lunedì 30 aprile 2018

aprile vagabondo


Aprile è uno dei miei mesi preferiti, nonchè uno di quelli che prediligo per viaggiare, quindi anche quest'anno me ne sono andata parecchio a zonzo da sola e in compagnia. Dopo le abbuffate memorabili di Pasqua e Pasquetta, col marito abbiamo passato un pomeriggio al mercatino di Villanova di Bagnacavallo dove ho investito la folle cifra di € 15 in tre libri vintage e una cartolina di inizio novecento (quest'ultima da sola ne è costata 10, ma si tratta di una vera chicca). I libri invece li ho presi più che altro perchè mi piacevano le copertine, ma prima o poi li leggerò anche. A seguire la gita sul delta del Po di cui ho già detto e una breve visita a Castrocaro Terme per una mostra che interessava a lui (io mi sono consolata con il gelato). 


La gita più importante è stata naturalmente quella di sei giorni a Parigi, tornata dalla quale ho avuto giusto il tempo di disfare e rifare la valigia per poi ripartire per il Far East Film Festival di Udine. Sono riuscita a vedere 19 film, non male se consideriamo che l'ho fatto in tre giorni e mezzo. La sopravvivenza è stata un po' problematica, visto che quest'anno sono riusciti a mettere i film che mi interessavano sempre a ora di pranzo e di cena, cosa che mi ha costretto a mangiare a orari strani, ma come al solito ne è valsa la pena. Invece avrei preferito non farmi fuori la mano destra mentre, prima di ripartire, chiudevo la valigia...

un famoso scatto di Fulvio Roiter

Sulla via del ritorno ho fatto sosta a Venezia perchè, essendo il Pinhole Day, volevo fare qualche scatto; la tempistica è stata piuttosto infelice visto che, oltre che domenica, era pure un ponte e quindi dire che c'era la folla in delirio corrisponde al vero. Per fortuna so dove infilarmi per stare tranquilla anche in questi frangenti. Dopo un ottimo pranzo all'Osteria L'Orto dei Mori, in Campo dei Mori 3386, che ho voluto concedermi come compenso dei pasti veloci e spartani fatti a Udine, sono andata a visitare la mostra dedicata a Fulvio Roiter presso la Casa dei Tre Oci. 

Ho anche proseguito, benchè più a rilento, con lo sgombero della vecchia casa, del resto non vedo perchè dovrei fare le corse, visto che i preventivi non sono ancora stati fatti, l'architetto deve ancora finire il progetto da presentare in Comune e all'ufficio tecnico mi stanno facendo vedere i sorci verdi perchè non gli va bene niente di quello che vogliamo fare. Li mortacci loro.


venerdì 27 aprile 2018

Beauty and the Beast


Non so se ho già raccontato la mia teoria, ovvero che più mi tocca stare coi piedi per terra nella vita quotidiana, più tendo a rifugiarmi nel fantastico nel tempo libero. Ecco quindi che mi sono vista l'ennesima serie che di realistico ha poco. Si tratta del rifacimento di una serie omonima andata in onda alla fine degli anni Ottanta e ispirata a La Bella e la Bestia; qui il riferimento alla favola in qualche modo c'è, ma l'ho trovato vago. Delle quattro stagioni che la compongono di certo la migliore è la prima, anche se ha continuato a raccogliere premi e nomination pure durante le successive. Protagonisti sono una giovane detective della polizia di New York e un medico, ex-militare, che è stato sottoposto ad un trattamento sperimentale atto a trasformarlo in un super-soldato e che ha quindi diversi poteri speciali. Egli però vive in clandestinità perchè c'è chi vuole eliminare tutte le bestie come lui. I due dovranno quindi affrontare un'infinita serie di nemici e di pericoli per riuscire finalmente a vivere felici e contenti. La serie è certamente godibile anche se non rientra tra le mie preferite; verso la fine ho cominciato a non poterne più sia delle continue minacce che si presentavano sia dell'invincibilità del team composto dai protagonisti e dai loro amici. Con questo non voglio dire che mi augurassi la morte di qualcuno dei personaggi principali, solo che ho trovato un po' ripetitivo il tutto.

