sabato 29 febbraio 2020

febbraio giocherellone


Dicono che la fortuna è cieca mentre la sfiga ci vede benissimo, e infatti vorrei confermare che la mia ha la vista di un'aquila, per cui non sono arrivata a pensare che finalmente potevo rilassarmi che al secondo piano della vecchia casa c'è stata una perdita d'acqua dal bagno che ha passato il pavimento ed è colata dal soffitto del primo piano... Così è ricominciata la rumba: idraulico, imbianchino, arterio (la mia, quella). L'unica cosa positiva è che il guasto era meno grave del previsto, difatti avevo già preventivato di dover buttare all'aria il pavimento e rifarlo da capo. Fortuna che l'ondata di creatività che era iniziata a fine dicembre prosegue e quindi anche in febbraio ho dedicato parte del mio tempo libero a decorare quaderni e fare libri in miniatura per un progetto che ho in testa. Se arrivo in fondo e se viene decente, metterò una foto. Intanto questo è il primo mini-libro che ho fatto (che non è perfetto, ma il punto qui è che mi voglio divertire e che lavoro per accontentare una sola cliente: me stessa XD).



Non so da voi, ma qua dalle mie parti febbraio è stato uno splendido mese di primaverno. La mimosa del giardino era già completamente fiorita per San Valentino, mi sa che per colpa del cambiamento climatico in futuro diventerà il fiore della festa degli innamorati e per l'8 marzo occorrerà inventarsi qualcos'altro. Per ora mi comunicano dalla regia che i fioristi hanno messo la mimosa in frigorifero per farla arrivare a tale data. So che avrei dovuto approfittare del bel tempo, invece non ho fatto quasi nessuna gita, giusto una scappata pomeridiana al mare nel tentativo di rinverdire la mia voglia di fotografare. In effetti un rullino l'ho scattato anche grazie al fatto che Momo-chan era venuta con me, ma ho pure sbagliato spiaggia  e sono finita su quella meno fotogenica.



Oltre al musical visto a Bologna, sono stata alla seconda operetta della stagione. Questa volta si trattava de Il Pipistrello e a portarla in scena era la compagnia di Carlo Abbati, nome che nel settore è una garanzia. E difatti la messa in scena è stata bella, gli attori bravi, le musiche gradevoli (mi piace Strauss), le chiappe dei ballerini sode.



Sono stata a Rimini col marito per visitare la mostra su Federico Fellini; molto ben fatta  e interessante, ci è piaciuta. Abbiamo pranzato come sempre alla Trattoria la Marianna in   Viale Tiberio 19 e abbiamo girovagato, rivedendo anche il Tempio Malatestiano (quanto mi piacciono quegli angioletti!). Tuttavia non considero questa una gita al mare perchè è mancata la passeggiata sulla spiaggia. Io volevo farla, ma il marito era in modalità principessa sul pisello in quanto indossava dei mocassini e temeva di imbarcare sabbia. Miyako-san ha perfettamente ragione...

L'ultima settimana del mese si è contraddistinta per il delirio da coronavirus, tra supermercati saccheggiati e gente che si aggirava - inutilmente - con la mascherina. Per quanto mi riguarda, ho proseguito con il mio solito stile di vita e il mio solito umore, 

giovedì 27 febbraio 2020

letture di febbraio

Ho mantenuto una buona media di pagine lette anche in febbraio, però per onestà devo dire che alcuni di questi libri sono sottili e si leggono in poco tempo. Per contro Ship of Magic è bello tosto però avevo cominciato a leggerlo il mese scorso.


L'alba del Venerdì Santo, durante la quale sarebbe morto lapidato, iniziò davvero male per Juan Alacena.

Si è detto ancora che certi libri (o generi) vengono apprezzati diversamente a seconda dello stato d'animo del lettore, del momento della sua vita in cui li legge, ecc., insomma che il godimento nella lettura del medesimo testo dipende da fattori indipendenti dalla validità del testo stesso. Ora, non voglio discutere della validità di questo giallo che in Spagna ha ottenuto un grande successo, ma si vede che io in questo periodo non sopporto un certo tipo di narrazione. Il genere giallo è uno dei miei preferiti e non me ne sono ancora stancata, quello che è in questione quindi è il modo. Ovvero: non ne posso più di delitti che fanno a gara per qual è il più efferato, di motivazioni bizantine – che a volte lasciano l'amaro in bocca - di aitanti cervelloni che inevitabilmente s'innamorano della detective gnocca di turno. Non nego che Llobera abbia fatto un buon lavoro e che sia stato ingegnoso nel costruire la sua storia, però non appena ho chiuso il suo libro sulla parola FINE ho sentito una gran voglia di riprendere in mano Agatha Christie.




Sulla mia scrivania ci sono dei fiori. Regalo della mia padrona di casa, perchè oggi è il mio compleanno.
Ma ho bisogno di posto. Allontano i fiori e anche la lettera dei miei vecchi.


