martedì 31 marzo 2020

marzo confinato

In famiglia abbiamo cercato di continuare a vivere serenamente e a mantenere alto l'umore malgrado il coronavirus. Ammetto che siamo stati fortunati perchè, a parte il dover restare forzatamente a casa, le uniche altre conseguenze sono state nell'ordine delle semplici seccature. Per esempio, abbiamo dovuto rinunciare a un viaggio programmato da tempo perdendo i soldi spesi per i biglietti del treno che non erano rimborsabili. Riguardo la malattia in sè e alla possibilità di ammalarmi, non mi sono preoccupata mai fin dal principio perchè sono fatalista di natura e quindi convinta che quando arriva il nostro momento ce ne andiamo, che sia coronavirus, infarto o incidente d'auto, quindi perchè agitarmi? Ovviamente ho comunque tenuto un comportamento responsabile e sono uscita solo per comprare da mangiare, ma non dovuto modificare troppo le mie abitudini di vita - di tempo chiusa in casa ne trascorro sempre molto a prescindere. La vera conseguenza di questo periodo di confino è che ho preso peso, non potendo fare nemmeno quel minimo di moto che facevo prima.


All'inizio del mese il nostro forno ci ha detto addio dopo quasi ventisette anni di onorato servizio, avendo anche l'intelligenza di rompersi prima che ci chiudessero in casa. Ho fatto come Marie Kondo e, prima di rottamarlo, l'ho ringraziato per tutti i piatti deliziosi che ci ha cotto in questi anni. Il nuovo forno è fighissimo, ha molte funzioni in più del vecchio e pure un sistema di auto-pulizia (che, lo confesso, è stato il dettaglio che me l'ha fatto scegliere). 


Ho anche continuato con i miei lavorini, questo qui sopra è un altro dei quaderni ad anelli la cui copertina ho ricoperto e decorato. Ho usato immagini ritagliate da un numero di Grazia degli anni Cinquanta rimediato a un mercatino. Mi piacciono le vecchie pubblicità e ho anche diversi washi tape che si adattano al look vintage.

Non ho altro da aggiungere, la vita tra le quattro mura non è certo nè avventurosa nè interessante. Si va avanti costruendo una routine che aiuta a far sera, intervallando libri, visione di serie TV e film, lettura delle notizie on line - solo da fonti serie e attendibili, che di idiozie in giro se ne sentono fin troppe. Di certo c'è la sensazione che questo sia stato un tempo perduto, per giunta manco sappiamo quando si potrà tornare alla normalità - parola grossa, temo - e tuttavia fino ad ora il mio umore ha retto alla grande.

domenica 29 marzo 2020

letture di marzo


Il sole bruciava nel cielo di maggio striato da qualche nuvola rara. I passeri cantavano tra i cespugli che circondavano il chiostro della chiesa. Mio fratello e io siamo entrati passando sotto l'arco del roseto, reggendo una candela con scritto il nostro nome di battesimo.


Davvero un gran bel libro questo, intitolato The Good Son nella versione inglese – il testo italiano purtroppo è una traduzione dall'inglese – e L'origine della Specie in originale. Si tratta di un viaggio dentro la mente di un giovane psicopatico. Yu-jin si sveglia ricoperto di sangue e senza alcun ricordo della notte precedente; la memoria comincia a tornargli a sprazzi dopo aver rinvenuto il cadavere della madre e grazie anche al ritrovamento del diario della madre stessa. Yu-jin da molti anni prende dei farmaci per l'epilessia, o almeno così crede. In realtà sua zia, una famosa psichiatra, dopo averlo esaminato si è resa conto che è uno psicopatico del tipo peggiore e ha cominciato a fargli assumere medicine che inibiscano i suoi istinti. Le pillole però hanno dei pesanti effetti collaterali e per questo Yu-jin a volte non le prende; vuole sentirsi presente a se stesso, vuole assaporare pienamente la vita, ma senza le medicine è una bomba a orologeria. E' affascinante la maniera in cui la sua mente lavora; non è certo l'intelligenza che gli manca, e anche a furbizia se la cava bene. L'autrice, che ha lavorato diversi anni come infermiera prima di dedicarsi esclusivamente alla scrittura, riesce a farci entrare nei suoi pensieri con grande maestria. Si tratta di una storia coinvolgente, anche se non è possibile provare molta simpatia per il protagonista malgrado i suoi tentativi di fare di se stesso una vittima della crudeltà della madre e della zia. Questo è il suo punto di vista, naturalmente; noi lettori che l'osserviamo da fuori restiamo comunque affascinati da quello che gli frulla in testa.




La notte era splendida, una di quelle luminose notti di autunno, che nella fiorita riviera di ponente acquistano ancora meggior seduzione.