martedì 24 aprile 2018

april in Paris - quinta parte


Domenica, mio penultimo giorno a Parigi, avevo appuntamento alla Gare du Nord con Patrycja, una mia amica di penna storica che avevo già incontrato altre volte anche in passato. Lei in realtà vive vicino a Dunkerque ed è venuta a raggiungermi per trascorrere insieme la giornata. Non avevamo impegni particolari a parte andare a visitare una mostra al Museo del Quai Branly, per cui ci siamo avviate molto tranquillamente a piedi, chiacchierando e facendo alcune soste strategiche, tra le quali quella per pranzo che abbiamo consumato all'aperto nel Giardino delle Tuileries, presso la dependance del Cafè des Marroniers.


Cammina cammina, siamo finalmente arrivate al museo e abbiamo visitato la mostra dedicata all'inferno e ai demoni dell'Asia: Enfers et fantômes d’Asie. Ci siamo molto divertite perchè la mostra non solo era interessante dal punto di vista artistico, ma aveva anche un lato pop in quanto venivano mostrati spezzoni di film a tema infernale e cose simili.




Accompagnata Patrycja a riprendere il treno per casa, ho poi fatto volta verso avenue Daumesnil 217 per cenare a  Le 217 Brasserie Restaurant, cena conclusa in gloria con una crème brûlée commovente.


Il giorno dopo dovevo tornare a casa, ma siccome l'aereo era nel pomeriggio, avevo a disposizione ancora qualche ora per godermi Parigi. Ho trovato un'altra meta rilassante, ovvero il Canal Saint-Martin. Persa la vocazione commerciale, al momento vi transitano solo battelli turistici, ma io me lo sono fatto a piedi, godendomi una zona poco frequentata dove ho incontrato anche dei bellissimi murales.


Arrivata in fondo ho realizzato che avevo ancora un po' di tempo, ma non sapevo bene cosa fare; mentre ci riflettevo, ho preso la metropolitana in direzione del mio albergo e, dovendo cambiare a Opéra, sono scesa e ho deciso che mi meritavo l'ultima coccola prima di affrontare la trafila metro-navetta-aereo-navetta-treno: dolcetto e cappuccino presso il Café de la Paix. Non ho preso però nessuna delle torte della foto qui sopra: quelle costavano in media € 16 a fetta!!

lunedì 23 aprile 2018

april in Paris - quarta parte


Il quarto giorno del mio viaggio è stato quello più turistico. Al mio risveglio pioveva: non tanto da farmi venire voglia di tornare a letto, ma abbastanza da dover usare l'ombrello. Ho deciso di scegliere qualcosa da fare al chiuso ed ho optato per le catacombe. Nell'uscire dalla metropolitana, benchè fosse prima dell'orario di apertura, ho trovato una lunga fila di persone davanti all'ingresso. Fare la coda è una cosa che cerco di evitare ogni volta che posso, ma poichè non mi veniva in mente nient'altro da fare sul momento, ho deciso di aspettare; è finita che sono stata in fila la bellezza di due ore! 


Devo dire però che la visita valeva la pena, anche se non è consigliata a chi è facilmente impressionabile o claustrofobico. Si tratta infatti di aggirarsi per una serie di tunnel scavati nel sottosuolo che, a partire dalla fine del Settecento, ospitano i resti di circa sei milioni di parigini rimossi dai cimiteri perchè non c'era più posto per seppellire i nuovi morti. Le ossa, inizialmente gettate come venivano, sono poi state disposte in maniera estetica; sarà, ma la vista di queste fila sterminata di ossa ha rafforzato la mia convinzione di farmi cremare.


Dopo essere uscita a riveder le stelle, per così dire, ho notato con gioia che aveva smesso di piovere e ho deciso che mi meritavo un premio per consolarmi di una mattina improduttiva (quelle due ore sprecate in fila, che rabbia!), così ho fatto rotta verso Julien, in rue du Faubourg Saint-Denis 16. Si tratta di un locale storico di origini piuttosto antiche, il cui attuale aspetto è art nouveau ed è quindi una gioia per gli occhi, oltre che per il palato. Me ne sono infatti andata estremamente soddisfatta del pranzo.