Pubblicato ad Amsterdam nel 1937, questo breve romanzo di Ödön von Horváth è straordinariamente e sorprendentemente attuale. Il protagonista è un giovane professore di storia nella Germania nazista, un uomo di buon senso in mezzo a una banda di pazzi. Si sente alieno rispetto alla realtà che lo circonda e altrettanto alieni gli appaiono i suoi alunni, tutti intrisi di ideologia e ciechi a qualunque cosa ne sia estranea. Il professore mi pare stordito, incredulo; è un osservatore passivo però, ed in certa misura si adegua alle circostanze, probabilmente per autoconservazione o perchè si rende conto che non c'è nulla che egli possa fare per cambiare le cose. Ad un certo punto si trova però coinvolto in un delitto del quale potrebbe essere stato involontario istigatore e la sua scelta di dire la verità pur andando contro i propri interessi porta alla luce altri che, come lui, non sono allineati. Tuttavia non c'è redenzione, non c'è soluzione. A lui tocca l'esilio, benchè volontario, tutti gli altri diventeranno carne da cannone. Ho letto questo libro perchè il marito l'aveva preso in prestito dalla biblioteca dopo averne sentito leggere alcune pagine per radio, e devo dire che l'ho trovato molto bello, ma al contempo amaro. Certi passaggi appaiono veramente come se fossero stati scritti in questi giorni.




Grofield aprì l'occhio destro e vide una ragazza che stava scavalcando il davanzale della sua finestra. Chiuse quell'occhio e aprì l'altro: la ragazza era sempre lì.

Donald E. Westlake è stato un grandissimo scrittore di libri gialli ed ha pubblicato anche sotto diversi pseudomini; Richard Stark è appunto uno di questi. The Damsel può essere considerato uno spin off della serie di libri con protagonista il gangster Parker, in quanto il protagonista è Grofield, un attore con l'hobby delle rapine che con Parker ha lavorato e che si trova in Messico per riprendersi da una ferita d'arma da fuoco. Nella sua stanza d'albergo fa improvvisamente irruzione una ragazza che è inseguita da alcuni brutti ceffi. La lacrimosa storia di matrimoni forzati che Elly racconta è chiaramente una menzogna, ma Grofield accetta di aiutarla a raggiungere Acapulco dove in realtà ella vuole sventare l'omicidio di un dittatore sudamericano. E' dunque una storia di inseguimenti con alla base un complotto che ho trovato un po' improbabile, e tuttavia a leggerla mi sono divertita molto. Sarà il periodo, ma mi ritrovo ad apprezzare questo genere di gialli datati, ci vedo una dimensione quasi innocente rispetto alle produzioni contemporanee. Certo, i personaggi sono un po' stereotipati, le situazioni prevedibili; è chiaro che la bionda coraggiosa finirà a letto con il bel tenebroso, così com'è chiaro che i nostri eroi saranno sempre un po' più furbi (o un po' più fortunati) dei cattivoni che vogliono fare loro la pelle, ma insomma, siamo qui solo per divertirci, no? E quindi tutto è godibile al punto giusto. Tra l'altro leggevo che il grande merito di  Westlake è stato appunto di inserire lo humour nel genere giallo/poliziesco. E bravo lui!




Arthur Burdon e il dottor Porhoët passeggiavano in silenzio. Avevano fatto colazione in un ristorante del boulevard Saint-Michel, e adesso gironzolavano per i giardini del Lussemburgo.


William Somerset Maugham è soprattutto noto per aver scritto Schiavo d'amore (Of Human Bondage) dal quale sono state tratte ben tre versioni cinematografiche, la più famosa delle quali è quella del  1936 con Leslie Howard. Questo The Magician è del 1908 e per ammissione dello scrittore stesso si rifà alla sua esperienza parigina e si ispira a un suo conoscente di allora per il personaggio di Oliver Haddo, il mago del titolo. Il dottor Burdon arriva a Parigi per fare visita alla giovane fidanzata che qui risiede insieme a un'amica per frequentare una scuola d'arte; ha un alterco con Haddo, personaggio controverso e odioso, ma al contempo stranamente affascinante. Haddo ha la fama di mago e le sue millanterie sono in effetti realmente avvenute; di carattere vendicativo, egli decide di farla pagare a Burdon per l'affronto subito rubandogli la fidanzata. L'elemento sentimentale si fonde a quello soprannaturale in questo romanzo che, come ho notato spesso riguardo a testi di questo periodo, ha una sorta di ingenuità per noi scafati lettori del 2020, e tuttavia la trama risulta avvincente anche se non abbastanza gotica da inquietare.



1953
I microfoni, staccati ormai da molti giorni, erano diventati inutili. Nessuna si era preoccupato che non funzionassero più. Nessuno aveva tentato di ristabilire il contatto. Lei aveva strappato rabbiosamente tutti i fili, ma non era stata punita.

Paul Breen ha il dono della telepatia e in un impeto di patriottismo lo ammette, desideroso di fare qualcosa di buono per la patria. Diviene così una pedina importante della CIA per la sua capacità di poter leggere la mente delle persone che ha conosciuto anche a grande distanza. Malgrado sia dorata, di fatto la sua è una gabbia; l'uomo che muove i fili per giunta è un doppiogiochista che allontana o elimina le persone che gli sono diventate amiche per poterlo manipolare meglio. Breen però non è stupido e nasconde a tutti di essere anche telecinetico. Wild Talent risale al 1954 per mano di Wilson Tucker, tecnico teatrale dedito alla scrittura e divenuto popolare per questo. Il presente non è tra i suoi lavori più noti, ma è certamente una storia interessante e gradevole.




