Ecco, ci risiamo: è di nuovo Natale. Per chi è solo come me, più che una festa è un funerale. Non posso fare a meno di desiderare un Natale in famiglia oppure tra amici, con la gioia di scambiarsi i regali e la sorpresa di aprirli, e con un pranzo di quelli esagerati che quando ti alzi da tavola rischi di ribaltarti, sbilanciato dal peso della tua pancia. Invece no: è Natale e sono sola, e mi cominciano a girare le palle fin dal momento in cui mi alzo da letto.
D'accordo, guardiamo ai vantaggi della situazione: non devo mettermi in tiro. Non devo nemmeno stare a cambiarmi, se per questo, infatti mi piazzo sulla mia poltrona preferita con indosso pigiama e vestaglia, e mi metto pure la coperta sulle gambe, visto che nella sala fa piuttosto freddo. Osservo l'albero e mi chiedo che cosa l'ho fatto a fare. Abitudine, immagino. L'anno prossimo mi sa che mi risparmio la fatica. Mi metto a leggere; ho iniziato da poco un romanzo piuttosto voluminoso e mi ci vorrà un bel po' prima di arrivare alla fine, inoltre al momento la trama non mi ha ancora preso più di tanto, e difatti, tempo mezz'ora, mi ritrovo con la palpebra pendula, col tutto che sono sveglia da poco. Non c'è niente da fare; faccio scivolare il sedere in avanti, poggio le gambe sul tavolino e la nuca sulla schienale della poltrona e mi abbiocco. E sogno.
La baita è piccola ma confortevole; esce un filo di fumo dal camino e io me ne compiaccio perchè fuori si sono almeno quindici gradi sotto zero e quindi non vedo l'ora di infilarmi dentro a scongelarmi la punta delle orecchie. Tutto intorno il bosco è coperto dalla neve e brilla al punto che fatico a tenere gli occhi spalancati. Mi tolgo il piumino e mi infilo in cucina, dove mi preparo una cioccolata calda che sommergo con una quantità spropositata di panna montata, e mi siedo a gustarmela, centellinandola, bagnando la panna col liquido cremoso, che così mi piace di più. Ho giusto finito di leccarmi per bene l'ultimo cucchiaino che sento bussare alla porta. Da principio in effetti non sono sicura che sia davvero qualcuno che bussa; è tutta mattina che si sentono gli schiocchi dei rami spezzati dal peso della neve. Il toctoc però si ripete in maniera tanto regolare che non c'è da sbagliarsi.
Non vi nascondo che la cosa mi scoccia; dopotutto mi sono rifugiata in mezzo ai monti proprio per stare da sola e per non essere costretta a interagire con quelli della mia razza, inoltre il posto è talmente remoto che mi sembra improbabile ci sia arrivato qualcuno. Mi chiedo chi possa essere; qualche sciatore pirla, di quelli che si lanciano fuori pista e finiscono sfracellati a fondovalle? O magari un escursionista crucco con i racchettoni ai piedi? Mi avvio ciabattando a chiarire il mistero.
È uno gnomo. Piccolino, vestito di verde, che se non ci fosse tutta questa neve si mimetizzerebbe perfettamente con il bosco, e sembra un ragazzino, anche se probabilmente ha 426 anni. Appena mi vede esclama “Buon Natale!” e a me viene la tentazione di prenderlo a sberloni. Non so perchè; forse mi sento presa per il culo. Gli vorrei dire “Buon Natale tua nonna”, però penso che con gli gnomi è sempre meglio mantenere contegno e distacco, che così te ne liberi prima e magari eviti che ti lancino qualche maledizione.
- Ti serve forse qualcosa? - chiede lui.
“Sì, che ti levi dalle palle”, penso, e invece rispondo:
- No grazie, sono a posto con tutto.
- Sicura?
Comincio a domandarmi se non sia un rappresentante della Bofrost travestito. Lui resta lì, in attesa che gli dica qualcosa, e capisco che se non agisco con determinazione la cosa andrà per le lunghe.
- Senti, fa un freddo cane e non mi va di stare qui sulla porta a congelare – Ecco, così: se mi dimostro sgarbata dovrebbe funzionare.
- Allora fammi entrare – ribatte lui.
Mi sa che mi sono scavata la fossa da sola. Lo fisso con ostilità, ma lui non si scompone.
- OK, adesso chiudo questa porta. Buon Natale, Buon Anno e, per favore, lasciami in pace.
L'ho fatto. Mi sento un mostro di scortesia, però l'ho fatto. Riguadagno il calduccio del salotto e mi metto vicino al fuoco a crogiolarmi.
Toctoc. Questa volta i colpi vengono dalla finestra. Lancio un'occhiata: è ancora lui. Non è possibile. Che accidenti vuole questo maledetto gnomo? Non capisce che me ne voglio stare in pace per i fatti miei? Decido che la cosa migliore è ignorarlo. Con la coda dell'occhio vedo che resta lì ancora per un po', immobile, e poi all'improvviso scompare.
Sbadiglio. Lo so che non dovrei dormire in questa posizione, equivale ad assassinare la mia spina dorsale già provata da discopatia e accidenti vari. Mi alzo e mi stiro, sollevando le braccia sopra la testa per allungare le vertebre. E adesso che faccio? Manca ancora un bel po' all'ora di pranzo, di leggere me n'è passata la voglia, la TV manco la sto ad accendere, tanto ci saranno i soliti programmi cretini dove sono tutti buoni perchè è Natale. Che palle. Andrò a farmi una bella doccia, almeno riuscirò a far passare un'altra mezz'ora.
Passo accanto all'albero e lo vedo: un pacchettino rosso con un fiocco bianco che a momenti è più grande di lui. Come ci è arrivato lì? Adesso in casa ci sono pure i fantasmi? Faccio spallucce; fantasmi o no, sono curiosa e lo apro. Dentro c'è una statuina che rappresenta uno gnomo.
- Oh bella...
Me la rigiro tra le mani come a cercare un indizio di chi può avermela regalata, ma non ne trovo; è una normalissima statuina a forma di gnomo e l'unica cosa strana è che assomiglia in maniera straordinaria a quello che ho sognato. Lo appoggio sopra al tavolino, tra il gatto di ceramica e la ciotolina di porcellana olandese, e mi avvio verso il bagno. Alle mie spalle, lo gnomo fa un sorriso a trentadue denti.