E meno male che non era buia e tempestosa, la notte! Ma andiamo con ordine: Carolina Invernizio è stata una popolare scrittrice di romanzi d'appendice attiva tra la seconda metà dell'Ottocento e la Prima Guerra Mondiale. Al mercatino di beneficenza che frequento abitualmente qualcuno aveva donato la sua opera omnia perchè ho trovato innumerevoli dei suoi libri. A dire il vero non la conoscevo, sono stata attirata dai titoli melodrammatici e dalle copertine di conseguenza, finendo per comprarne alcuni. Questo romanzo è uscito nel 1896 e narra le vicende di una giovane che, assassinata dalla madre con la complicità di una malvagia domestica, si risveglia sul tavolo anatomico di un giovane medico che sta per dissezionarla. Da lui salvata, la fanciulla se ne va da sola per le vie del mondo alla ricerca della sua vendetta. Diventa una famosa cantante e miete innamorati a destra e a sinistra, ma a nessuno si concede poiché è concentrata nella sua missione. Intanto sua madre, che prima di lei aveva assassinato con maggiore successo il primo marito, è convolata a nozze con l'ignaro amante. E via così, che a Beautiful ci facciamo un baffo! Se uno volesse cercare un senso logico, probabilmente si taglierebbe le vene dopo il primo capitolo, ma un romanzo di questo genere lo si legge semplicemente per farsi quattro risate, e difatti mi sono divertita un bel po' con le improbabili vicende della rediviva Maria e dei suoi comprimari. Tutti sono costantemente mossi da forti sentimenti, si tratti di amore, odio, gelosia o vendetta; tutti sono pronti a cambiare questi sentimenti come banderuole, l'unica cosa che non cambia è la loro intensità; tutti sono sull'orlo della crisi isterica; tutti, naturalmente, alla fine ricevono quello che meritano – più o meno.




Jim Qwilleran, il cui nome metteva in difficoltà tipografi e correttori di bozze da due decenni, arrivò quindici minuti in anticipo all'appuntamento con il direttore del Daily Fluzion.


Al solito mercatino mi è caduto l'occhio su di un paio di gialli che menzionavano un gatto nel titolo e visto che sono una gattara senza speranza potevo forse lasciarli lì? Ovviamente no. Si tratta di una storia senza eccessivi colpi di scena che vedono protagonista un giornalista appena assunto; Qwilleran è specializzato in cronaca nera, ma il direttore del giornale lo destina alla pagine dell'arte, argomento di cui egli non sa nulla. Malgrado ciò, inizia a conoscere e frequentare alcuni  artisti, oltre a diventare inquilino di un famigerato critico inviso a tutti. Il critico possiede un intelligentissimo gatto siamese, Kao K'o-Kung detto Koko, che lo aiuterà a sbrogliare la matassa quando alcuni delitti verranno commessi. Se devo dire la verità, la trama gialla in sé non mi ha detto molto, ma ho trovato interessante l'utilizzo del gatto. 

la scrittrice con uno dei suoi siamesi

Lilian Jackson Braun, morta nel 2011 a novantasette anni, ha prodotto trentadue lavori (tra romanzi e storie brevi) quasi tutti con protagonisti Jim Qwilleran e due gatti siamesi. Lei stessa ne ha posseduto uno, la cui precoce dipartita le ispirò il primo racconto. Questo che ho letto è invece il primo romanzo della serie e risale al 1966.




Da più di una settimana i bolidi precipitavano verso la Terra, silenziosi, invisibili, nel nero vuoto dello spazio. Erano undici massi scuri, e avevano all'incirca la grandezza di un pallone da foo-ball: non sembravano diversi dagli altri frammenti meteorici che di tanto in tanto passavano loro accanto, a velocità infinitamente maggiori.


Joseph Millard ha scritto quest'unico romanzo, oltre a una serie di racconti, pubblicato nel 1964. Ne è stato tratto un film nel 1967 con il titolo di They Came from Beyond Space (in italiano venne distribuito come La morte scarlatta viene dallo spazio). Non ho avuto l'onore di vederlo, ma i critici paiono concordare sul fatto che sia una cagata pazzesca. Quanto al libro, narra di un'invasione aliena e di come venga debellata da un coraggioso scienziato. Alcuni meteoriti cadono in una fattoria del Kansas; paiono uguali ai soliti, non fosse che da essi fuoriescono delle entità invisibili che prendono possesso dei presenti rendendoli loro schiavi. Mentre gli umani dalla mente controllata lavorano alacremente alla costruzione di un razzo, si diffonde una malattia letale che rischia di sterminare la Terra (suona familiare? XD). Il romanzo comincia anche bene e secondo me regge fino al momento in cui lo scienziato si imbuca sul razzo e raggiunge la Luna, dove affronta il capo degli alieni; di qui in poi tutto viene svolto in una maniera semplicistica al limite del risibile. Non oso pensare al film, in effetti.


Io, Lars Turms, l'immortale, mi svegliai alla primavera e vidi che la terra era nuovamente rifiorita.
Mi guardai intorno, contemplai la mia splendida dimora, vidi l'oro e l'argento, le statue di bronzo, i rossi vasi figurati, le pareti dipinte, ma non provai orgoglio; come può infatti un immortale possedere alcunché?


