giovedì 30 novembre 2017

novembre novembrino


Anche quest'anno novembre è cominciato che stavo a Lucca Comics; sono tornata in tempo per festeggiare il mio compleanno con un pranzo al ristorante che ha visto riunita tutta la famiglia, cosa che non accadeva da tempo perchè i figli ormai sono grandi e vanno per la loro strada. A seguire lo smantellamento della mia mostra che, a giudicare dalle firme sul quaderno, è stata un successone: l'hanno vista ben dieci persone (compreso mio marito). Per il resto il mese è trascorso tranquillamente e senza picchi degni di nota. Mi sono dedicata al restauro conservativo, difatti ho fatto la pulizia dei denti. Il tempo si è volto al piovoso nella prima metà del mese, fornendomi tutte le scuse per restare prevalentemente a casa a oziare. Nella seconda metà è tornato fuori il sole e me ne sono andata un po' a gironzolare per fare foto, visto che c'erano ancora parecchie foglie gialle e rosse in giro, oltre a riprendere molto moderatamente le mie passeggiate salutari.



Un pomeriggio col marito siamo tornati al Lago di Ponte, ma ce la siamo presa troppo comoda e quando siamo arrivati era già in ombra. In compenso siamo stati sorpresi nel vedere che c'erano la neve e l'acqua ghiacciata.


Causa maltempo, abbiamo disertato anche la Fiera di San Rocco; peccato, perchè una vasca l'avrei anche fatta volentieri. Invece siamo andati al M.I.C. a vedere la bella mostra dedicata ad Achille Calzi, artista locale vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento.

martedì 28 novembre 2017

Il cuore degli uomini - Nickolas Butler


Il Trombettiere non ha bisogno della sveglia. Nell'oscurità intima della tenda che puzza di vecchio, le sue mani vanno in cerca dei fiammiferi, grattano la punta sulfurea azzurra contro la scatola, il fiammifero si accende e brucia, e finalmente appare la luce dorata di una lanterna al cherosene; lo stoppino arde come un polmone in fiamme.


Il cuore degli uomini è difficile da prevedere, ma essenzialmente è la solita discriminante fra buoni e cattivi. C'è chi non si incattivisce malgrado il bullismo subito e la perdita di fiducia nel genere umano, c'è chi appare come uno stimato professionista ed è invece uno stupratore seriale. Comunque più che di bianco e di nero a me pare che qui si parli di grigio: nessuno è completamente innocente. Diviso in tre parti che coprono quasi sessant'anni, il romanzo sembra mostrarci che in fondo è sempre la stessa storia. Un bel libro che malgrado quella punta di cinismo non mi ha lasciato l'amaro in bocca, forse perchè so già che il mondo va male.

sabato 25 novembre 2017

Guchi nel fantastico mondo dello streaming

Con lo streaming non ho mai avuto molta fortuna. Quando cerco di guardarmi qualche film, non ci riesco che di rado perchè a tutti i link trovati o mi chiedono di registrarmi, o mi chiedono dei soldi, o vengono bloccati dal mio sensibilissimo antivirus; se per qualche miracolo ne trovo uno non affetto da questi problemi, il file non carica (sono passate alla storia le quattro ore impiegate per riuscire a guardare "The king and the clown" che ne dura la metà). Insomma, uno strazio. In compenso i mie figlioli non fanno altro che guardare film in streaming, perciò potrebbe essere un problema di imbranataggine mia. Comunque, alla fine i ragazzi mi hanno passato un paio di indirizzi di siti che usano loro e almeno un link funzionante tra i tanti c'è. Lo trovo un buon sistema per recuperare pellicole per le quali non mi andava di spendere i soldi del cinema o che magari all'epoca mi ero persa per pigrizia, distrazione o indigenza. Per esempio queste:


