sabato 31 marzo 2018

marzo pazzerello


Il primo marzo, invece delle avvisaglie della primavera, sono arrivati gelo, neve e raffiche di vento dalla Russia. Per un paio di giorni pareva di stare sul set di Frozen, ma solo una settimana dopo sul balcone della cucina al sole c'erano 21°: alla faccia degli sbalzi di temperatura... Il tempo è stato molto incostante per tutto il mese e il termometro non ha fatto che andare su e giù.


Per esempio, il giorno che sono tornata a Milano a trovare i miei amici la pioggia non ci ha dato tregua; considerando anche il ritardo di 78 minuti del treno all'andata (causa guasto sulla linea) non è stata una delle mie gite migliori, però lo scopo era fare delle chiacchiere e non del turismo e quindi è andata bene anche così. Dopo un'ottima pizza, siamo stati quasi sempre alla Triennale, dove abbiamo ammirato la bella mostra fotografica Artico, Ultima frontiera, gli abiti di un tale Rick Owens (mai sentito nominare, ma decisamente scocomerato), alcuni lavori di Peter Demetz, una installazione di fotografie intitolata Mi ricordo la strada e una retrospettiva sul lavoro di Ettore Sottsass. Insomma, ho imparato qualcosa di nuovo perchè il mondo del design mi è sconosciuto.



Sono stata a Bologna per ben tre volte; la prima è stata in occasione del concerto dei Franz Ferdinand e mi sono limitata a quello, la seconda sono andata a farmi un giro fotografico al cimitero monumentale della Certosa, seguito dalla visita della piccola mostra dedicata a Utagawa Kunisada, nonchè da un ottimo pranzo presso l'Osteria dell'Orsa di Via Mentana. Al cimitero mi ha attaccato bottone una signora anziana che mi ha raccontato la storia della sua vita o quasi, mentre all'osteria è partita una divertente conversazione in italiano, inglese e francese tra me, la signora francese che mi sedeva accanto e il ragazzo della Basilica che avevo di fronte poichè, come in un'osteria di una volta, ci si siede tutti alla stessa tavola per riempire ogni posto. Sulla via della stazione, visto ero in anticipo per il mio treno, ho perso tempo ad un mercatino delle pulci e alla fiera del libro, resistendo alla tentazione di comprare qualcosa e procurandomi invece alcuni numeri di telefono di espositori: visto che sto sgombrando casa, chissà che non riesca a vendere qualcosa!



La terza gita a Bologna è stata dedicata a due mostre, una di cui sapevo da un paio di mesi e una appena inaugurata. Giappone. Storie d’amore e guerra è ospitata Palazzo Albergati e l'ho trovata eccellente; i pezzi esposti sono bellissimi e c'è pure una saletta dedicata agli shunga. La gran parte della mostra è composta da ukiyo-e, alcuni dei quali anche contemporanei (e non meno belli); ho avuto la fortuna di godermi il tutto in santa pace perchè c'era poca gente. La seconda mostra invece era a Palazzo Pallavicini e dedicata a Vivian Maier; avevo già visto una sua mostra a Milano perciò mi aspettavo di rivedere più o meno la stessa roba, anche se non mi importava perchè quando qualcosa mi piace non mi stanco mai di rivederla; invece quasi tutte le foto esposte erano diverse. A questo giro il pranzo l'ho fatto alla Trattoria Osteria Buca Manzoni di Via Manzoni, locale più elegante e di conseguenza più salato dell'altro, ma comunque ottimo, mentre la sessione fotografica si è consumata tra Piazza Maggiore e Via Pescherie Vecchie.

Devo dire che è stato un mese bello tosto e impegnativo, visto che quando non ero a zonzo ero a sgombrare casa o a conferire con muratori, idraulici, falegnami, elettricisti, architetti, ecc. La cosa buffa è che mi è sembrato lunghissimo; strano, avrei detto che a essere così indaffarati il tempo dovesse passare più velocemente.

