Questo mese ho letto parecchio, del resto in inverno sto molto in casa. In realtà so bene che dovrei muovermi di più, fare una passeggiata ogni tanto, se non tutti i giorni, ma è andata così. E' anche vero che sono stata meno tempo su Netflix e quindi ne ho avuto di più da dedicare ai libri. I libri letti in parte arrivano da mercatini o dal book-crossing, in parte dalla biblioteca.
Fiammeggiante come un pappagallo, la donna guizzava lungo la via. Un impermeabile leggero, stinto dalle intemperie in una gamma di toni verde pastello, la fasciava stretto in vita sopra i fianchi dall'ondeggiante ritmo e lasciava intravvedere attraverso una strappatura una gonna di panno giallo sdrucita; bastava uno sguardo per accorgersi che lo strappo non era recente e capire che quella pigra di una sciattona ignorava l'uso dell'ago.
Shabby Tiger è il secondo romanzo del gallese Howard Spring; pubblicato nel 1934, è una storia che ho trovato divertente, anche se mi rendo conto che Spring fosse serio quando l'ha scritta. Divertente perchè i libri datati sono spesso pieni di accadimenti che destano scandalo, o meglio, che lo destavano all'epoca della loro pubblicazione, mentre ai nostri giorni tutto questo scandalo non sarebbe. D'altro canto, poiché l'essere umano è sempre quello da che popola il pianeta terra, le pulsioni, le azioni e le emozioni sono le stesse. Altra cosa che mi ha divertito è lo stile; la traduzione è scorrevole e piacevole, tuttavia non mancano termini ed espressioni che ora non useremmo mai. La copia in mio possesso è del 1955 e proviene dalla libreria di book-crossing di Portico di Romagna. La tigre del titolo è Nick Faunt, un giovane pittore rampollo di ricca famiglia che se n'è andato di casa diciottenne dopo che il padre l'aveva costretto a sposare la fantesca che aveva messo incinta; la ragazza però aveva perso il bambino ed egli aveva preferito l'indigenza a uno stile di vita imposto. Nick ha molto talento ma non è ancora famoso, anche perchè il suo carattere orgoglioso lo tiene lontano da tutte le fonti di guadagno che prevedono qualche genere di compromesso. Nella sua vita entrano due donne, Rachele e Anna. La prima è un'arrampicatrice sociale – e mi è stata profondamente antipatica – la seconda è una ragazza madre che s'innamora di lui a prima vista. Se Nick da principio sembra attratto da Rachele, finisce per sposare Anna. Nel mezzo ci sono molti personaggi al quale viene dedicato abbastanza spazio da rendere il tutto un racconto corale.

Di chi sono i ricordi? So di ricordare cose che non ho mai visto, che non avrei mai potuto vedere, che si compirono prima, persino molto prima della mia nascita. Eppure anche questi ricordi mi appartengono, sono miei.
Questo bel romanzo autobiografico a firma di Diego Lanza – persona a me sconosciuta che, m'informa la quarta di copertina, è un esimio grecista – si concentra sugli anni dell'infanzia. Siamo nell'Italia ancora in guerra, e poi nell'immediato dopoguerra. La madre di Lanza, ebrea, è morta quand'egli aveva quattro anni, la nonna è stata deportata dai fascisti e lui è stato spedito a nascondersi a casa di amici in via precauzionale; il padre stesso se ne va prontamente di casa dopo la prima visita delle SS. Finita la guerra, ricomincia una parvenza di vita normale, con la scuola e tutto ciò che fa parte della vita di un ragazzino. Lanza ce lo racconta con una prosa allo stesso tempo erudita e confidenziale, come se stesse rivangando i ricordi davanti a un bicchiere di vino e noi fossimo amici che l'ascoltano parlare. Non sapevo che cosa aspettarmi da questo breve romanzo e l'ho concluso col desiderio che durasse ancora, il che è un buon segno. Confesso di averlo prelevato dalla biblioteca solamente per via del gatto del titolo poiché mi è venuto un nuovo capriccio, ovvero di leggere libri con questa caratteristica, anche se non vorrei farlo intenzionalmente, bensì affidarmi alla solita serendipity. L'idea del resto mi è venuta quando pesca i miei soliti libri da cassonetto e di gatti nel titolo me ne sono capitati sotto gli occhi ben tre.