Da ragazzina mi capitò di vedere il film Sinuhe l'Egiziano e in seguito scoprii che nella biblioteca materna era conservato il libro dal quale era stato tratto; non ricordo il film, ma il libro mi piacque molto, tanto che quando a dicembre ho visto sui banchetti del mercatino questo altro romanzo a firma di Mika Waltari non ho esitato nemmeno un momento a comprarlo. Waltari è stato un prolifico autore finlandese e ha scritto diversi romanzi storici, anche se definire storico questo a me non sembra del tutto appropiato. E' vero che il protagonista, l'immortale Turms, si muove in un contesto storico reale – tra la Grecia minacciata dalle invasioni persiane, le colonie di Sicilia, Roma e le superstiti città etrusche – però la dimesione è quella del mito più che della storia. L'autore infatti non mi pare tanto concentrato a descrivere per filo e per segno gli avvenimenti, quanto a seguire il peregrinare del suo personaggio, mosso da presagi. Turms non ha memoria di essere immortale, anche se nel corso della sua vita alcuni sacerdoti e indovini riconoscono la sua sacralità; non conosce nemmeno le proprie origini. Da principio si associa a un guerriero spartano cacciato dalla madrepatria e a un capitano di nave con la vocazione per il pirataggio, unendo poi ai suoi compagni anche un medico greco; soprattutto egli si lega a una sacerdotessa di Afrodite tanto bella quanto stronza che, benchè la mia memoria sia lacunosa al riguardo, mi ha fatto pensare alla Nefernefernefer di Sinuhe l'Egiziano e mi porta anche a chiedermi che tipo di rapporto avesse Waltari con le donne, visto che le dipinge quasi tutte come delle gran puttane XD Comunque, il romanzo mi è sembrato abbastanza particolare per l'atmosfera come dicevo prossima più al mito che alla storia. In definitiva non ci sono episodi eclatanti e lo stesso Turms stento a definirlo un eroe perchè mi dà piuttosto l'idea dell'uomo trascinato dagli eventi. Mi sono comunque divertita a leggere questo libro, anche se non penso che lo riprenderò in mano. 




Below the serpents, the beds of weeds swayed gently in the changing tide. The water was warm here, as warm as it had been in the south before they had migrated.


La nave vivente Vivacia viene catturata dal pirata Kennit durante l'ammutinamento degli schiavi che trasportava. L'astuzia di Kennit riesce a irretire la giovane coscienza di Vivacia che diventa così una sua preziosa alleata. Intanto la notizia della sua cattura raggiunge Bingtown; Amber e Brashen propongono un piano di salvataggio disperato che prevede il restauro e il varo di Paragon, la nave pazza e assassina. Mentre Paragon comincia il suo viaggio con a bordo i due e Althea, Bingtown cade vittima di un complotto ordito contro il Satrapo. Grazie al maggior tempo libero di questo periodo di reclusione forzata, ho finito a tempo di record questo secondo volume. Qui Robin Hobb smuove decisamente le acque e ci porta vicini al punto di rottura; vengono svelati anche i misteri dei serpenti e delle navi viventi, e per questo non posso che plaudere ancora una volta all'inventiva di questa autrice, che riesce a fondere poesia e azione nei suoi romanzi. Affronterò con grandi aspettative e un pizzico di nostalgia (perchè poi la storia sarà finita) la lettura del terzo volume che sicuramente terminerò altrettanto rapidamente.

giovedì 26 marzo 2020

Le incredibili avventure di Fuku-chan


Secondo film visto in streaming grazie alla collaborazione del FEFF con Mymovies, questo Fukufukusou no Fukuchan 福福荘の福ちゃん (Fuku-chan degli appartamenti Fukufuku) è uno di quei film che uniscono diversi elementi che amo in certo cinema giapponese: la dimensione quotidiana (che mi fa desiderare di saltare sul primo volo per Tokyo), la poesia e una vena surreale. Protagonista è Fukuda, un uomo mite e gentile che lavora come imbianchino e passa il tempo libero costruendo aquiloni. Fukuda non ha mai avuto una ragazza dopo il trauma subito per via di uno scherzo crudele fattogli alle scuole medie; a nulla valgono i tentativi per accoppiarlo fatti dal suo amico e collega Shimacchi. Fukuda fa amicizia coi suoi vicini di casa, un laureato disoccupato che ha un pitone come animale da compagnia e un ragazzo sull'orlo del crollo nervoso. L'elemento che va a infrangere la sua quieta routine è dato dalla sua ex-compagna di classe Chiho, proprio quella che si era resa complice dello scherzo. Chiho vuole fare la fotografa e per questo lascia un lavoro sicuro e ben pagato, ma quello che considera il suo mentore tenta di molestarla sessualmente e questo la getta nella depressione. La padrona di un bar le dice che la ragione delle sue sfortune è la sofferenza da lei causata a qualcuno. Chiho capisce subito che si tratta di Fukuda; lo rintraccia per chiedergli scusa ed ecco che alla vista del suo bel faccione da luna piena ritrova la voglia di fotografare. Una storia che si nutre di piccole cose, ma che riesce a trasmettere tanto, compreso quel senso di solitudine che è un elemento comune nella narrazione nipponica contemporanea (si tratti di film o di libri).  Fukufukusou no Fukuchan commuove e fa sorridere allo stesso tempo, e il finale è la giusta conclusione per questa storia delicata. 