mercoledì 28 marzo 2018

God's own country


John vive con la nonna e il padre reso disabile da un ictus, mandando avanti senza alcun entusiasmo la fattoria di famiglia. Si consola con l'alcool e il sesso occasionale, ma cova rancore per la propria condizione. Nel periodo della nascita degli agnelli, il padre assume uno stagionale rumeno come aiutante, e tra lui e John scoppia la passione, anche se la relazione si complica a causa della promiscuità di John. Paragonato a Brokeback Mountain, questo film ha ricevuto molte acclamazioni dai critici, vincendo pure diversi premi. A me è piaciuto, ma non certo tanto quanto a suo tempo mi piacque Brokeback Mountain; quello era molto più emotivo. Questo God's own country a mio parere ha soprattutto il merito di mostrare un mondo diverso da quello iperveloce e iperattivo della città: si tratta di una dimensione rurale che appare quasi aliena, sospesa fuori dal tempo, un mondo di fatica difficilmente ripagata e di lavoratori stranieri tanto disprezzati quanto indispensabili. Il personaggio di John lentamente passa dalla rabbia e dalla frustrazione alla tenacia che gli viene dall'aver trovato una persona che ama e che lo ricambia, che è poi tutto ciò di cui chiunque ha bisogno ad un certo punto della propria vita. Per questo la vicenda sentimentale diventa quasi allegorica; la storia tra i due pare funzionare proprio finchè è vissuta lontano da tutto e da tutti, ma poi diventa il motore della speranza e del duro lavoro. Un film certamente valido, tanto più che si tratta di un esordio.

lunedì 26 marzo 2018

Altered Carbon


Non avendo modo di fare paragoni con il romanzo dal quale è stata tratta, a me questa serie è piaciuta. Non da strapparmi i capelli, ma sicuramente meritevole della visione. Siamo in un futuro in cui agli uomini è concesso di essere immortali, a patto di essere abbastanza ricchi da permetterselo, questo perchè è stato trovato il modo di racchiudere la coscienza delle persone, ciò che ci fa essere noi stessi, in un piccolo dispositivo che può essere impiantato in qualunque altro corpo. Dunque chi se lo può permettere produce cloni del proprio corpo e fa regolarmente il back up della propria coscienza; per tutti gli altri ci sono vari gradi. E' naturalmente ancora possibile morire, basta distruggere il dispositivo. In questo contesto si muove il protagonista, Takeshi Kovacs, appena risvegliato dopo 250 anni di stand by, l'equivalente di una condanna in prigione. Egli viene inserito nel corpo di un poliziotto a sua volta in stand by e viene assunto da uno dei ricconi potenzialmente immortali per indagare sulla propria morte, avvenuta prima che fosse eseguito il back up, motivo per cui l'uomo non ricorda chi l'ha ucciso. In realtà tutto sembra puntare in direzione di un suicidio, non fosse che lui afferma categoricamente di non essere il tipo da farlo. L'indagine porta alla luce altri crimini, ma al di là della vicenda in sè ho trovato molto interessante la costruzione di un mondo di tale specie, che è poi il motivo per cui mi piace la fantascienza. In effetti ce n'è abbastanza per farmi venire voglia di leggere il libro.