La domenica 9 ottobre 1927 Mussolini inaugurava a Roma la prima mostra del grano, Il giorno dopo, lunedì, Evelindo Nasazzi, a Dervio, metteva sottoterra Animella Carlini, quarantasei anni, la sua prima moglie.
In quel di Bellano a questo giro si parla della costituenda banda cittadina. O meglio, del tentativo di costituirla, perchè se andasse tutto liscio non ci sarebbe molto da dire, mentre Vitali imbastisce un divertente teatrino nel quale appaiono suonatori dalle mogli manesche, ragionieri con troppi figli e ragazze dalle tette troppo grosse. Sullo sfondo dell'Italia fascista – dettaglio che in questo caso diventa importante per la trama – si muove la solita umanità che questo scrittore sa ritrarre così bene, rendendo ogni personaggio vivo davanti agli occhi del lettore. Questi romanzi dal tono leggero che mi fanno sempre sorridere sono l'ideale in questo periodo nervoso e poco felice.
Mi ero fatto sette mesi. Sette mesi infernali in una cella umida, con un paio di teppisti per compagni, una ruvida divisa di stoffa grigia ed un appariscente numero cucito sul petto.
Lo confesso, questo è un altro di quei libri che ho preso per la copertina. E' un'edizione del 1962 e si tratta più di un lungo racconto che di un romanzo. Giallo in stile hard-boiled, narra di un uomo appena uscito di prigione e in cerca di lavoro che si propone quale aiutante di un investigatore privato e, per dimostrare quanto vale, si offre di ritrovare alcuni gioielli rubati. Tuttavia quello che crede essere un caso facile svela un giro di ricatti che coinvolge un personaggio disposto a tutto pur di non farsi scoprire, in quanto ad un certo punto a sua volta è finito ricattato da una delle sue vittime. Storia che di legge in breve tempo e che è divertente, se non memorabile.
OGGI CHIUSO.
«O bestia!» mormorò l'uomo.
Era almeno un mese che non aveva una bella balla da raccontare in casa per uscire tranquillo, senza destare sospetti, e andarsene a Lecco, e adesso trovava chiuso!
Con tanti romanzi scritti, è inevitabile che la qualità non possa essere eccelsa in tutti e così ho trovato questo libro un po' sottotono rispetto al solito. Nella solita Bellano alcune lettere anonime scritte in versi sembrano denunciare il comportamento scorretto di un membro eminente della cittadina. I carabinieri si mettono a investigare, anche se in realtà hanno altro per la testa. Per esempio, il maresciallo Maccadò è appena diventato padre ed ha realizzato con orrore di aver chiesto il trasferimento, mentre sua moglie ha appena espresso il suo apprezzamento per Bellano. Il brigadiere e l'appuntato sono più impegnati a mettersi reciprocamente i bastoni tra le ruote che a svolgere il loro lavoro, e intanto da Lecco chiedono informazioni su un personaggio ambiguo. Scoppia anche un'epidemia di morbillo nel casino e si ammalano sia le puttane che i clienti; non mancano come al solito parroco e perpetua. Insomma, il tutto risulta comunque gradevole ma secondo me non all'altezza di altre storie con più verve e con personaggi più originali.

L'isola era un ammasso di rocce scure, sperdute nell'oceano sconfinato. I venti di tutto il mondo la colpivano, e le onde percorrevano tre quarti di giro del globo per scagliarsi rumorosamente contro la riva.
The Monster from Earth's End è del 1959 e il suo autore ha il merito di essere stato l'inventore degli universi paralleli, a quanto mi dice Wikipedia. Questo romanzo invece ha una trama piuttosto classica, ovvero lo scontro tra un gruppo di uomini e un essere mostruoso. Siamo su di un'isola sperduta nell'oceano Pacifico che ospita una piccola comunità in quanto la sua posizione è strategica per chi viaggia verso l'Antartico. La notizia dell'arrivo di un gruppo di uomini in licenza riempie di eccitazione gli abitanti che non vedono l'ora di un po' di svago e di chiacchiere con qualche faccia nuova; purtroppo però l'aereo in avvicinamento comincia a comportarsi in modo strano e quando finalmente atterra (per meglio dire, si schianta), all'interno si trova solo il pilota che subito si suicida. Qual è il motivo del suo gesto e dove sono finite le altre persone che erano a bordo? Sarà compito del comandante della base di Gow Island chiarire il mistero mentre cerca di salvare la pelle sua e dei suoi colleghi. Storia ben scritta e con una sottotrama romantica forse per sdrammatizzare il tutto, The Monster from Earth's End si è rivelato una lettura molto piacevole, capace di tenere con il fiato sospeso in attesa della rivelazione finale. Per uno scafato lettore dei giorni nostri non c'è niente di davvero sorprendente poiché si sono già viste/lette cose simili, ma come già detto in passato conta molto la maniera in cui una storia è narrata e non solo la sua l'originalità, a parte che nel 1959 probabilmente c'era anche l'elemento originalità. La mia copia l'ho raccattata a un mercatino di beneficenza e anche se non è impeccabile la conserverò.

Il pomeriggio sembra sereno, ma il tempo è sul chi vive. Il signor Watanabe si fruga nelle tasche come se gli oggetti assenti fossero sensibili all'insistenza.
Andrés Neuman ha scritto un lavoro eccellente. Normalmente non lancio aggettivi tanto altisonanti, ma era da un po' che non leggevo un romanzo che parlasse così profondamente al mio animo – al mio kokoro. Il protagonista della storia, Yoshio Watanabe, è doppiamente sopravvissuto alla bomba atomica: quella di Hiroshima, dove si era recato col padre, e quella di Nagasaki, per aver perso il treno che lì doveva riportarlo. Allevato dagli zii di Tokyo, Yoshio non riesce mai a superare completamente il trauma e al contempo rifiuta di essere considerato una vittima. Esorcizza il suo passato viaggiando; si trasferisce prima a Parigi per studiare, poi negli Stati Uniti, in Argentina e infine in Spagna. In ognuno di questi paesi ha una storia d'amore e il libro alterna il racconto di come le sue donne l'hanno conosciuto al presente di Yoshio, ambientato nel 2011 a partire dal disastro del terremoto/tsunami/disastro nucleare in Giappone. Quest'ultimo accadimento per Yoshio è un punto di svolta, l'occasione di guardare finalmente in faccia i suoi demoni e di cercare di ricomporre la sua frattura. Neuman dice molto non solo sul Giappone, ma anche sui paesi dove Yoshio ha vissuto e sugli avvenimenti in essi accaduti, così come dice molto sui vari rapporti di coppia. La sua scrittura oltretutto è particolare, evocativa, ed è stato un vero piacere perdersi tra le sue frasi. Insomma, ho chiuso le letture del mese in bellezza con questo libro.