Avevo visto il provino di questo film e siccome l'arte del trailer prevede che il tutto venga reso accattivante per il possibile spettatore, aveva attirato la mia curiosità. Ok, lo ammetto: il motivo principale era che uno degli attori mi sembrava molto caruccio. Tornata a casa, avevo fatto qualche indagine e valutato che ricadeva nella tipologia di quelli che non valgono il prezzo del biglietto. In effetti è una polpetta che non a caso è stata assimilata alla saga di Twilight; anch'esso tratto da una serie di libri - per cui mi aspetto sequel, dato che il finale è sospeso - dei quali mi sono letta la trama fino al quarto volume concludendo che sì, è decisamente una di quelle robe per adolescenti romantiche. Che poi il film non era nemmeno partito male, almeno finchè c'era una certa aria di mistero in salsa gotica sembrava anche interessante, diciamo che è degenerato quando è saltato fuori l'ammmore. L'attore comunque era davvero molto caruccio XD



Non ero andata a vedere questo film perchè temevo l'effetto pianto dirotto sul finale. La storia è quella di Saroo, un bambino indiano che a cinque anni, salito per sbaglio su un treno, si ritrova a più di 1500 km. di distanza dal suo villaggio, a Calcutta, dove addirittura si parla una lingua diversa. Il piccolo non sa come tornare a casa, finisce per vivere in strada e viene raccattato da una donna che però pare in combutta con un poco di buono che probabilmente vuole venderlo, poi finisce in orfanotrofio e siccome la ricerca della sua famiglia non dà risultato (perchè svolta su Calcutta, in quanto nessuno immagina che il bambino venga da tanto lontano), viene adottato da una coppia australiana. Cresciuto sereno con la nuova famiglia, ad un certo punto ricorda improvvisamente la sua infanzia e si mette a cercare compulsivamente su Google Earth la sua città natale, per poter tornare a riabbracciare la madre e i fratelli. Naturalmente ci riuscirà. Ho trovato il film ben equilibrato, nel senso che emoziona ma per fortuna non esagera col melodramma, cosa che però non mi evitato l'effetto pianto dirotto sul finale XD



Di film orientali sui nostri schermi ne arrivano col contagocce, pensare che ne vengono prodotti a centinaia ogni anno. Questo è una co-produzione sino-americana che vede Zhang Yimou alla regia; questo regista in passato ha prodotto alcune pellicole memorabili che ho molto amato, per cui la mia prima reazione quando seppi di questo film fu di gioia, poi però come deterrente per non andare a vederlo funzionarono sia la presenza di Matt Damon che le stroncature lette in rete. In effetti già dopo un quarto d'ora si capisce che è una cagata pazzesca. La trama vede alcuni mercenari europei infiltratisi in Cina per procurarsi la fantomatica polvere nera; due di essi, sopravvissuti all'assalto di una strana bestia, si arrendono alla guarnigione che presidia la Grande Muraglia. I nemici sono appunto quelle strane bestie (dei mostruosi lucertoloni) e per tutto il tempo non si fa che lottare contro di loro, con uno dei mercenari che scopre la fiducia nel prossimo grazie al fascino degli occhioni di una guerriera, mentre l'altro continua a interessarsi alla polvere nera. E' da tempo che sono convinta che la facilità con cui al giorno d'oggi vengono prodotti gli effetti speciali abbia fatto un gran male al cinema e lo dimostra una pellicola come questa che per il 90% deve essere stata realizzata al computer. E' il classico film d'azione fine a se stesso, buono giusto per la multisala, ed è un peccato che negli ultimi tempi i cinesi stiano sempre più scimmiottando in questo gli americani.