Finalmente mi sono diretta al cimitero di Montparnasse, che però non mi ha entusiasmato perchè l'ho trovato più fighettino degli altri due. Sono riuscita comunque a trovare alcune tombe interessanti e a farmi quasi rimorchiare. Certo che solo i parigini possono invitare a prendere il caffè una Guchi che si aggira per un cimitero!


Che cosa si fa tipicamente di sabato pomeriggio? Shopping, naturalmente! Ovvero: di solito sto chiusa in casa a trafficare con lo scanner o a stirare, ma ero pur sempre a Parigi, vuoi non andare a fare shopping? E che cosa si può comprare a Parigi? Qualcosa di Dior, Louis Vuitton, Pierre Cardin? Ma no, qualcosa di giapponese, ovviamente. Difatti, invogliata dai manifesti pubblicitari che vedevo in giro, sono stata alla Fnac di rue de Rennes che ospitava un distaccamento di Uniqlo: trattasi di una catena di abbigliamento che in Giappone va per la maggiore. Dopo aver fatto razzia di pellicole istantanee Fuji e Impossible Project alla Fnac, ho iniziato la mia vasca tra i vestiti, decisamente molto carini e colorati, della Uniqlo e ho finito per scegliere un paio di pantaloni e una T-shirt da provare senza troppe aspettative visto che il mio girovita fatica a entrate nelle taglie standard. Invece, surprise: i capi mi andavano a pennello. 


A quel punto era doverosa una sosta in albergo a mollare un po' di roba, dopodichè ho deciso di andare alla Défense a finire un paio di rullini. E' stata poco più che una toccata e fuga, a dire il vero.


Conclusione di giornata ancora una volta a mangiare crêpes - questa volta in stile parigino - e una buona zuppa di cipolla presso La Petite Bouclerie di Rue de la Harpe 33. La zona era molto animata, vista anche l'altissima concentrazione di locali, difatti dopo cena ho fatto altri due passi che mi hanno portato davanti alla Maison Georges Larnicol dove, solo per curiosità, lo giuro, ho acquistato quattro deliziosi macarons di gusti diversi che mi sono poi sgranocchiata in albergo.

venerdì 20 aprile 2018

april in Paris - terza parte


Anche durante il terzo giorno ho camminato un sacco; ho esordito con il cimitero di Montmartre che mi sono goduta in tutta pace in quanto non c'era quasi nessuno. Un po' meno affascinante del Père Lachaise, ma comunque meritevole di essere visitato. Mentre ero lì il sole è uscito in tutta la sua gloria ed è rimasto a farmi compagnia per tutto il giorno.


Merito suo se mi sono potuta godere al meglio la visita del Jardin des Plantes in tutta la gloria della fioritura primaverile. Tuttavia il vero motivo per cui mi sono recata lì è che volevo visitare la Galerie de Paléontologie et d'Anatomie comparée.


No, non ho improvvisamente sviluppato un interesse per la scienza, è solo che avevo letto che questo museo è interessante perchè contiene una grandissima collezione di scheletri di animali; quelli più piccoli sono disposti nelle vetrine laterali, ma quelli grandi si trovano tutti raccolti al centro del grande salone e appaiono come un esercito in marcia contro il visitatore. Questa è stata sicuramente una delle cose più divertenti che ho visto in questo viaggio.


Intanto però a questa vertebrata era venuta fame e così mi sono diretta alla ricerca del Bistro des Augustins; la sera prima avevo controllato su Google Maps e pareva che la distanza fino a Quai des Grands Augustins 39 non fosse eccessiva, invece ho dovuto camminare un sacco per arrivarci, ma ne valeva la pena. Il locale è piccolino ed ha un'aria molto datata, il che costituisce il suo fascino; la specialità è il gratin, proposto in diverse varianti; il mio aveva formaggio di capra e carne d'oca, ed era delizioso. Molto apprezzata anche la colonna sonora anni Ottanta.


Meno male che a pranzo mi ero ben rifocillata, visto che mi attendeva un pomeriggio tosto. Cammina cammina, sono andata ad ammirare tre gallerie commerciali: la Galerie Vivienne del 1823, la Galerie Véro-Dodat del 1826 e il Passage Choiseul del 1827. Mi sono piaciute tutti, ma forse ho preferito quest'ultimo; tra l'altro in quella zona c'era una concentrazione altissima di ristoranti giapponesi e coreani.