sabato 17 marzo 2018

always ascending


Indovinello: abbiamo due baldi giovani di 20 e 23 anni e una casalinga cinquantaduenne. Chi è che va al concerto dei Franz Ferdinand? Esatto! A proposito dei miei gruppi preferiti ho sempre detto che finchè loro sono in grado di suonare, io sono in grado di andare ai concerti, anche se in questo caso parliamo di gente più giovane di me. I Franz Ferdinand sono uno dei pochi gruppi che ho seguito con costanza e i cui album non mi hanno mai deluso; li avevo già visti a Ferrara alcuni anni fa e li avevo trovati così bravi che mi ero ripromessa di non farmeli più sfuggire. Stavolta mi è andata di lusso perchè erano a Bologna, quindi comodi da raggiungere in treno e autobus (ovvero: comodi nel senso che i mezzi pubblici ci sono, perchè ritrovarsi come al solito in situazioni da trasporto bestiame è tutt'altro che comodo...). Al Palasport di Casalecchio sono riuscita a imbucarmi con due succhi di frutta in brick perchè hai voglia di controllare zaini e borse a meno di non farli rovesciare tutti, il modo di fare del contrabbando si trova sempre. Mi ero già sbarazzata della bottiglietta d'acqua e mi scocciava di pagare il triplo qualunque bevanda avessi preso all'interno. Per la fortuna delle mie ginocchia anche dentro la sorveglianza era approssimativa e alcuni settori delle gradinate erano vuoti; io avevo il mio bravo posto assegnato e ci sono anche andata, poi dopo cinque minuti ho realizzato che in quelle condizioni non ci potevo resistere, visto che l'ampiezza degli spazi era stata progettata sulle misure dei bambini dell'asilo, dunque se volevo evitare di ritrovarmi i giorni seguenti con le ginocchia gonfie e doloranti occorreva passare al piano B. Inizialmente ho pensato di vagare o sistemarmi altrimenti fino all'inizio del concerto; ho trovato dei comodi termosifoni (per fortuna spenti) e poi, quando ho sentito le note del breve concerto del gruppo di supporto (il duo elettronico italiano I'm not a blonde) mi sono affacciata sulle gradinate scoprendo appunto i molti posti vuoti. Ho deciso di rischiare; mi sono accomodata sulla prima fila, comoda per poter stendere le gambe, pronta a tornare al mio posto nel caso fosse arrivato il legittimo detentore di quel sedile. Invece non solo non è venuto nessuno a reclamarlo, ma anche altre persone si sono spostate dove preferivano senza che nessuno venisse a brontolare, così come nessuno è intervenuto quando, a concerto iniziato, ci siamo alzati in piedi appoggiandoci alla balaustra. Ad altri concerti si era sorvegliati a vista e non si poteva lasciare il proprio posto, per dire. Con queste premesse, mi sono potuta godere la musica con tutti gli agi. I Franz Ferdinand hanno suonato per un'ora e mezzo, alternando i nuovi brani ai vecchi successi, soprattutto quelli del primo album, e trascinando il pubblico in cori e balli. Alex Kapranos era in ottima forma, anche se stava meglio bruno, e la mia schiena si è comportata meglio del previsto, considerato che non sono certo riuscita a stare ferma (nè zitta). Alla fine sono riuscita a toccare il letto verso le due di notte; il giorno dopo mi sentivo come se mi fosse passata addosso una mandria di bisonti, ma ne è valsa la pena.



giovedì 15 marzo 2018

Nevicava sangue - Eraldo Baldini


C'è odore di temporale. Da ponente arrivano folate prepotenti d'aria quasi fredda, che fa rabbrividire l'erba in un fremito nervoso. E quando arriva il vento, non c'è un ostacolo che possa fermarlo o rallentarlo. Può correre libero e veloce perchè ci sono ampie praterie, spazi aperti in cui l'occhio si perde fino a orizzonti che sembrano disegnati da un unico tratto di penna.

La campagna di Russia vista attraverso gli occhi di un contadino romagnolo. Francesco è un uomo semplice, vedovo con una figlia piccola e una madre a carico, che viene convinto dal padrone ad arruolarsi al posto del proprio figlio, con la promessa che la sua famiglia sarebbe stata protetta e che, al ritorno, gli sarebbe spettata una ricompensa in terre. Seppur riluttante, Francesco accetta e si ritrova, insieme a centinaia di migliaia di altri soldati, a marciare verso una clamorosa disfatta e alla carneficina. Miracolosamente scampato, giunto a casa scopre che il padrone non ha affatto mantenuto le promesse e... Basta, ho detto anche troppo. Più che la cronaca di una guerra, questa è la cronaca di uno sfacelo, di una sopravvivenza che appare impossibile, in condizioni di vita estreme e con il nemico che non dà tregua. Non c'è nulla di epico nè di glorioso, c'è solo l'insensatezza. Una lezione che trasuda da ogni guerra, ma che tanto nessun uomo impara mai.

lunedì 12 marzo 2018

New blood


Questa serie della BBC mi è piaciuta molto e spero che non si fermi a una sola stagione. I protagonisti sono due giovani agenti, uno di polizia, l'altro dell'ufficio antifrode, che hanno in comune il fatto di essere di origine straniera. Di certo le cose sono un po' più facili per il polacco Stefan che non per l'iraniano Arrash in quanto il suo capo lo stima, mentre Arrash viene affiancato a un detective di mezza età che passa la maggior parte del tempo a brontolare e che non sembra affatto entusiasta di lavorare con lui. I due sono ugualmente ambiziosi e desiderosi di riuscire bene nel loro lavoro, però finiscono sempre per mettersi nei pasticci - quasi sempre per colpa di Stefan che trascina Arrash in indagini non autorizzate. Al di là dei casi trattati, mi è piaciuta appunto questa coppia che, come nella migliore tradizione dei buddy movie, è formata da due caratteri molto diversi ma complementari, così come mi è piaciuta l'idea di avere affidato il ruolo di protagonisti a due immigrati di seconda generazione. A me piace la prospettiva di un futuro così, alla faccia di tutti quelli che invece non riescono nemmeno a immaginarlo.