mercoledì 22 novembre 2017

a furor di popolo, ovvero: breve disamina della popolarità ai tempi dei social


E' da più di un anno che il malefico algoritmo di In Explore si impossessa a intervalli irregolari di alcune delle mie foto aggiungendole alla galleria di immagini più invidiata di Flickr. Come già spiegato QUI, non c'è alcun merito in questo poichè la selezione è del tutto casuale; prova ne sono gli innumerevoli travasi di bile della sottoscritta in quanto nel 99% delle volte non vengono scelte le foto che io ritengo più meritevoli, bensì altre che mi piacciono ugualmente (sennò non le posterei su Flickr) ma che considero inferiori. Per fortuna il restante 1% mi dà soddisfazione; per esempio la foto a sinistra è una delle meglio riuscite tra quelle che ho scattato lo scorso anno in Giappone ed è anche quella che, in seguito all'esplorazione, ha ricevuto il maggior numero di likes nella storia fotografica della Guchi: 254. A parte tutto, uno potrebbe pensare che sbarcare su In Explore equivalga ad aver fatto bingo: ti ritrovi con un sacco di visualizzazioni (18.085 è il mio record, sempre per la foto qui sopra) che dovrebbero quindi farti conoscere a un sacco di persone. Tralasciando il fatto che noi frequentatori di social siamo affetti in varia misura da narcisismo e quindi tendiamo a ruotare intorno al nostro ombelico piuttosto che interessarci a quello degli altri, ho constatato che raramente le persone deviano dalla strada principale, un po' come quando fai il turista a Venezia, che a Piazza San Marco tocca di sgomitare, dopodichè ti infili in una traversa e ti trovi da solo. Insomma, uno sguardo a In Explore ce lo buttano tutti, ma poi si fermano lì: pochi vanno sul profilo di un fotografo a vedere il resto e ancor meno diventano suoi followers avendo gradito ciò che hanno visto. Poi sì, ci sono le eccezioni, tipo gente che segue ed è seguita da 2000 o 3000 persone e che alla fine è come se collezionasse le figurine su Facebook: dubito che abbiano il tempo e le forze per guardare reciprocamente le proprie foto. Ed ecco la meta a cui volevo giungere, ovvero l'inciucio. Sì perchè anche su Flickr, come su ogni social che si rispetti, il vero nodo della questione è l'inciucio: io ti seguo se tu segui me. Essendo io la solita testona, seguo solo quelli di cui mi piacciono le foto, così al momento sono in attivo di 90 persone. La cifra varia perchè ultimamente ho notato una nuova tendenza, ovvero: cominciano a seguirti e, se dopo qualche giorno non ricambi, smettono. Ma la cosa che funziona in assoluto al meglio per ottenere popolarità è il commento a go-go: cominci a commentare tutto quello che vedi e la gente comincerà a interessarsi a te e a seguirti, instaurando l'inciucio 2.0; ed è qui che casca l'asino la Guchi. Mi sto lamentando? No, sto solo facendo una constatazione, ovvero che se non fossi l'orso che sono, se inciuciassi come tutti, adesso avrei 1000 followers pure io e senza nemmeno dovermi mettere a photoshoppare selvaggiamente. Non solo, so che la cosa varrebbe anche riguardo ai blog, se mi mettessi a fare commenti a destra e manca. Ogni tanto ho bisogno di rammentare a me stessa che sono io a non essere tagliata per certe dinamiche e che alla fine preferisco l'integrità del mio modo di essere; forzare la mia natura per una popolarità in fondo stupida perchè non aggiungerebbe nulla alla qualità della mia vita non vale la pena.

sabato 18 novembre 2017

Intima apparenza - Edith Pearlman


Tenderfoot era un salone da pedicure sulla Main vicino a Channing Street. Due sedie reclinabili - di solito una occupata - si affacciavano sulla strada da una grande vetrata. Soli con Paige i clienti si confessavano in pubblico, chiunque poteva vederli e nessuno sentirli a parte lei.