Era ancora presto, quindi ho deciso di recarmi al Palais de Tokyo, che di giapponese ha solo il nome e ospita mostre di arte contemporanea. Confesso che di quest'ultima mi frega ben poco, ma sono entrata comunque perchè ogni tanto bisogna pur fare qualcosa di diverso, no? Col senno di poi ho fatto molto bene perchè vicino al bookshop si trovava un Photoautomat e, siccome non vi so resistere, mi sono fatta i soliti quattro scatti di rito. Tra le mostre che ho visto, mi è piaciuta quella minimalista di Massinissa Selmani.


Interessante il lavoro di Kader Attia e Jean-Jacques Lebel che si sono focalizzati sui rapporti tra noi e gli altri: non quelli positivi, ma la visione degli altri come terroristi da temere o come nemici da umiliare. Non proprio allegro, soprattutto l'installazione con le immagini di Abu Ghraib.


C'era anche un omaggio a Georges Wolinski, famoso fumettista perito durante l'attentato alla redazione di Charlie Hebdo nel 2015; il giorno successivo incapperò nella sua tomba al cimitero di Montparnasse.


Il Palais de Tokyo si affaccia sulla Senna e da quel lato sono uscita; peccato che fosse tutto sbaraccato perchè sotto restauro. Dalla Passerelle Debilly lì vicino c'era una bellissima vista delle Tour Eiffel. Mi sono incamminata sul lungofiume del lato opposto, confidando di trovare una fermata della metropolitana a breve, e invece no; mi sono trascinata fino al  Pont des Invalides e di lì ancora al Pont Alexandre III, quest'ultimo pieno di coppie cinesi in abito da cerimonia che si facevano la foto ricordo del matrimonio, fino a che, preso un autobus per la disperazione, sono sbarcata alla benedetta fermata della metropolitana.


Avessi avuto un conbini di fianco all'hotel, probabilmente avrei concluso la giornata sgranocchiandomi un bento, ma Parigi val bene un'ulteriore scarpinata e così sono andata di nuovo a cena in Rue de Charonne, questa volta al civico 64, dove da Chez Gladines mi sono fatta fuori una scodella di trippa alla basca davvero notevole.


giovedì 19 aprile 2018

april in Paris - seconda parte


Le previsioni davano pioggia, ma non si capiva bene in quale momento della giornata, perciò mi sono scelta una meta al coperto: la Galleria nazionale dello Jeu de Paume. L'apertura però era alle 11, così per ammazzare il tempo (sono abbastanza mattiniera anche quando viaggio) me ne sono andata a spasso per il Giardino delle Tuileries, a quell'ora ancora quasi deserto, a parte la camionata di cinesi che si è riversata all'improvviso, ha scattato foto convulsamente mentre passava e poi è sparita, probabilmente diretta al Louvre.


Alla galleria erano in corso due mostre fotografiche, molto diverse tra loro ma ugualmente interessanti. La prima era dedicata a Raoul Hausmann, artista e fotografo, uno dei fondatori del dadaismo. Mi sono piaciuti in particolare i nudi scattati sulla spiaggia per via dei forti chiaroscuri.


Belle anche le foto di Susan Meiselas, fotografa che non esito a definire audace sotto diversi aspetti: non solo ha scattato durante la guerra civile in Nicaragua, ma si è occupata anche di spogliarelliste e dominatrici.


Vista la vicinanza con la galleria, ho deciso che anche il mio secondo pasto a Parigi meritava di svolgersi in una location adeguata ed ho così raggiunto Angelina, storico locale sulla rue de Rivoli, che dal 1903 dispensa dolcezze (e conti salatissimi). Sono stata fortunata perchè non ho dovuto fare la fila per mettermi a sedere, ho aspettato giusto un minuto; il mio pranzo ha compreso i due cavalli di battaglia, ovvero la cioccolata in tazza (apprezzatissima anche da Audrey Hepburn) e il dolce di castagne Mont Blanc. Ci sono occasioni in cui dire addio a una cinquantina di euro non crea alcun rimpianto e questa è stata una di quelle.