venerdì 9 marzo 2018

Once upon a time (c'era una volta)


La prova definitiva che mi sono bevuta il cervello è l'aver guardato questa serie. Pensare che ne ho ignorato l'esistenza fino a poco fa, fino a quando un commento di una mia conoscente su Facebook mi ha incuriosita; una volta che la mia curiosità è stuzzicata, è fatta. Comunque se me ne sono vista sei stagioni vorrà dire che non mi ha fatto schifo, giusto? Adesso sono alle prese con la settima che è un caso a sè stante e che secondo me se la potevano risparmiare. Questa è una serie minestrone in cui gli autori hanno infilato di tutto e di più: personaggi delle favole classiche, personaggi dei film della Disney, personaggi fantastici in generale e, come se non bastasse si sono pure divertiti ad alterarne il carattere, oltre che le storie. Così i cattivi diventano buoni e viceversa. Vero è che simili premesse sarebbero la ragione per cui caso mai una serie così non mi verrebbe molta voglia di vederla, invece la formula ha funzionato, pur con alti e bassi (inevitabili man mano che le stagioni aumentano). Tutto ha inizio quando Emma si trova davanti un ragazzino che dice di essere suo figlio; in effetti lei a diciotto anni ha partorito e dato il bambino in adozione, la cosa davvero strana è che il bambino afferma che tutti gli abitanti della città in cui vive sono vittime di una maledizione e che solo lei li può salvare. Emma, che sarebbe figlia di Biancaneve e del Principe Azzurro, non crede a una sola parola e ce ne vorrà prima che si convinca che è tutto vero. La serie è realizzata molto bene ed è sicuramente ideale per gli appassionati di un certo tipo di fantastico. A me è piaciuta senza entusiasmarmi, nel senso che mi ha coinvolto abbastanza da farmi desiderare di sapere come sarebbe andata a finire (bene quasi per tutti, ovviamente: non è una favola?), ma che non mi ha preso come altre cose. Temo che la continua ricerca del vissero felici e contenti non sia nelle mie corde: è da un pezzo che ho smesso di crederci XD

martedì 6 marzo 2018

sono tornato


Quale momento migliore per vedere questo film se non il pomeriggio di domenica, quando ancora non avevo idea di quali sarebbero stati i risultati delle elezioni? Ero comunque curiosa di vederlo fin da quando ho saputo della sua uscita. Si tratta del rifacimento italiano di una pellicola tedesca, nella quale a tornare ovviamente non è Mussolini, ma Hitler; la versione italiana la riprende molto fedelmente. Il presupposto è appunto che un bel giorno il duce si materializza a Roma; un giovane regista di belle speranze ma scarse prospettive lavorative lo porta in giro per l'Italia, caricando poi i filmati delle sue esternazioni su Youtube. Forte delle moltissime visualizzazioni ottenute, lo presenta alla stazione televisiva presso cui lavora e subito Mussolini ottiene un proprio programma diventando popolarissimo. Tutto pensano si tratti solo di un attore molto compreso nel proprio ruolo; le sue sparate politicamente scorrette ottengono il plauso della gente. La sua stella declina quando viene reso pubblico un video in cui spara a un cane, ma grazie all'astuzia di una presentatrice riuscirà a tornare sulla cresta dell'onda. Questo film non posso dire che mi sia piaciuto, anche se ha avuto i suoi momenti. Non ho capito bene nemmeno dove vuole andare veramente a parare, ovvero se si tratta di pura satira o se vuole fare riflettere sui pericoli del neofascismo quando non sui problemi del nostro Paese. Ci sono momenti di pura comicità, un paio di scene drammatiche (la migliore è certamente quella della nonnina sopravvissuta ad Auschwitz), e lo stesso protagonista, ovvero il duce, a tratti sembra una macchietta, la caricatura di sè stesso, a tratti invece si prende anche troppo sul serio. Insomma, non mi sembra che il progetto sia molto ben riuscito, anche se ho trovato agghiacciante la prospettiva che offre.

domenica 4 marzo 2018

la corsa agli Oscar

Bene, avevo detto che l'avrei fatto e con santa pazienza (nel senso che un paio di film altrimenti non li avrei proprio mai guardati) mi sono vista tutti i film in corsa per i prossimi premi Oscar. Prima le recensioni e poi il mio personalissimo parere (quelli visti tempo fa sono QUI e QUI).



