda metà del 1900 e ha venduto più di un milione di copie. Ne era stata tratta una premiata versione cinematografica nel 2008, mentre questa a puntate è di quest'anno. Inutile dire che, essendo curiosa come una scimmia, adesso vorrei sia vedere il film che leggere il libro, ma temo che al massimo dovrò accontentarmi di quest'ultimo. Tornando in argomento, la storia vede protagonista il quindicenne Tiuri; originario della magica terra di Eviellan e figlio di uno sciamano, è stato adottato da un nobile del regno di Dagonaut. E' giunto all'età in cui affrontare le prove per diventare cavaliere, ma a combattere è una schiappa, eppure riesce comunque a entrare nella rosa dei prescelti. Alla vigilia dell'investitura però interrompe la veglia per correre in aiuto di un cavaliere morente che gli consegna una lettera per il re di  Unauwen dalla quale dipende il destino del regno. Tiuri si lancia nell'impresa, mentre i suoi compagni da principio lo inseguono per catturalo, poi diventano suoi alleati. Fa parte della combriccola anche Lavinia, figlia del signorotto di un territorio impoverito che sopravvive col brigantaggio. Riusciranno i nostri eroi a raggiungere il re in tempo e a sventare il terribile pericolo che incombe sulle loro teste? Benchè quasi certamente destinato a un pubblico giovanile come il libro, questa mini-serie mi è piaciuta; del resto la mia età mentale è appunto quella di un'adolescente, non vedo dove sta il problema XD Comunque sia, Netflix è in attesa di riscontro per capire se finanziare il sequel, infatti la Dragt nel 1965 scrisse un altro libro riprendendo alcuni dei personaggi del primo e dunque il materiale non mancherebbe. Io spero che lo produca perchè mi piacerebbe tuffarmi di nuovo in questo mondo fantastico.

giovedì 2 aprile 2020

un mese in quattro foto: marzo


Per fortuna il figlio grande ha riscoperto il piacere della lettura da tempo; confinato in casa può alternare i libri al solito cazzeggio al computer, almeno diversifica. E la gatta intanto approfitta del surplus di grembi disposti ad accoglierla.


Grazie a un mio contatto su Facebook ho scoperto l'esistenza di un gruppo che ha caricato gli episodi di Candy Candy. La cosa è capitata al momento giusto; chissà se riuscirò a vederli tutti prima della fine del lockdown...


Faccio spesso i makizushi e mi vengono sempre bene, però a questo giro ho stretto male un rotolo ottenendo la forma del numero nove. Ce li siamo mangiati tutti lo stesso, eh.


Visto che quest'anno non mi posso godere la primavera, faccio una passeggiata virtuale sui fiori rubati per strada.