Fukuda, ovvero Fuku-chan

Sorpresa: a interpretare Fukuda è una donna, Oshima Miyuki.  L'avreste mai detto? Chiho invece è interpretata da Mizukawa Asami.

martedì 24 marzo 2020

Masquerade


Il Far East Film Festival di Udine e MYmovies non sono alla loro prima collaborazione in fatto di streaming; in questo periodo hanno deciso di deliziarci con alcune pellicole orientali per aiutarci a passare il tempo. Ho quindi avuto l'occasione di vedere finalmente questo film che finora mi era sfuggito. Uscito nel 2012, vincitore di diversi premi e gran successo ai botteghini coreani, Masquerade pare si ispiri a Il Principe e il Povero di Mark Twain, anche se a me ha fatto piuttosto pensare a Kagemusha di Akira Kurosawa; inoltre il personaggio del re è realmente esistito. Siamo nel diciassettesimo secolo; re Gwanghae teme per la propria vita perchè a corte si complotta contro di lui. Viene cercato qualcuno che gli somigli e che possa sostituirlo; detto fatto, la scelta cade su un attore comico, Ha-Sun. Dopo essere stato opportunamente istruito e messo alla prova, succede che Ha-Sun deve effettivamente indossare in tutto e per tutto i panni del re quando questi viene drogato e messo fuori gioco per due settimane. Ha-Sun però è un brav'uomo e non riesce a trattenere nè la sua umanità nè il suo senso della giustizia; si guadagna l'affetto e la stima di alcuni, mentre i cospiratori cominciano a fiutare l'inganno. Magnifico film davvero questo, capace di declinare insieme commedia e tragedia come spesso i registi coreani amano fare. A interpretare Ha-Sun e Gwanghae c'è quel mostro sacro di Lee Byung-Hun, affiancato da Ryoo Seung-Ryong (il segretario di stato) e Jang Gwang (l'eunuco capo); la bella e triste regina è invece Han Hyo-Joo.

domenica 22 marzo 2020

fra quattro mura


Più che una casalinga disperata sono una casalinga debosciata, nel senso che potrei approfittare di questo periodo di confino fra le quattro mura domestiche per tirare la casa a lucido e invece. Sto mantenendo il solito minimo sindacale, ignorando anche che la Pasqua si avvicina e bisognerebbe fare le famose pulizie di. Il mio problema è il solito: che ci sono tante altre cose da fare, immensamente più divertenti e gratificanti delle pulizie. A parte che con tre maschi chiusi in casa, se dovessi preoccuparmi che tutto brilli sarei sempre dietro a strofinare. In compenso, proprio per via dei tre maschi chiusi in casa, sto passando più tempo del solito ai fornelli. Se non ci ammazza il coronavirus, ci penseranno la glicemia e il colesterolo. Tra l'altro in questo periodo cadono i compleanni di entrambi i miei figli, vuoi non fare le loro torte preferite? E vuoi non ripetere la tradizione del pranzo in data intermedia per festeggiare entrambi? Questo lo facevamo quando si organizzava il pranzone coi nonni, visto che le loro date di nascita sono vicine e non aveva senso abbuffarci per due domeniche di fila. Bene, il post finisce qui. Mi sono ripromessa fin dall'inizio di non indulgere su considerazioni sul periodo che stiamo attraversando; ci sono altri che sento affini al modo di pensare che hanno già detto tutto ciò che direi io, dunque ripetere gli stessi concetti sarebbe superfluo.

venerdì 20 marzo 2020

lavori in corso


Piano piano procedo con i miei piccoli progetti. Ho prodotto una discreto numero di mini-libri. Non è difficile realizzarli, occorrono anzitutto uno scanner e una stampante (e tanti libri), quindi un po'  di postproduzione e infine pazienza e precisione per assemblarli. Mi sono divertita molto a farli e ne ho creato uno anche finto come quello che avevo fatto tempo fa per un progetto fotografico con i giocattoli (finto nel senso che è un libro che non esiste, mi sono inventata un titolo e una copertina).


Ho poi provato a cimentarmi con la libreria. Le piccole tavole di legno che ho preso si tagliano benissimo col cutter e si incollano altrettanto bene, quindi non è stato difficile lavorarci. Quello che è difficile è la precisione millimetrica, infatti questa prima libreria è molto lontana dalla perfezione. 


pezzi che non coincidono perfettamente

Per il momento ho comunque deciso di tenermela, magari più avanti proverò a farne un'altra prestando maggiore attenzione oppure usando una colla a presa rapida - a questo giro ho usato il Vinavil perchè volevo poter spostare i pezzi nel caso avessi sbagliato a posizionarli, ma il fatto che l'incollaggio non fosse immediato ha fatto sì che qualcosa si sia spostato leggermente anche quando non volevo.



Dopo aver scartavetrato e tentato di correggere le imprecisioni, ho proceduto a pitturare la piccola libreria, sperando che magari le magagne si notassero di meno. 



Con dei piccoli ritagli di legno avanzati ho fatto due scatoline che poi ho decorato con il washi tape. Ho pure fatto una cornice portafoto che su una libreria ci sta sempre bene.



Infine ho posizionato i libri negli scaffali e devo dire che l'effetto complessivo mi piace parecchio ed è quello che volevo ottenere - strano che ci sia riuscita XD 
Non è finita qui perchè ho altro per la testa.