Questo è un film sul coraggio di pubblicare notizie scomode ben sapendo quello che si rischia facendolo. Siamo nel 1971, il presidente americano è Nixon e la guerra in Vietnam procede tra  il crescente dissenso dell'opinione pubblica. Ecco che al New York Times prima e al Washington Post poi capitano tra le mani i Pentagon Papers: uno studio esaustivo di migliaia di pagine che approfondiscono nel dettaglio gli interventi americani in Vietnam dal 1945 al 1967, azioni chiaramente controproducenti soprattutto alla luce del fatto che la guerra veniva portata avanti al 70% solo per evitare una sconfitta umiliante. Pubblicare significava inimicarsi il governo, che difatti trascinò i giornali in tribunale. I giornali però alla fine la spuntarono, ma Nixon reagì malamente, di fatto scavandosi la fossa da solo, perchè diede il via alle intercettazioni che portarono allo scandalo Watergate. E' un film da grossi nomi: regia di Steven Spielberg, protagonisti Meryl Streep e Tom Hanks. A me è piaciuto, come sempre mi piacciono le storie di coraggio, tanto più che qui si parla di libertà di stampa in un periodo -mi riferisco al presente - in cui questa appare minacciata su più fronti, non ultimo quello dell'auto-censura. Una pellicola quindi che merita di essere vista e apprezzata sia per la storia che racconta che per la grande professionalità di chi l'ha realizzata e recitata.



Di questo film avevo sentito dire meraviglie fin dalla sua uscita e forse il problema sta proprio qui: che uno sente dire meraviglie e poi se le aspetta pure. Invece. Oddio, il film mi è piaciuto, è certamente un prodotto molto godibile, però non mi è sembrato un capolavoro. Abbiamo un coppia mista, lei bianca e lui nero. Dopo qualche mese dall'inizio della loro relazione, lei lo invita a passare il week-end dai proprio genitori; l'accoglienza è delle migliori, anche se la presenza di una giardiniere e di una cuoca di colore destano nel ragazzo una certa inquietudine. E' la prima delle cose strane che in seguito nota, fino a quando non scoprirà di essere caduto nelle mani di una coppia di medici pazzi che, con l'aiuto della figlia, rapiscono ragazzi neri e impiantano nei loro corpi i cervelli di facoltosi bianchi anziani o malati che vogliono continuare a vivere. Detta così sembra ancora peggio di com'è stata, mi sa. Ad ogni modo, il film vorrebbe essere una denuncia del razzismo nell'America contemporanea, ma secondo me finisce per prevalere il lato horror.



Un bel film questo di  Guillermo del Toro, regista di fama che però conosco pochissimo (mi sono fermata a Il labirinto del fauno), film dalla dimensione fiabesca, a tratti onirica. E' la storia di Elisa, una donna muta che lavora come addetta alle pulizie in un laboratorio di ricerca; qui lentamente fa la conoscenza di un umanoide anfibio che è stato catturato in Sudamerica e che viene studiato, nonchè spesso abusato da un ambizioso funzionario. Elisa riesce a comunicare insegnandogli il linguaggio dei segni e infine lo aiuta a fuggire. Una pellicola ben riuscita, come dicevo, che però non brilla per originalità (la trama è del tutto prevedibile) e che tuttavia vale la pena di essere vista se non altro per l'ambientazione dark e un po' fatiscente. Non sono riuscita però a scrollarmi di dosso la sensazione che sia tutto un po' troppo perfettino e studiato per piacere.



Questa è la storia di un rapporto malato tra un famoso stilista e la sua molto giovane moglie. Malgrado l'ottimo Daniel Day-Lewis e gli altri bravi attori, e malgrado mi sia piaciuta l'ambientazione (e anche i costumi, ovviamente) mi sono annoiata un bel po' a vederlo. Forse non ero in serata, forse è una storia talmente lontana dalle mie corde che ho finito per non riuscire ad apprezzarla. Mi rendo conto che tra questa e La forma dell'acqua, che tratta ugualmente di un rapporto amoroso, c'è un abisso. Mentre La forma dell'acqua in fondo è un film rassicurante, fatto per piacere e che non può non piacere, questo sembra procedere fregandosene di tutto, nel senso che credo sia più difficile apprezzarlo perchè è estremamente difficile riconoscersi nei protagonisti o desiderare di identificarsi con loro, ma forse questo potrebbe essere anche il motivo per cui la critica lo considererà superiore. La sottoscritta probabilmente si associa.