Studiò il vento: perfetto! La posizione che aveva scelto era estremamente favorevole, sarebbe stato un lavoro veloce e soprattutto pulito. Niente sbavature, niente incertezze.


Un killer misterioso e invisibile miete vittime in città; si tratta di un assassino a pagamento che ha l'astuzia di travestirsi nei modi più disparati per potersi avvicinare alle sue vittime. La polizia non si raccapezza e intanto i cadaveri si accumulano. Nel frattempo il detective John Ross, caduto in disgrazia dopo essere stato incastrato da dei colleghi corrotti, si sente attratto da una pachidermica segretaria del suo ufficio. L'amore, si sa, è cieco, e in generale il velo che ci copre gli occhi più provocare gravi danni quando cade. Questo è il libro di Linda Lercari che ho preso al Nerd Show di Bologna. Non è un thriller, malgrado le premesse, perchè quello che interessa all'autrice non è la trama investigativa; direi piuttosto che si tratta di una storia d'amore camuffata e con un finale che non è quello che ci aspetteremmo, ma che è perfetto per questo contesto. Linda ha uno stile accattivante e sa come tenere il lettore sulla corda, perciò questo libro risulta piacevole anche se il personaggio del killer ha delle motivazioni un po' scricchiolanti; a meno che non lo vogliamo considerare uno psicopatico, nel qual caso ci sta tutto.





Maulkin abruptly heaved himself out of his wallow with a wild thrash that left the atmosphere hanging thick with particles. Shreds of his shed skin floated with the sand and mud like the dangling remnants of dreams when one awakes.



Alla fine ho fatto un po' prima del previsto a finire questo tomo in inglese perchè la lettura si è fatta via via più agevole ed ho potuto aumentare il numero di pagine quotidiane. Trattandosi dell'edizione inglese, non so quanto copra di quella italiana; io considero questo primo volume della trilogia di Bingtown (tradotta fantasiosamente con Borgomago) come introduzione ai personaggi principali e agli elementi che in seguito si svilupperanno. Ciò non vuole certo dire che sia una trama priva di accadimenti, tutt'altro; la Hobb si conferma scrittrice di grande talento e inventiva, capace di affascinare i propri lettori inducendoli a una sorta di dipendenza. In Ship of Magic facciamo la conoscenza con una delle sue invenzioni meglio riuscite, ovvero le navi viventi (liveships); costruite con uno speciale legno magico, esse acquistano coscienza diventando dei veri e propri esseri viventi dopo che tre dei suoi capitani sono morti a bordo. Proprietà e insieme compagne di chi le ha fatte costruire, esse hanno uno speciale legame con i membri della famiglia alla quale appartengono e per navigare bene occorre che uno di essi sia sempre a bordo. Alla morte del padre, la giovane Althea Vestrit si aspetta di diventare capitano della nave Vivacia che si è appena risvegliata alla vita, ma suo cognato Kyle, che è stato dichiarato erede universale, ha altri progetti. Intanto, il pirata Kennit sogna di diventare re e di catturare una nave vivente. Muti testimoni degli eventi sono alcuni enormi serpenti marini il quale esatto ruolo nella vicenda ancora non si è capito ma che, conoscendo la Hobb, non mancheranno di riservare qualche sorpresa nei prossimi volumi. Sì perchè ce ne sono altri due... quindi ne riparliamo tra qualche settimana!

lunedì 24 febbraio 2020

Judy


Judy Garland non mi ha mai fatto né caldo né freddo e penso di non aver mai visto Il Mago di Oz per intero, anche se mi piace moltissimo Over the rainbow; in compenso Renée Zellweger è un'attrice che apprezzo, inoltre il trailer di questo film mi ispirava. Renée Zellweger, oltre che l'Oscar, ha ricevuto molti altri premi per questo ruolo ed effettivamente è stata bravissima. Il film si concentra sull'ultimo periodo della vita della Garland, deceduta a quarantasette anni per overdose di farmaci, con alcuni flash back sulla sua adolescenza. Il ritratto che ne esce è quello di una donna distrutta ma non arresa. Judy accetta una serie di concerti a Londra per poter guadagnare abbastanza da comprare casa per sé e i due figli minori, momentaneamente parcheggiati dall'ex-marito. Quando riesce a salire sul palco ed è in serata, la sua performance è ottima; peccato che spesso sia ubriaca o impasticcata, tanto che infine il contratto viene sciolto. La donna, impelagata con il fisco e sul lastrico, trova il tempo anche di sposarsi per la quinta volta. Il film è un buon prodotto, con alcuni momenti molto belli, come l'incontro con la coppia gay che ogni sera la va a sentire cantare o la struggente scena finale in cui Judy inizia a cantare Over the Rainbow ma si interrompe, con il pubblico che prosegue la canzone in coro. Di sicuro deve tutto a Renée Zellweger, che ha saputo calarsi nei panni di questa donna tormentata riportando in vita  non solo la sua grande fragilità, ma anche il suo sorriso e il suo umorismo.