mercoledì 18 marzo 2020

Giù le mani dai gatti


Devo fare una confessione: avevo sentito parlare molto bene di questo Don't F**k With Cats, ma ero convinta che non si trattasse di un documentario, bensì di una mini-serie in tre episodi, quindi grande è stato il mio sconcerto quando ad un certo punto ho realizzato che stavo guardando una storia vera. Certo che la realtà può davvero superare la fantasia! Dunque, la triste vicenda ha inizio nel 2010, quando su Internet appare il video di un ragazzo che uccide due gattini. Questo scatena l'indignazione generale perchè, come spiega uno dei narratori principali, su Internet è praticamente concesso tutto, ma c'è una regola fondamentale che non va violata: mai fare del male ai gatti. Un gruppo di utenti indignati crea un gruppo Facebook e comincia a indagare cercando di capire chi sia e dove si trovi l'uccisore di gattini; nel frattempo appaiono altri video, altrettanto crudeli. L'identità è scoperta, ma non si sa dove si trovi questa persona che risponde al nome di Luka Rocco Magnotta; quello che è certo è che non ci sta tanto con la testa, visto che arriva addirittura a creare dei fan-groups per se stesso, inondando la rete di fotomontaggi in cui ha sostituito la sua faccia a quella di gente presa a caso. La cosa più grave però è che Luka è pronto al passo successivo: uccidere un essere umano. Mi è piaciuto molto questo documentario; oltre ad avere un bel ritmo, ho trovato molto ben fatta la ricostruzione di come gli utenti hanno usato i mezzi tecnici a loro disposizione per trovare l'assassino. Fa un po' sorridere il pensiero che uno possa fare il detective restando comodamente seduto alla propria scrivania, ma qui viene dimostrato che è possibile. Il tutto è raccontato dalle voci dei veri protagonisti, inclusa la madre di Luka che appare inquietante come suo figlio, soprattutto quando nega che egli sia effettivamente responsabile.


Il vero Luka Rocco Magnotta è stato poi arrestato in un Internet cafè di Berlino mentre cercava notizie su di sè sul sito dell'Interpol. Si trova attualmente in carcere in Canada, condannato all'ergastolo perchè la giuria non ha accettato la tesi della difesa che fosse malato di mente e dunque non responsabile delle sue azioni. Potrebbe uscire sulla parola dopo aver scontato vent'anni perciò siete avvisati: dal 2034 state attenti ai vostri gattini!

lunedì 16 marzo 2020

Uno sette - Hideo Yokoyama


Il vecchio treno si arrestò sferragliando con un sobbalzo all'indietro.
La stazione di Doai, sulla linea Jōetsu delle ferrovie statali, era situata all'estremità settentrionale della prefettura di Gunma.

Di questo scrittore avevo già letto e molto apprezzato Sei Quattro, e sono contenta che le mie aspettative riguardo il suo lavoro successivo non siano andate deluse. Questo クライマーズハイ- Kuraimāzu hai (Climber's high) è stato distribuito con un titolo che non c'entra una cippa e che serve solo a rimandare al precedente. La storia si volge su due piani temporali: il presente del protagonista e il 1985 – diciassette anni prima rispetto alla narrazione. Yūki è un giornalista di una testata locale che si accinge a scalare una montagna nota per la sua difficoltà in compagnia del figlio di un vecchio collega ed amico; quella scalata in realtà avrebbe dovuto farla diciassette anni prima proprio con il suo amico, ma un terribile disastro aereo avvenuto nella zona lo aveva trattenuto in redazione. Ed ecco che mentre si avvicina il momento della scalata, Yūki ricorda il passato e quei giorni frenetici. Il pretesto per la trama è reale:  il 12 agosto 1985 un jumbo della Japan Airlines si schiantò nella regione di Gunma mentre volava da Tokyo a Osaka causando cinquecentoventi vittime; è tutt'ora il secondo peggior disastro aereo della storia. Yokoyama tesse la sua solita tela di dettagli apparentemente superflui ma che dicono tutto, piccole meschinità tra colleghi, cinismo e sentimenti che causano esplosioni in superficie. In questo è simile al libro precedente, ma la sua maestria nel costruire un castello di vite e di gesti che si intrecciano e che hanno sempre più di un livello di comprensione è davvero stupefacente. Yūki è un uomo finalmente senza rimpianti alla fine del libro, ma prima ci viene mostrata una versione di lui che si porta ancora dietro ferite del suo passato che è necessario sanare affinchè egli possa sentirsi bene con se stesso. Yūki in fondo è una di quelle piccole vite alle quali si fa cenno a un certo punto, eppure appare quasi eroico in certi momenti. Questo è dunque uno di quei libri profondi che dicono tanto non solo sulla società giapponese, ma su ciascuno di noi.

sabato 14 marzo 2020

Figli


Raramente vedo film italiani, anche quando ne parlano bene. Ho fatto un'eccezione con questo perchè mi è sempre piaciuto Valeria Mastandrea, e anche Paola Cortellesi mi sta simpatica. La storia, ambientata ai giorni nostri, narra le tribolazioni di una coppia all'arrivo del secondo figlio, e lo fa in modo da strappare più di una risata ma, nel contempo, facendo anche riflettere. I problemi che Sara e Nicola devono affrontare sono di vario genere e partono tutti dalla gestione della loro quotidianità. Sara vorrebbe tornare a lavorare, i nonni non vogliono o non possono prendersi cura del piccolo Pietro e non resta che scegliere la meno peggio di un'improbabile schiera di baby-sitter. Nicola fa quello che fanno tutti gli uomini cresciuti con la convinzione che certi compiti sono "naturali" per la donna, come se fosse una cosa geneticamente intrinseca. Si vanta di aver fatto la lavastoviglie quando Sara ha già mosso mari e monti tra lavoro e figli, e questo porta a ulteriori litigi. Insomma, le cose sono tutt'altro che facili, anche perchè Pietro piange spesso, anche di notte. Vedendo questo film mi sono ritenuta molto fortunata, visto che ho tirato su due figli che la notte hanno praticamente sempre dormito XD Il film ha una serie di trovate quasi geniali che mi sono piaciute molto, come il fatto di sostituire il pianto del neonato con la Patetica di Beethoven o il letterale lancio dalla finestra dei protagonisti ogni volta che si sentono alla disperazione. Meraviglioso anche il monologo della madre di Sara quando afferma che il mondo è dei vecchi. Insomma, ho trovato questa pellicola molto valida e ho apprezzato il senso dell'umorismo per nulla volgare.