Nel frattempo non si era ancora vista una goccia di pioggia, perciò ho pensato di recarmi al cimitero Père Lachaise; ovviamente ha cominciato a piovere non appena sono arrivata. C'è da dire però che era giusto una pioggerella e che non mi ha impedito di gironzolare e fare foto. Non sono andata a caccia di tombe famose, quanto piuttosto di quelle fatiscenti e abbandonate. Tornando verso l'uscita mi sono imbattuta in un assembramento di persone, molte di più di quelle che sarebbero state presenti a un normale funerale, così ho chiesto lumi a una signora che mi ha detto che si trattava della cerimonia per il cantante Jacques Higelin.


Mentre la pioggia continuava a cadere, sono sbarcata alla stazione di Abbesses per vedere il Mur des je t'aime che però non mi ha detto granchè; si tratta di un murales sul quale c'è scritto ti amo in 250 lingue diverse. La mia opinione non era evidentemente condivisa da tutti quelli che se ne stavano in fila per farsi la foto davanti ad esso. Ho vagabondato un po' per i dintorni perchè trovo il quartiere di Montmartre pittoresco, almeno fino a quando non si cade preda dei ritrattisti e dei venditori ambulanti, e già che c'ero sono salita fino alla basilica del Sacro Cuore dove però pioggia e bruma impedivano la vista del panorama (ma c'era chi faceva foto comunque...). Sono anche scesa, riuscendo di nuovo a perdermi, ma questo mi ha permesso di passare per la zona del mercato di Saint-Pierre; il mercato non c'era, ma mi sono comunque divertita passando davanti ai negozi di stoffe (tutta la strada è formata solo di quelli). 


Dopo una breve sosta ritemprante in albergo, sono andata a caccia della Crêperie Bretonne fleurie de l'épouse du marin in Rue de Charonne 67, locale piccolo e molto carino specializzato in crêpes in stile bretone. Ho apprezzato parecchio anche il sidro.

mercoledì 18 aprile 2018

april in Paris - prima parte


Un giorno pensavo: come saranno i cimiteri di Parigi? A parte che lo dovrei sapere perchè anni fa al Père-Lachaise c'ero stata, solo che a quell'epoca non ero interessata all'arte funeraria come lo sono ultimamente e quindi non ne conservo ricordi particolari. Insomma, da cosa nasce cosa, di farmi una gita in primavera ne avevo anche voglia e i quattro giorni previsti all'inizio sono diventati sei per via del fatto che volevo viaggiare a orari umani e non tutti i giorni c'erano voli adatti ai miei gusti. Lo so, sono sacrifici, ma io mi sacrifico sempre volentieri in questi casi. 


Siccome a Parigi ci sono stata più di una volta e i compiti li avevo già fatti, a questo giro ho deciso di fare piuttosto la barbona: andare dove mi portava l'ispirazione del momento prediligendo posti che non avevo ancora visto, preferibilmente lontano dagli assembramenti dei turisti. Dopo un viaggio di andata che tutto sommato è andato bene, a parte la bambina indemoniata sull'aereo che attaccava a strillare con quanto fiato aveva in gola a intervalli di cinque minuti e l'italiota sulla navetta che incarnava perfettamente il motivo per cui quando sono all'estero evito come la peste i miei connazionali, a volte fingendo addirittura di essere straniera, ho deciso di inaugurare il mio soggiorno parigino con una tranquilla passeggiata tra il verde, godendomi la primavera lungo la Coulée verte (o Promenade plantée). Si tratta di una strada pedonale sopraelevata adibita a giardino, uno di quei posti dove ci si può rilassare leggendo su una panchina. Di turisti non ce n'erano, solo parigini spalmati a godersi il sole o intenti a fare jogging, inoltre alberi e aiuole erano in piena fioritura: una meraviglia sotto tutti i punti di vista, insomma. 