Chi ha scritto che la Pearlman è una visionaria ha omesso di aggiungere che fa diventare visionari anche i propri lettori. Questa raccolta di racconti ha infatti il grande pregio di dipingere tutta una serie di personaggi e renderceli vivi, così che ci sembra di osservarli coi nostri stessi occhi. L'autrice vuole scavare nei fondo dei cuori, scrutare negli animi, e così spesso tira fuori quelle cose che ciascuno di noi conserva solo per sè, il non detto che non volemmo fosse mai rivelato. Il tutto viene fatto però con grande delicatezza, come se la Pearlman stesse sbirciando da dietro le tende. Una lettura veramente profonda e interessante.


mercoledì 15 novembre 2017

streghe e vampiri


Le streghe dell'East End è una serie che è andata in onda pochi anni fa e che mi sono gloriosamente dormita (come del resto mi sono dormita gli ultimi dieci anni di TV o giù di lì); tratta liberamente da una serie di libri di Melissa de la Cruz, scrittrice americana di origini filippine, è stata purtroppo interrotta alla seconda stagione per via del calo negli indici di ascolto, cosa che ha lasciato i fan con un palmo di naso perchè, come in ogni finale di stagione che si rispetti, nell'ultima puntata della seconda stagione rimangono diverse cose in sospeso che in teoria di sarebbero chiarite nella terza. E invece. A me le serie con le streghe di solito piacciono, anche perchè chi non vorrebbe avere poteri magici? Pensa che bello: schiocchi le dita e magicamente la casa si pulisce da sola e il bucato si stira per i fatti suoi, per non dire di tutti i dispetti che si potrebbero fare alle persone che ci stanno sui maroni. Comunque sia, le streghe di questa serie provengono da un altro mondo, dal quale sono fuggite a causa di una guerra fratricida; le protagoniste sono pure vittime di una maledizione per aver osato tradire il re, che altri non è che il loro padre e nonno. Si trovano a dover affrontare prima un potente mutaforma che vuole vendicare la morte del proprio padre per mano della capo-famiglia, mentre nella seconda stagione devono affrontare i pericoli derivanti dall'apertura del portale che collega i due mondi. Mi sono divertita a vederla e anche se non è che la metterei nella top ten delle mie serie preferite, l'ho trovata ben fatta e adatta come scacciapensieri. Peccato che l'hanno interrotta.



Anche questa serie è stata interrotta prima del previsto, ma almeno la cosa non è caduta come un fulmine a ciel sereno e gli sceneggiatori hanno avuto modo di far quadrare (quasi) tutti i conti prima della fine definitiva. Ormai ha dieci anni sul groppone e francamente non capisco perchè sia stata un tale flop. A me è piaciuta molto, così come a un certo gruppo agguerrito di fan che, a suo tempo, tentarono - inutilmente - di fare pressione perchè non venisse interrotta. La storia ha come protagonisti un vampiro che lavora come investigatore privato (e che grazie ai suoi poteri riesce facilmente a risolvere i casi) e una giornalista che vent'anni prima, da bambina, è stata salvata proprio da lui. Abbiamo quindi una trama da poliziesco unita alla love story, in quanto i due inevitabilmente si innamoreranno, pur tra le mille perpessità causate dal vampirismo di lui.  



A quanto pare Amazon, oltre a spedire pacchi e pacchetti, si diletta pure a produrre telefilm. Difatti questa serie, al momento di due stagioni, è targata Amazon Studios. Chiaramente indirizzata ad un pubblico giovanile, l'ho trovata divertente e ben realizzata, con tre giovani interpreti veramente molto in gamba. Le protagoniste sono infatti tre ragazzine dodicenni che si mettono a produrre le ricette magiche trovate sul libro della nonna di una di esse. Naturalmente spesso combinano pasticci che poi devono cercare di rimediare, e intanto cercano anche una cura per lo nonna che pare vittima di un incantesimo. Alla base di tutto c'è il libro omonimo di Cindy Callaghan, nota autrice di libri per ragazzi.