giovedì 12 marzo 2020

film d'animazione famosi visti con molto ritardo

Quando i miei figli erano piccoli non ce ne perdevamo uno, poi è successo che loro sono cresciuti e io me ne sono dormita diversi; per fortuna si può sempre rimediare. Adesso è il momento migliore, visto che i cinema continuano a essere chiusi e di roba nuova non se ne può vedere...


Per esempio ho visto Dragontrainer che è del 2010 ed ha avuto un tale successo da giustificare due sequel. Hiccup è un giovane vichingo emarginato dai suoi compaesani che sono tutti grandi, grossi e abili cacciatori di draghi. Lui invece è mingherlino e con una spiccata tendenza a cacciarsi nei guai. Ciò che non riesce a fare con la forza bruta, Hiccup cerca di farlo con la tecnologia, ed è proprio con un marchingegno di sua invenzione che riesce a colpire un famigerato drago Furia Buia. Nessuno però assiste alla sua impresa e quindi nessuno gli crede. Hiccup allora si mette alla ricerca del corpo e si trova infine davanti a un drago nero ancora avvolto nella rete che l'ha imprigionato; potrebbe facilmente ucciderlo, invece lo libera, e questo non solo è l'inizio della loro amicizia, ma anche della conoscenza che permetterà a Hiccup di imparare a gestire anche tutti gli altri draghi. Un film davvero godibile che mi è piaciuto molto perchè appartiene alla serie di quelli che, benchè pensato per un pubblico giovanile, diverte anche gli eventuali accompagnatori adulti (o, come nel mio caso, quelli che guardano cose da bambini anche da abbondantemente cresciuti).




Non ha avuto il successo di pubblico del precedente, ma di questo film ne avevo sentito parlare molto bene e dopo averlo visto non posso che unirmi al coro delle recensioni positive. Il protagonista è Miguel, un ragazzino messicano che ama la musica, ma la cui famiglia ha bandito note e strumenti da quando la trisnonna è stata abbandonata dal marito desideroso di diventare un cantante famoso. Riconvertitasi in fabbricante di scarpe, la donna ha insegnato il mestiere a figli, nipoti, ecc. creando una dinastia di calzolai, e diventare calzolaio sarebbe anche il destino di Miguel, solo che lui ha altro per la testa. E' il Dia de los Muertos, la festa messicana in cui si crede che gli spiriti dei defunti tornino sulla terra, e per questo si decorano le tombe e vengono fatte offerte di cibo. Miguel ruba la chitarra di un famoso cantante deceduto per partecipare a un concorso, ma per punizione si ritrova nel mondo dei morti dove incontra i suoi parenti defunti e, dopo diverse peripezie, fa luce sulla scomparsa del trisnonno. Coco non è altro che il nome della sua bisnonna, una vecchietta in odore di Alzheimer che a stento ricorda ormai il padre che l'ha abbandonata, il quale rischia così di sparire per sempre. Questo film è una vera gioia per gli occhi ed è davvero molto divertente. Sul finale non manca la lacrimuccia (che in questi casi è d'obbligo), ma l'allegria ritorna subito. L'ambientazione particolare è un valore aggiunto.



Nel regno di Arendelle le due principessine Elsa ed Anna sono molto affiatate. Elsa ha un potere che le consente di creare il ghiaccio e che le due bambine sfruttano per giocare e divertirsi insieme. Quando però un incidente mette a repentaglio la vita di Anna, Elsa allontana la sorella per non rischiare di farle male di nuovo. Anni dopo, il giorno dell'incoronazione di Elsa, Anna incontra un giovane principe e se ne innamora a prima vista; quando lo presenta ad Elsa dicendo che vuole sposarlo, quest'ultima si agita e comincia a produrre ghiaccio e ghiaccioli tra la costernazione generale. Rifugiatasi sui monti, sarà Anna a tentare di riportarla indietro e a chiederle di fare tornare l'estate. Enorme successo mondiale per questo film del 2013 che ha sbancato i botteghini ma che, dei tre, è quello che mi ha detto di meno. Per carità, tecnicamente è ineccepibile, la storia è bella – anche se piuttosto convenzionale malgrado il tentativo di non mettere come sempre l'ammmmore quale soluzione di tutto – però boh, non capisco l'entusiasmo che ha generato nel pubblico. A parte che ogni volta che qualcuno si metteva a cantare mi veniva l'orticaria... Il che pare strano anche a me, dato che ultimamente mi sono vista ben due musical. Forse è dipeso dal fatto che ho visto l'edizione italiana anziché quella originale. 