sabato 22 febbraio 2020

volevo fare il falegname


Per motivi di budget e di scarsa fiducia nei ventenni, l'arredamento della casa del figlio piccolo lo abbiamo preso all'Ikea. Mi sono così ritrovata a montare alcune cose (quelle più piccole e leggere, perchè i problemi che ho alla schiena non mi consentono altro) e devo dire che mi sono divertita un sacco. Ovvero: ho anche tirato svariati bestemmioni, come può immaginare chiunque abbia mai montato i mobili Ikea, ma alla fine è prevalso il godimento del trafficare e la soddisfazione del rimirare il prodotto finito. E così mi sono ricordata di una volta, tanti tanti anni fa, in cui avevo detto a me stessa: appena potrò permetterlo (cioè appena non dovrò più occuparmi dei figli e smetterò di lavorare) mi dedicherò a lavorare col legno.  Il legno infatti è un materiale che adoro, ma che mi mette anche un po' in soggezione; tutto quel segare, piallare, scartavetrare... aiuto! Ho questo strano atteggiamento per cui a volte mi perdo d'animo davanti alle cose che non so fare e penso di essere troppo imbranata per imparare, poi succede che magari ci provo e scopro che ce la posso fare benissimo - e allora mi mando a quel paese per non averci provato prima. Insomma, montare i mobili del figlio piccolo mi ha fatto ricordare di quella promessa a me stessa, oltre a farmi tornare la voglia di cimentarmi. Che poi non è che mi voglio costruire un armadio, in realtà anche allora la mia intenzione era di dedicarmi alle miniature (ero fissata con la casa delle bambole) e dunque molte complicazioni vengono meno in partenza. Infine mi sono decisa a comprare un po' di materiale e così adesso non ho più scuse, dovrò provarci. Speriamo bene...

giovedì 20 febbraio 2020

Peaky Blinders


Secondo me Peaky Blinders è una delle migliori serie in circolazione. Evidentemente non sono l'unica a pensarlo, visto che ha vinto diversi premi. La serie (ora alla quinta stagione, ma ne sono previste altre due) segue le gesta di una banda di criminali di Birmingham a partire dal 1919 e prende il nome di una gang realmente esistita, anche se personaggi e accadimenti sono frutto della fantasia dello sceneggiatore. Il perno di tutti è Thomas Shelby, il capo; tornato dalla guerra privo della sua umanità – che però non ritengo scomparsa, quanto piuttosto nascosta molto bene – egli è uno di quei personaggi complessi che riescono sempre a stupire malgrado uno pensi di aver già visto tutto. Alternando la conquista di territorio e le attività criminose a quella di spia per il governo – quest'ultima dapprima gli viene imposta per ricatto, mentre in un secondo tempo egli la sfrutta per ottenere favori e potere – Thomas Shelby si adopera per costruire una facciata di legittimità che però non sempre funziona. In una società in cui le classi sociali sono importanti, egli è e resterà sempre uno sporco zingaro, inoltre la crisi del 1929 lo porterà a intensificare scommesse truccate e spaccio per recuperare le grosse perdite del patrimonio legittimo. Ciò che balza sempre all'occhio è come sia lui che i suoi famigliari agiscano sempre in maniera etica e coerente ai propri principi – benchè essi comportino per esempio la vendetta – mentre gli altri, quelli che in teoria dovrebbero essere dalla parte della giustizia (non solo i criminali rivali) si dimostrano invece meschini e traditori. Ottima la cornice dell'Inghilterra di inizio novecento e ottimi tutti gli attori, a cominciare da Cillian Murphy che interpreta Thomas; costui non mi ha mai impressionato particolarmente in passato, ma trovo che in questo ruolo sia eccellente.



martedì 18 febbraio 2020

Vagabond


Da diversi anni vedo serie televisive coreane; l'offerta è vasta e quasi sempre vi recitano bravi attori, mentre dal punto di vista tecnico tutto è ineccepibile. Ci sono trame per tutti i gusti e spesso i protagonisti sono sopra le righe, ma ritengo che questa sia una caratteristica propria delle soap operas in generale; in effetti gran parte del divertimento che provo nel vedere queste serie sta proprio nella scarsa sobrietà che porta i cattivi ad essere cattivissimi (e i buoni buonissimi), con figure eroiche che trionfano sopra ogni avversità o situazioni da melodramma strappalacrime. Per non dire che molti attori coreani sono dei gran bonazzi, il che non guasta ^___^ 