Prima di partire mi ero fatta una lista di posti dove mangiare e ce ne sarebbe stato uno in quella zona, ma erano solo le 18 e di tempo per girare ce n'era ancora, tra l'ora legale e il fatto che a nord fa buio più tardi, allora sono andata sul classico raggiungendo Notre-Dame. Non sono entrata, me la sono goduta nella luce calda di fine giornata, dopodiché ho raggiunto Place Dauphine. Mi ha colpito subito l'assenza di erba; la terra battuta si spiegava col fatto che diversi gruppi di persone stavano giocando a bocce. Ecco un altro posto con pochi turisti, prevalentemente ad uso e consumo dei locali. Dopo aver gironzolato un po' tentando di fotografare i giocatori, ho notato che si era fatta ora di cena. Quando ho cercato di geolocalizzarmi sulla mappa off line che mi ero scaricata a casa, ho scoperto che la app era una ciofeca e non mi trovava; a quel punto però senza una cartina non mi era possibile nemmeno trovare il ristorante dove volevo andare, così ho approfittato di uno che si affacciava sulla piazza e che sfoggiava il certificato di eccellenza di TripAdvisor, segno sicuro che male non avrei mangiato. Difatti al Restaurant Paul ho mangiato benissimo e ho ricevuto un conto altrettanto eccellente, ma via, era la mia prima cena a Parigi dopotutto! 


Non ancora desiderosa di concludere la giornata, avendo felicemente ciuppato la connessione a non so chi mentre ero al ristorante, ho raggiunto senza perdermi la libreria anglofona Shakespeare & Company; si tratta di una libreria storica fondata negli anni Venti per la quale hanno transitato molti personaggi famosi. E' stato un gran peccato che non si potesse fotografare all'interno visto che era molto pittoresco; mi sono consolata comprando un libro vintage dalla buffa copertina che è stato opportunamente marchiato col timbro del negozio, e sono infine tornata in albergo, riuscendo anche a perdermi perché ho usato un'uscita diversa della metro e non mi raccapezzavo più sulla direzione. Sono collassata finalmente a letto, stravolta ma soddisfatta. 



sabato 14 aprile 2018

La miglior vita - Fulvio Tomizza


La mano mi trema come in quel lontano mattino di Pasqua, quando mio padre occupato con le due messe e la benedizione delle uova mandò me, sui dodici anni, a versare l'acquasanta nei quattro cantoni della parrocchia per preservarla dalla grandine estiva. Nella boccetta dell'acqua, battezzata il giorno avanti nella tinozza ai piedi della fonte, aveva aggiunto una lacrima del cero pasquale, un pezzetto di ostia rimasta pane in sagrestia, un filo d'oro strappato al piviale e uno d'argento caduto dalla pianeta. Continuavo a tremare mentre lui in calzoni, coi mustacchi gialli riconsacrava, e per me profanava, l'acqua con la quale ci si segna in fronte.

Ottimo ma non facile romanzo, questo. Mi è piaciuto molto, eppure a tratti ne ho trovato ostica la lettura. Presumo dipenda dal fatto che quasi sempre Tomizza pare rivolgersi a gente come lui, così la gente come me, che è sempre vissuta in un territorio omogeneo e lontano da confini, fatica a comprendere le implicazioni dello stare a cavallo della frontiera, mescolata a genti di lingua e cultura diverse, uguale eppure aliena, amica ma pronta a diventare nemica se opportunamente manipolata. La storia è raccontata in prima persona dal sagrestano Martin che succede al padre nell'accudimento della parrocchia e dei vari parroci che vi si avvicendano nel corso degli anni. Attraverso i racconti della vita quotidiana assistiamo alla Storia, quella che ha la S maiuscola perchè modella e sconvolge le esistenze degli uomini. Tomizza sa quel che dice, dal momento che nacque in un villaggio istriano, e nelle sue pagine si sentono sia l'amore che il dolore per quella terra.

mercoledì 11 aprile 2018

Il ponte degli assassini - Arturo Pérez-Reverte


Due uomini si battevano nella luce incerta dell'alba, stagliati contro il grigio chiarore che si diffondeva lentamente da est. L'isola - in realtà poco più di un isolotto - era piccola e piatta. Le sue rive, messe a nudo dalla bassa marea, sfumavano nella bruma che la notte aveva lasciato dietro di sé dando l'impressione di un paesaggio irreale, come se quel pezzo di terra nebbiosa fosse parte stessa del cielo e dell'acqua.