martedì 10 marzo 2020

Regali da uno sconosciuto


Ecco un altro film che mi è piaciuto molto. Si tratta di un thriller che è riuscito perfino a farmi fare un salto sulla sedia. Simon e Robyn, una coppia da poco trasferitasi a Los Angeles, incontra Gordo, un vecchio compagno di classe di lui. A dire il vero Simon non se ne ricorda, mentre Gordo sembra interessato a riallacciare i rapporti, tanto che comincia a lasciare regali sulla loro porta di casa e a presentarsi quando Simon è al lavoro. Robyn, che è una persona gentile, seppur a malincuore interagisce con lui anche se le sue continue apparizioni la rendono nervosa. Simon decide perciò di parlare chiaramente a Gordo chiedendogli di non farsi più vedere e, per tutta risposta, la coppia riceve una lettera piuttosto inquietante che fa cenno a qualcosa successo in passato fra Gordo e Simon. Robyn vorrebbe sapere che cosa, ma si trova davanti un muro. Mentre il suo nervosismo cresce e la spinge a trovare di nuovo conforto nei farmaci, la donna si mette a scavare nel passato del marito a sua insaputa. Il film è costruito benissimo, con un crescendo di tensione e di colpi di scena che infine dimostrano quanto sia impossibile conoscere veramente chi ci sta accanto; riesce bene anche nell'intento di instillare nello spettatore il dubbio, tanto che alla fine resta l'interrogativo se Gordo abbia effettivamente fatto una certa cosa o no. Sia come sia, di certo gli è riuscita bene la vendetta che, come si sa, è un piatto che va consumato freddo.

domenica 8 marzo 2020

Ergo Proxy vs Neon Genesis Evangelion


Ergo Proxy (エルゴプラクシー Erugo Purakushii) è un anime del 2006 che ha raccolto molte recensioni entusiastiche. Io come al solito non sono normale perchè non condivido questo entusiasmo. Ovvero: sono spaccata tra ragione e sentimento. Da un lato è impossibile non ammettere quanto la serie sia tecnicamente ben fatta e curata e quanto la storia sia interessante; dall'altro confesso di essere una persona dai gusti semplici che predilige trame meno lente e macchinose quando si tratta di certi prodotti. Tra l'altro non sono nemmeno sicura di aver capito tutto, dato che per via del fatto che guardavo gli episodi in seconda serata spesso mi è calata la palpebra. Venendo alla trama, la storia è ambientata in un futuro in cui l'umanità è quasi estinta e la terra ridotta a una landa desolata e ritenuta senza vita. Gli esseri umani superstiti vivono all'interno di cupole e si riproducono tramite uteri artificiali; ognuno è affiancato da un androide che in teoria dovrebbe essere un assistente, ma che in pratica a me è sembrato un sorvegliante. La pace della cupola Romdo è interrotta da un virus che colpisce gli androidi e li dota di coscienza; alcuni uomini vengono uccisi e un misterioso personaggio dalle fattezze mostruose fa la sua apparizione. Pare che questo essere, chiamato Proxy, possa avere qualche relazione con un immigrato, Vincent Law, che fugge da Romdo insieme a un androide infetto, la piccola Pino. E' così che Re-I Mayer, ispettrice e nipote del reggente, a sua volta esce dalla cupola per catturarlo. La parte del viaggio la fa per la maggiore e ha sia lo scopo di mostrare che la terra non è così deserta come si vuole fare credere - piccole comunità di umani sopravvivono e strane creature umanoidi si riproducono in maniera naturale - sia quello di scavare nel passato di Vincent Law che ha perso la memoria. Comunque sia, c'è molta più riflessione che azione, e anche se questo viaggio ha il suo fascino a me pare che lasci più interrogativi che risposte – ma, come dicevo, io sono una persona semplice... o sempliciotta, fate voi! Quindi il dilemma è che la mia parte razionale ha apprezzato la realizzazione tecnica e la complessità della trama, mentre la mia parte semplice si è annoiata e non ci ha capito granchè.


Pare che chi ha osato fare il paragone tra Ergo Proxy e Neon Genesis Evangelion sia stato preso a male parole, però io non ho intenzione di farmi impressionare e quindi ho colto l'occasione per rivedere questa mitica serie che avevo guardato molti anni fa. Mi limiterò a qualche osservazione veloce, dal momento che su questo anime è stato già detto tutto il possibile. La prima differenza che salta agli occhi rispetto a Ergo Proxy è la familiarità dell'ambientazione; Evangelion è ambientato nel 2015, per noi già passato, ma anno futuro rispetto all'anno di realizzazione – 1995 – e benchè anche qui la Terra sia sopravvissuta a una catastrofe, ci viene mostrato il normale contesto di una città giapponese contemporanea. Alcune misteriose creature che vengono chiamate angeli fanno la loro apparizione a distanza di alcuni anni da questa catastrofe e gli unici in grado di opporsi e di sconfiggerli sono dei mecha comandati da ragazzini quattordicenni. Uno di questi è Shinji, figlio dello scienziato a capo dell'organizzazione deputata alla distruzione degli angeli. Shinji è il classico eroe riluttante, ritrovatosi a combattere quando vorrebbe fare altro, e che accetta il suo destino quando capisce di voler proteggere alcuni compagni di classe. Per lui è un importante primo passo in quanto è un ragazzo introverso e solitario. La prima parte della serie è molto dinamica, ci sono anche momenti divertenti; in seguito diventa più riflessiva e metafisica – e aumenta pure la sensazione di non capirci più niente. Diciamo che questo è un tratto comune a queste due serie, il non capirci niente intendo. Però Evangelion mi è piaciuto molto di più per via dei personaggi che oltre ad essere ben caratterizzati mi stavano più simpatici, e anche per la narrazione più concitata. A livello tecnico credo non abbia senso fare paragoni; benchè Evangelion sia una serie realizzata benissimo, ci sono comunque vent'anni di differenza tra questa ed Ergo Proxy che, tra l'altro, si fa vanto della propria raffinatezza. Evangelion inoltre è costruita in maniera più convenzionale di Ergo Proxy; quest'ultimo sembra indirizzato a un pubblico più maturo, mentre Evangelion ha tutte le caratteristiche di un prodotto per adolescenti, ma è comunque una serie complessa e  molto interessante. Del resto il culto degli appassionati lo dimostra. Per quanto mi riguarda non ho dubbi: preferisco di gran lunga Evangelion.