Anche Netflix si è messo a spacciare le serie coreane facilitandomene la visione, e difatti questo l'ho vista su Netflix. Vagabond rientra nel genere che io chiamo David contro Golia; il protagonista (interpretato da Lee Seung-Gi, che è uno dei miei preferiti) infatti si trova a combattere contro avversari molto più potenti di lui. Cha Dal-Geon è un ex-stuntman che vuole fare chiarezza sulla morte del nipotino e di altre duecento persone in un incidente aereo; tutto fa pensare a un problema di malfunzionamento del motore, ma Dal-Geon riconosce in un uomo che incrocia all'aeroporto lo stesso individuo che siede dietro al nipote in un video che il ragazzino ha girato prima dello schianto. Com'è possibile che egli sia sopravvissuto? Dal-Geon capisce che c'è qualcosa di losco e sospetta un attentato terroristico, iniziando a investigare insieme all'agente dei servizi segreti Go Hae-Ri (Bae Suzy, altra attrice che mi piace molto). Gli insospettabili autori dell'incidente naturalmente fanno di tutto per fermarlo, ma Dal-Geon non è stupido e l'allenamento come stuntman gli salva la vita in più di un'occasione. Siamo comunque al limite dell'incredibile, perchè di solito nella realtà quando la gente atterra in strada dopo essere ruzzolata giù da un tetto difficilmente si rialza come niente fosse, ma vabbè... A furia di correre aventi e indietro facendosi sparare addosso per la maggior parte del tempo, riusciranno i nostri eroi riusciranno a fare trionfare la verità? Al momento non ci è dato di saperlo perchè l'ultima puntata non è conclusiva, cosa che fa prevedere un seconda stagione, quindi come al solito rimango in attesa, ma fiduciosa che alla fine i protagonisti otterranno il loro scopo.

domenica 16 febbraio 2020

1917


Potrei sbagliare, ma che ricordi di film sulla Prima Guerra Mondiale è da moltissimo che non ne fanno, ragion per cui ci tenevo a vedere questo. La trama è presto detta: ad un paio di soldati viene affidato il compito di raggiungere un battaglione di milleseicento uomini e impedire che attacchino battaglia il giorno successivo; loro credono di avere via libera, in realtà i tedeschi hanno teso una trappola che li farebbe sterminare tutti. Con le linee telefoniche tagliate l'unico modo per avvisarli è spedire una staffetta: più facile a dirsi che a farsi, visto che si tratta di attraversare le linee nemiche che, benchè abbandonate, sono piene di trabocchetti, e di affrontare una serie di pericoli non da poco. La trama in questo caso è un semplice pretesto per mostrare uno spaccato di quella che è stato un conflitto sanguinosissimo (si calcolano nove milioni di morti, escluse le vittime civili che a loro volta ammontarono a diversi milioni) e in questo senso fa molto bene il suo lavoro. Senza dovere indulgere in troppi particolari, ci si fa un'idea dello squallore e della difficoltà della vita in trincea, così come appunto delle massicce perdite di vite umane; distruzione e devastazione nelle città bombardate dove però un flebile segno di vita e di speranza è dato dall'incontro del caporale Schofield con una giovane donna che si prende cura di un'orfanella. Da un punto di vista tecnico, ciò che balza all'occhio è l'uso del piano sequenza che il regista Sam Mendes ha ritenuto ideale per immergere lo spettatore nella realtà dei protagonisti. Ricapitolando: un buon film d'azione sostenuto da una trama che, benchè esile, è adatta a condurci in un viaggio attraverso questa guerra lontana. Ci sono alcuni colpi di scena che mi hanno fatto sobbalzare così come alcuni momenti toccanti (come l'incontro con la donna di cui sopra, o il canto del soldato prima dell'attacco) e la ricostruzione è decisamente ben fatta. Tutto mi è parso ben bilanciato e quindi non posso che dirmi soddisfatta di questo film.

venerdì 14 febbraio 2020

Appartamento 401 - Yoshida Shūichi


Uno spettacolo davvero straordinario. Dal balcone al terzo piano si vedeva la Kyū-kōshū kaidō, e nessuna delle migliaia di auto che ogni giorno transitavano lungo quell'arteria aveva mai causato un incidente.

Parade (パレード) è il primo romanzo di Yoshida Shūichi ed è del 2002, anche se in Italia è prontamente arrivato diciassette anni dopo; è stato insignito di un prestigioso premio letterario in Giappone e ne è stata tratta una versione cinematografica che nel 2010 ha vinto il premio FIPRESCI al Festival del Cinema di Berlino. Parade è la storia di quattro giovani che condividono un appartamento a Tokyo; sono due ragazze e due ragazzi, ai quali ad un certo punto se ne aggiunge un quinto, Satoru, un randagio che si mantiene prostituendosi. Originariamente nell'appartamento viveva Naoki con la fidanzata Misaki, ma quando le cose tra loro avevano cominciato ad andare male, si era unita Mirai, amica di Misaki. Naoki, per ripicca, aveva accettato di ospitare lo studente Ryōsuke, quindi, alla partenza di Misaki, era subentrata Kotomi. Nell'appartamento, malgrado la condivisione di spazi augusti, tutto fila in una generale atmosfera di convivenza pacifica. Kotomi, disoccupata e perennemente in attesa di una telefonata dell'attore emergente col quale ha una relazione segreta, si occupa delle pulizie, mentre Ryōsuke è indeciso se rubare o no la ragazza al proprio senpai, Mirai torna ubriaca fradicia quasi tutte le sere e Naoki, il più maturo, appare come il punto di riferimento di tutti. In realtà i cinque sono poco più che estranei e hanno scelto di indossare la maschera del coinquilino gradevole per amore del quieto vivere. Nessuno conosce veramente gli altri e alla fine il più schietto appare Satoru benchè inventi balle sul suo passato. Una serie di aggressioni a donne nel quartiere in cui abitano sembra coincidere proprio con l'arrivo di Satoru; ma sarà veramente lui il responsabile? Molto bello questo romanzo che dà voce a ogni personaggio dedicando un capitolo a ciascuno. Yoshida è come un entomologo che studi gli insetti di questo strano alveare con scientifica obiettività, senza giudicare, ma dimostrando come da dietro una maschera si possano arrivare a ignorare fatti gravi pur di non alterare un equilibrio che funziona. Il trionfo dell'ipocrisia, dunque? Non direi, perchè chi conosce un minimo la mentalità nipponica sa benissimo che indossare una maschera pubblica è una cosa tutt'altro che inconsueta nel paese del sol levante.