Avevo fatto la conoscenza del Capitano Alatriste diversi anni fa, alla lettura del romanzo omonimo. Ne era stato tratto anche un film e francamente non ricordo molto nè dell'uno nè dell'altro, anche se ne devo avere avuta un'impressione positiva, visto che quando mi è capitato di dover scegliere un libro in regalo l'occhio mi è caduto subito su questo. Difatti non mi ha deluso. Pérez-Reverte è più vicino alle atmosfere di Carlos Ruiz Zafón che a quelle di Ildefonso Falcones: malinconico e con un tocco dark. L'ambientazione veneziana di questo libro pare accentuare questi due aspetti. Alatriste, con quel nome che pare un destino, viene ingaggiato insieme ad altri per partecipare a una congiura che dovrebbe consegnare Venezia in mano agli Spagnoli; tutto viene organizzato al meglio, ma il destino ci metterà lo zampino. Romanzo di cappa e spada dove c'è più intrigo che azione, ma il tutto risulta gradevole e avvincente.

domenica 8 aprile 2018

un Po di Gnocca


Quando eravamo stati a Porto Garibaldi a febbraio, avevamo notato una motonave che offriva gite sul delta del Po e così, annotatici il numero di telefono, ci eravamo ripromessi di approfittarne. L'occasione si è presentata sabato scorso e la cosa è andata così bene da far quasi paura (la mia paranoia dice che c'è sempre un prezzo da pagare, quindi se qualcosa va molto bene mi aspetto la botta di rimando): tempo splendido, temperatura ottimale, poca gente. Ci siamo presentati puntuali all'attracco e dopo una mezz'oretta siamo partiti.



La prima visita è stata agli allevamenti di cozze che si trovano al largo della costa e che si distinguono grazie alle numerose boe. Il capitano ha avvistato dei pescatori di sua conoscenza e dopo poco la nostra barca e la loro si sono quasi sfiorate per permettere di prendere a bordo un sacco di cozze appena raccolte che sono state poi cucinate per pranzo e mangiate con molte lodi poichè erano davvero deliziose.


A seguire il capitano si è diretto verso il Po di Gnocca, uno dei rami in cui il fiume si suddivide in prossimità del delta, ramo che si dovrebbe chiamare più finemente Po della Donzella, ma donzella e gnocca in fondo sono lo stesso concetto XD Non è arrivato ad avvisarci che in questa stagione la navigazione in questi corsi d'acqua è resa molto difficoltosa dai banchi di sabbia che eccoci allegramente arenati! Mentre lui cercava di liberarsi, il suo secondo ci dirigeva tutti prima a poppa, poi a prua, poi di nuovo a poppa per cercare di sfruttare il peso delle nostre persone. Per fortuna si era un gruppo assortito di taglie XL, per giunta di buon carattere, così ci siamo tranquillamente spostati avanti e indietro confidando che, nella peggiore delle ipotesi, avremmo aspettato l'alta marea.


Sbloccata l'imbarcazione, abbiamo risalito per un po' il braccio del fiume, salutando i vecchietti che ingannavano il tempo pescando, e siamo quindi tornati verso il mare passando accanto alla Sacca di Scardovari dove si reggono ancora in piedi i ruderi di un casamento agricolo, l'unico rimasto dopo che, a causa della subsidenza, il mare ha inondato quelli che erano campi coltivati.



A quel punto siamo stati scaricati sull'isola dell'Amore, che ospita il faro di Goro - molto importante per la navigazione in quella zona - e una spiaggia piena di tronchi, bottiglie di plastica e schifezze varie che però pare sia di grande interesse naturalistico. La libera uscita era di appena mezz'ora, quindi dopo aver pascolato sulla sabbia a raccogliere conchiglie (il marito) e a scattare foto (indovinate) siamo tornati alla nostra motonave dove ci attendeva un ottimo pranzetto; oltre alle cozze di cui ho già detto, ci siamo fatti fuori due piatti di risotto alla marinara a testa, fritto misto con verdure (bis anche di quello) e pure la ciambella, il tutto annaffiato da un bianco che qualcuno ha definito birichino perchè in effetti andava giù bene e ha messo tutti di ottimo umore e in vena di chiacchiere.