venerdì 6 marzo 2020

Professor Marston and the Wonder Women


Ecco uno di quei film che mi sono piaciuti e che mi dispiace che non abbiano avuto una distribuzione nelle sale. Il professor Marston del titolo è William Moulton Marston, psicologo, scrittore, inventore e creatore del personaggio di Wonder Woman. Il film comincia nel 1945 quando Marston deve difendere la propria eroina dagli attacchi dei censori che considerano il fumetto troppo violento e pieno di scene di bondage e sadomasochismo. Mentre inizia a spiegare i motivi che gli hanno ispirato l'invenzione di Wonder Woman (egli credeva infatti nel potere educativo del fumetto) una serie di flashback ci mostrano la sua storia. Insegnava psicologia all'università, lavorando nel contempo insieme alla moglie Elizabeth all'invenzione del poligrafo, quando conobbe Olive, una studentessa della quale ben presto s'innamorarono, ricambiati, sia lui che la moglie. I tre avviarono una relazione poliamorosa che causò il licenziamento di Marston e consorte; Olive però aveva appena scoperto di essere incinta, e qual punto decisero di andare a vivere tutti insieme inventando una bugia credibile per giustificare la cosa. Se da un lato è vero che Marston ebbe due figli da Elizabeth e due da Olive e che convivettero, la teoria del film che anche le due donne fossero amanti è stata contestata dalla nipote di Martson stesso. Ciò che è vero è che rimasero a vivere insieme anche dopo la morte dell'uomo nel 1947. A prescindere che questo aspetto risponda a verità o no, mi è piaciuta questa storia di anticonformismo e coraggio nell'essere se stessi. 

mercoledì 4 marzo 2020

Bates Motel


Francamente non sono un'amante di remake, sequel, prequel e reboot; mi viene sempre da pensare che questo genere di prodotti sono figli della scarsità di idee originali e del desiderio di fare denaro facile. Parere del tutto personale e in evidente contrasto con la tendenza del cinema americano degli ultimi anni XD Comunque sia, da principio non ero intenzionata a vedere questa serie, poi mi sono accorta che Netflix stava per dismetterla e ho deciso di darle una chance finchè era disponibile. Bates Motel s'ispira al Norman Bates di Psycho, lo riporta all'adolescenza, ai giorni nostri e alla convivenza con la sua ingombrante madre Norma. Ho cominciato a guardarlo considerandolo a un omaggio a quello che è forse il più celebre film di Hitchcock e devo infine ammettere che mi ha divertito molto. In effetti di svitati oltre al diciassettenne Norman – che comincia a manifestare i segni della schizofrenia e a disseminare cadaveri in giro – ce ne sono altri, vedi appunto sua madre, che non soffrirà di malattie mentali ma è isterica, possessiva, egocentrica e manipolatrice. Aggiungiamo uno sceriffo con il vizietto delle esecuzioni extragiudiziali, una città che per emergere dalla crisi economica si è riconvertita in centro di produzione e spaccio di marijuana e il gioco è fatto. A metà della quinta e ultima stagione ho pensato che venisse ripresa la trama originale del film, invece si è trattato solo di una variazione della famosa scena della doccia e il finale vero e proprio è diverso dal film. E mi pare giusto, perchè credo appunto che la maniera migliore di godersi questa serie sia di mettere da parte il ricordo dell'originale e prenderla come un oggetto a se stante. Così facendo in effetti risulta molto godibile.

lunedì 2 marzo 2020

un mese in quattro foto: febbraio


Uno degli angioletti del Tempio Malatestiano di Rimini. Li ho fotografati non so quante volte, ma non so resistere, ogni volta che ci torno lo faccio.


La mimosa fiorita prematuramente: l'albero appartiene al mio dirimpettaio che me ne ha regalata parecchia. Che gentile!


Foto poco bella fatta al piano del comodino che ho sistemato. Cercavo qualcosa dove mettere la mia piccola collezione di libri vecchi raccattati in giro e ho trovato questo a un mercatino di beneficenza; l'ho pagato pochissimo, forse perchè mancava il piano in cima. Di solito questi piani sono di marmo o di vetro. Per sostituire la parte mancante, mi sono fatta tagliare su misura un pezzo di compensato e l'ho ricoperto con una delle carte che avevo comprato a Milano. Devo dire che l'effetto mi piace molto.


Nel palazzo di fianco al nostro è venuta di recente ad abitare una famiglia di moldavi. Ci sono due bambine, così finalmente rivediamo un po' di colore! Ormai siamo rimasti solo noi "vecchietti" nel nostro angolo di strada...