mercoledì 12 febbraio 2020

Promare


In un futuro imprecisato sulla Terra appare un gruppo di esseri umani mutanti che sono in grado di emettere fiamme; il fenomeno scoppia violento e incontrollato, riducendo in cenere intere regioni. Dopo trent'anni tuttavia la situazione è di nuovo sotto controllo e i burnish, come sono stati chiamati, vengono catturati e imprigionati come criminali. Galo è un giovane pompiere entusiasta che si guadagna una medaglia per aver catturato gli ultimi tre membri a piede libero della famigerata banda Mad Burnish, capitanata da Lio. Comincia a nutrire qualche dubbio sul fatto che sia giusto imprigionare tutti i burnish quando viene arrestato un innocuo pizzaiolo. Col procedere della storia scoprirà insospettabili nemici e troverà inaspettati alleati. Ero curiosa di vedere quest'anime perchè gli autori sono gli stessi di Kill la Kill (che non ho ancora visto ma che il figlio maggiore ha molto lodato) e di Gurren Lagann (che ho adorato). Si tratta di una pellicola ad alto tasso di adrenalina, con moltissime scene di azione e combattimenti così veloci che i miei occhi anziani a tratti faticavano a seguirli. Trama un po' prevedibile da un certo punto di vista – ma non voglio dire troppo per non spoilerare – che però cattura l'attenzione e porta lo spettatore a fare il tifo per i nostri eroi. Prevedibile anche l'happy ending che in questo genere di storie è scontato. Mi è piaciuto senza entusiasmarmi, probabilmente perchè il ritmo così concitato impedisce un maggiore approfondimento dei caratteri che risultano piuttosto stereotipati.

lunedì 10 febbraio 2020

due piccioni con una fava


Sabato ho avuto una giornata intensa perchè è capitata la coincidenza di dover fare ben due cose in quel di Bologna. Che poi "dovere" non è la parola giusta, visto che me le sono scelte al fine di divertirmi. La giornata è cominciata con la visita al Nerd Show, manifestazione alla quale non avevo mai partecipato. Quando sono arrivata alla fiera c'era una notevole fila alla biglietteria, però io avevo acquistato il biglietto online e quindi sono entrata subito, cosa che mi ha permesso di iniziare la visita dei padiglioni in tutta calma.


Mi sono divertita molto ad ammirare i lavori fatti con le costruzioni Lego; purtroppo non avevo con me la macchina fotografica e con il telefonino non riesco a rendere la bellezza e la complessità delle cose che ho visto.


Il Nerd Show ha gli elementi tipici di una classica fiera del fumetto, quindi venditori di fumetti, videogiochi, gadgets vari, eccetera. Io però mi ero già spesa tutta la paghetta lo scorso novembre a Lucca e quindi più che altro sono andata in giro a curiosare.


Mi è sembrata ben nutrita la presenza di illustratori, per non dire che erano anche molto più a portata di mano che a Lucca, dove a volte tocca di sgomitare ferocemente per potersi anche solo avvicinare a uno stand.

vuoi che non approfitti dello stand di Zakurafood per assaggiare qualche dolce giapponese?

Ho anche avuto la gradita sorpresa di incontrare nuovamente la brava a simpatica Linda Lercari, del cui libro Kaijin avevo parlato QUI. Con Linda ho fatto due chiacchiere e ho acquistato un altro suo lavoro del quale parlerò in seguito.


Esauriti gli stand e saziato lo stomaco, mancavano ancora due ore abbondanti al mio impegno successivo e quindi mi sono recata al palco degli spettacoli per vedere che cosa passava il convento. Sono riuscita a sentire la parte finale del concerto dei Cartoni Adirati, gruppo che credo sia di recente formazione e che propone sigle di cartoni in versione punk rock. Tra quelle che ho sentito c'era la mitica Daitarn 3.


Ho invece sentito per intero l'intervista ad Andrea Lorenzon, l'autore del canale youtube Cartoni Morti. Confesso che non seguo questo canale, anche se il figlio piccolo a volte mi ha fatto vedere alcuni dei suoi video. Lorenzon mi è sembrato una testa pensante e il suo discorso sulle scimmie che lanciano noccioline mi ha fatto ridere; devo tenermelo a mente nel caso mi dovessi mai trovare qualche troll sul blog ^___^

con fogli e spugnette a portata di mano per il laboratorio di Muciaccia

Dopo di lui doveva esserci Giovanni Muciaccia, mitico conduttore di Art Attack, ma purtroppo era molto in ritardo e io dovevo andare, quindi sono riuscita ad assistere solo alla distribuzione di carta, tempere e spugnette per il laboratorio che sarebbe seguito.