Ecco un film che non sarei andata a vedere se non fosse stato per questo progetto, ma adesso che l'ho visto non posso che parlarne bene. Ambientato nel 1940, ha come protagonista un Churchill appena eletto primo ministro che si trova ad affrontare la possibile disfatta dell'esercito inglese. Difatti più di 300.000 soldati si trovano bloccati sulla spiaggia di Dunkerque, con alle spalle l'esercito tedesco e davanti il mare privo di soccorsi per vari motivi. La situazione è talmente grave che Chrchill si fa quasi convincere a tentare la via del trattato con Hitler, usando Mussolini come mediatore, ma ci sono casi in cui vale la pena usare l'istinto più che la ragione, e difatti la storia gli ha dato ragione. Non so se le cose sono andate esattamente come mostrate nel film, ma il tutto mi ha emozionato. L'interpretazione di Gary Oldman poi è magistrale. Tra l'altro questo film risulta complementare a quel che segue. 



Anche questo film non lo avrei voluto vedere. In passato ho guardato diversi film di guerra, ma in questo periodo non ho voglia di deprimermi, tutto qui. Comunque sia, ha avuto senso vedere Dunkirk dopo Darkest Hour perchè qui vi si mostra ciò che stava accadendo mentre Churchill lottava con gli altri ministri e con la propria coscienza. Dunkirk è sicuramente una pellicola valida, che però per i miei gusti risulta un po' impersonale per via della scelta di portare avanti in parallelo diverse linee narrative. La cosa di per sè non sarebbe grave e difatti la tensione non manca, quello che manca è un protagonista (o più di uno) che provochi l'empatia dello spettatore.

Conclusione: dopo aver visto tutti e nove i film candidati, non ho il minimo dubbio. Se fosse per me, il vincitore sarebbe Tre manifesti a Ebbing, Missouri. Adesso sono curiosa di vedere chi sarà effettivamente premiato. Francamente preferisco concentrarmi su questo risultato piuttosto che su quelle delle elezioni, visto che almeno questo non mi procurerà nè ansia nè desideri di omicidio/suicidio XD



venerdì 2 marzo 2018

un mese in quattro foto: febbraio


L'ultima nata in casa Lomographic Society si chiama Lomo'Instant Square ed è appunto una macchina per foto istantanee. Ne è stata finanziata la produzione tramite Kickstarter, il che mi sembra una buona idea perchè almeno è possibile capire se esiste un potenziale di vendita oppure no. Oddio, di solito la Lomographic Society non ha problemi a vendere la qualunque, mentre io da tempo non compro macchine di quel marchio. In questo caso invece ho fatto un'eccezione in quanto, anche se ho già altre macchine istantanee, questa racchiude tutte le caratteristiche che desideravo, con in più il bonus di scattare con pellicole marca Fuji che sono garanzia di buona riuscita. E sono pure quadrate (ho il pallino delle foto quadrate).



Silverio, gloria culinaria locale, è andato in pensione. Il suo canto del cigno è stata la rubrica settimanale che ha tenuto per tutto l'anno scorso sul giornale locale. Vi illustrava ogni volta una sua ricetta. Noi ne abbiamo provato un paio che ci ispiravano, l'ultima delle quali questa deliziosa ciambella ai pistacchi che, visto quanto costano questi ultimi, occorre fare un mutuo per realizzarla. Le indicazioni sulla cottura erano vaghe, per cui è rimasta troppo morbida al centro, quindi presto la rifaremo perchè era troppo buona!



Come già detto, ho passato il mese a svuotare armadi. A causa dei problemi con la schiena, l'ho fatto in molte brevi rate, e tuttavia i risultati si sono visti perchè sono riuscita a svuotarne ben quattro. Al momento non ho fatto una cernita seria perchè ci avrei messo troppo tempo e avevo fretta di svuotare, per cui (quasi) tutto è finito in cantina in attesa di ulteriore selezione. E le cose che non ho trovato...



Anche se da altre parti d'Italia di neve ne è venuta parecchia, qui da me l'annunciata buriana di febbraio si è risolta con un paio di centimetri. Freddo, quello sì c'è stato, ma alla fin fine siamo in inverno e le temperature che hanno destato tanta costernazione sono quelle che diversi anni fa c'erano normalmente. Il fatto è che negli ultimi tempi abbiamo avuto degli inverni così miti che ce lo siamo dimenticati.