Il mio impegno successivo era dietro l'angolo, infatti non ho fatto altro che uscire dalla fiera e fare due passi per entrare al Teatro  EuropAuditorium ed assistere al musical The Full Monty. Si tratta della versione italiana del musical tratto dall'omonimo film; lo vidi alla sua uscita e ricordo che mi piacque molto. Tra l'altro fu il film che regalò popolarità a Robert Carlyle, fino ad allora relativamente poco noto. Anche questo musical è stato molto divertente, abbiamo riso un sacco e sulla scena dello strip-tease finale il pubblico si è immedesimato al punto da fare un tifo da stadio. Devo dire che sono contenta di aver deciso di darmi al musical, l'esperienza è certamente da ripetere.

immagine elaborata per motivi di privacy

Il viaggio di ritorno l'ho fatto in compagnia di Daenerys e John ^__^

sabato 8 febbraio 2020

Jojo Rabbit


Se devo dire la verità, la prima volta che ho sentito parlare di questo film con protagonista un bambino che ha come amico immaginario Hitler ho storto il naso. Non faccio parte di quelle persone che credono che ci siano argomenti sui quali non si possa mai e in nessun caso ridere perchè con tutto quello che mi è successo in vita mia, se non avessi avuto il mio senso dell'umorismo  e l'ironia a tenermi a galla, addio. Perciò alla fine ho vinto la mia reticenza anche grazie alle molte recensioni positive lette in giro. Che dire: il film mi è piaciuto molto. L'inizio, a partire dalla sigla con le folle esaltate, è semplicemente esilarante, e anche se poi prende una piega più seria, non mancano mai situazioni e battute che fanno ridere. Il ragazzino protagonista, Roman Griffin Davis, è bravissimo e lo stesso regista Taika Waititi che fa la parte di Hitler mi ha fatto troppo divertire. Insomma, questo film è la chiara dimostrazione che si può dare una lezione di storia seria anche attraverso l'ironia e la risata. In generale mi pare che prevalga un'atmosfera quasi da favola e il finale è consolatorio, ma nel senso migliore del termine: non è una di quelle smancerie che si vedono a volte, ma un vero inno alla vita, alla ritrovata libertà e alla voglia di abbracciare il futuro.

giovedì 6 febbraio 2020

se non vedi vie d'uscita, tanto vale che te la godi


Non sono una che getta la spugna, però obiettivamente esistono situazioni in cui non si può fare altro che restare a guardare e attendere gli eventi. A volte penso che sarei stata una di quelli che continuarono a ballare mentre il Titanic affondava - posto che ciò risponda a verità e che non sia l'ennesima leggenda metropolitana. Ma insomma ci siamo capiti, no? Se devo restare ad aspettare eventi sui quali non ho la minima influenza, tanto vale che inganni il tempo piacevolmente. Questa comunque è una cosa che ho dovuto imparare, è stata una questione di sopravvivenza. Per carattere non accetto di non poter far niente, però anni fa sono arrivata al punto di dover scegliere tra la mia sanità mentale e l'arte della rassegnazione. Ha prevalso l'autoconservazione. E per fortuna, perchè quella lezione non l'ho mai dimenticata e ciclicamente mi tocca di rimetterla in pratica. Così in questi giorni sono qui che attendo gli eventi. Non è facile tenere a bada preoccupazione e rabbia, ci riesco solo con l'allenamento. Ripeto il mantra: pensa a qualcosa che ti faccia felice e falla.  

martedì 4 febbraio 2020

una cosa tira l'altra

Non ricordo più se è venuto prima l'uovo o la gallina, ovvero se prima ho visto che a Milano facevano il musical Priscilla la Regina del Deserto o se quando in autunno ho deciso di dedicarmi a musicals e operette ho cercato che cosa passava il convento. Sia come sia, non ho avuto alcun dubbio e ho preso subito il biglietto, dopodichè è saltato fuori che volevano venire anche i miei figli, cosa che mi ha riempito di gioia perchè ora che sono grandi non capita spesso di fare qualcosa insieme. A Milano vado sempre volentieri così sono partita di mattina in modo da avere davanti parecchio tempo prima dello spettacolo. 

quando un po' di Giappone sbarca a Milano ad opera dei cinesi: l'okonomiyaki di Maido

A questo giro però non avevo molta voglia di fare la turista nè di aggirarmi a fotografare seriamente, invece ho deciso di fare un po' di shopping. Subito dopo essere sbarcata in stazione e aver mollato lo zainetto in hotel infatti sono andata in Piazza Gae Aulenti a farmi un giro da Muji. Avevo adocchiato una camicia, ma non ci entravo, così mi sono consolata con un paio di quaderni. Da lì sono andata in zona Duomo ed è finita che la camicia l'ho presa all'Oviesse, che è meno esotico ma ha taglie più adatte al mio sederone. Intanto si era fatta ora di pranzo e, anche per avvicinarmi al Mudec (dove volevo visitare le mostre), sono sbarcata a Porta Genova e sono andata a mangiare l'okonomiyaki da Maido, in Via Savona 15.


Al Mudec c'erano ben tre mostre che mi interessavano, per fortuna c'era un biglietto cumulativo scontato. Non sapevo che avessero aperto una collezione permanente dedicata al Giappone; è proprio da quella che ho cominciato. Questa parte era dedicata ai rapporti tra Italia e Giappone, a partire dalla prima ambasceria di giovanissimi giapponesi convertiti al cristianesimo che vennero in Italia nel 1585, per concludersi con parte della collezione di oggetti acquistati dal conte Lucini Passalacqua che si recò in Giappone nel 1871 e realizzò poi un museo privato presso la propria villa.


L'altra esposizione era dedicata invece alle influenze artistiche giapponesi sull'arte europea, concentrandosi principalmente sull'arte italiana e francese. Decisamente questa mostra è una parente stretta di quella sul giapponismo che ho visto a Rovigo qualche mese fa.


Per combinazione, al Mudec era ospitata anche una mostra di fotografia di Elliott Erwitt che è uno dei miei fotografi preferiti, quindi non potevo certo farmela scappare. Di Erwitt ho sempre amato l'ironia e al contempo la capacità di produrre foto ad alto impatto emotivo, e difatti non sono rimasta delusa nemmeno questa volta e vedere (o rivedere) i suoi scatti è stato un grande piacere.



Malgrado avessi fatto un piccolo intervallo tra una mostra e l'altra bevendo un caffè e mangiando una fetta di torta al cioccolato, cominciavo a essere un po' stanca, e tuttavia avevo ancora alcune ore davanti e quindi ho raggiunto Pasini 1922 in Viale Tibaldi 3, una cartoleria storica specializzata in carta e articoli per la legatoria. Poichè ultimamente mi stanno frullando in testa alcune idee da realizzare, prima di partire mi ero documentata un po'. Fino a qualche anno fa nella mia città c'era una cartoleria molto ben fornita di carta di tutti i tipi, ma ovviamente ha chiuso; perchè non approfittare della mia gita a Milano, allora? Da Pasini 1922 ho preso tre fogli di carta e ho lasciato un pezzo di cuore perchè c'erano delle cose troppo belle. 



A quel punto sono andata in hotel per ricaricare le pile in vista della serata; tra l'altro la notte prima di partire avevo anche dormito pochissimo. Ci voleva proprio un riposino! Sono poi tornata fuori dove, dopo una pizza veloce e una ventina di minuti sull'autobus, ho raggiunto il Teatro degli Arcimboldi per recuperare i biglietti e mi sono messa ad aspettare l'arrivo dei figlioli. Priscilla la Regina del Deserto è un film che amo e che ho rivisto più di una volta; il musical è un adattamento semplificato della trama del film, con delle splendide coreografie, dei costumi da urlo (che spesso riproducono fedelmente quelli del film) e una serie di classici della disco music - e non solo - che fin dalle prime note facevano impazzire il pubblico. Mi sono divertita davvero moltissimo e ho apprezzato la grande bravura degli interpreti; anche i figli hanno gradito.


non ho incontrato gatti veri, solo questo su un muro XD

La mattina dopo mi sono svegliata ancora di buon umore e ho affrontato le ultime ore prima di riprendere il treno verso casa. Ancora una volta sono andata a botta sicura perchè mi ero documentata. Prima tappa la Libreria Libet in via Terragio 21; si tratta di una libreria che vende solo libri usati. Non avevo in mente nessun titolo in particolare e come al solito sono andata a naso pescando tre volumi dagli scaffali del tutto a € 3. Mi sono poi avviata con calma di nuovo verso zona Duomo, facendo una prima sosta alla Libreria Rigadritto in via Brera 6, dove ho lasciato il secondo pezzetto di cuore. C'erano delle cose meravigliose! Lì però ero entrata più che altro per curiosare, oltre che per cercare del washi tape che però non avevano, così dopo aver girovagato un altro pò nei dintorni, sono andata alla Rinascente trovando finalmente quello che cercavo (la mia cartoleria di fiducia qui in città di washi tape ne ha poco e quello che ha non mi entusiasma). E poi basta, fine dei giochi e inizio del viaggio di ritorno in treno...

domenica 2 febbraio 2020

un mese in quattro foto: gennaio


Uno dei lavori di Riccardo Zangelmi che mi è piaciuto di più è questo dei due bambini che giocano a nascondino.


Ho finalmente usato di nuovo le formine per biscotti a forma di gatto, era da un secolo che non lo facevo!


Restando in argomento felino, questo è uno dei gatti della mia amica A. Bello e socievole, ha solo la brutta abitudine di piantare le unghie negli stinchi degli ospiti di quando in quando XD


Ecco una delle sei sedie che ho montato tutta da sola. Non era difficile, ma io mi esalto con poco e quindi sono stata molto orgogliosa di me stessa.