sabato 11 novembre 2017

rivisitazioni ibride


Una delle tendenze che noto più spesso riguardo alle serie TV di tipo fantastico è il fatto di fondere diversi elementi partendo da un personaggio classico. L'esempio più lampante è Penny Dreadful che ha messo in piazza di tutto e di più. Questa serie, che chiaramente s'ispira alla famosa accoppiata Jeckyll/Hyde, vede come protagonista il nipote del Jeckyll più famoso. La teoria è che il cambiamento di personalità non sia dovuto alla pozione, ma che sia innato; la pozione sarebbe solo un catalizzatore. Dunque di Jeckyll/Hyde ce ne sono sempre stati e sempre ce ne saranno (ammesso che figlino). Robert Jeckyll non sa nulla di ciò perchè il suo padre adottivo gli fornisce delle pillole che inibiscono la sua parte Hyde, ma ben presto si troverà immerso non solo nei propri problemi, ma anche in un complotto per riportare in vita un dio malvagio. L'ambientazione è la Londra degli anni Trenta; a me questa serie è piaciuta, anche se da principio mi aveva lasciata un po' perplessa, ma è indubbio che gli attori siano tutti molto bravi e che la trama sia risultata interessante abbastanza da coinvolgermi. Tuttavia la serie è stata interrotta dopo la prima stagione di dieci episodi che si è conclusa con uno di quei finali in cui non si sa se sono o no morti tutti. I motivi dell'interruzione sono stati sia gli indici di ascolto in calo che il fatto che la serie andava in onda in orario pomeridiano, cosa che ha causato una marea di proteste per via delle molte scene violente; magari se l'avessero trasmessa in seconda serata quando i bambini teoricamente dormono nessuno si sarebbe lamentato.



The Frankenstein Chronicles è una miniserie in sei puntate che è andata in onda un paio di anni fa; siccome ha riscosso grande successo, è stata prodotta una seconda stagione proprio quest'anno. Tale successo è certamente meritato; si tratta di una serie dai toni dark e inquietanti che, come suggerisce il titolo, si ispira alla storia di Frankenstein. Il protagonista è un ispettore della polizia fluviale malato di sifilide, John Marlott. Egli rinviene lungo il Tamigi un corpo annegato che, in seguito all'autopsia, si rivela composto di parti di otto diversi cadaveri di bambini. Gli viene ordinato di indagare in segreto per via del tema scottante; siamo nel 1827, epoca in cui era costume per i medici procurarsi cadaveri strappati alle tombe per portare avanti i propri studi di anatomia. Uno dei personaggi è Mary Shelley (nella realtà inventrice di Frankenstein) ed appare anche un morente William Blake. Marlott scopre delle verità scomode che finiranno per costargli la vita... o forse no. A me è piaciuta molto e spero di poter vedere anche la seconda stagione.



Poteva forse mancare il vampiro più famoso? Naturalmente no! Anch'egli però non ha avuto molta fortuna e la serie Dracula si è fermata a dieci episodi, probabilmente per via del fatto che la rivisitazione non è stata gradita dai fan del sanguinoso conte. In effetti mi associo ai fan; a me la serie non è piaciuta, tant'è vero che non sono nemmeno arrivata in fondo. L'ambientazione in epoca vittoriana è anche bella, però non mi ha convinto Jonathan Rhys-Meyers nei panni di Dracula, benchè sia un attore che in passato mi era anche piaciuto. Insomma, preferisco il Dracula cattivo e il mio riferimento continua a essere Gary Oldman nella versione di Francis Ford Coppola.



In questo caso il protagonista non è un mostro se non per via della straordinaria intelligenza. Elementary è una trasposizione di Sherlock Holmes in chiave contemporanea, ambientata a New York e con Watson che è una donna. Come serie mi è piaciuta, anche perchè, come ho già detto, apprezzo le indagini poliziesche basate sul metodo deduttivo. Per ora ho visto la prima e penso proprio che proseguirò con le seguenti. Quanto ai protagonisti, mi è sempre stata simpatica Lucy Liu (Watson), ma confesso che ho avuto problemi a digerire Jonny Lee Miller, non solo perchè il suo Sherlock Holmes è particolarmente irritante, ma anche perchè esteticamente non è il mio tipo d'uomo (per non dire di peggio). Certo, poichè non ho più dodici anni sono in grado di apprezzare un buon lavoro di recitazione anche se non gradisco la faccia dell'attore, ma non posso fare a meno di ripensare all'altro Sherlock visto di recente che mi piaceva sotto tutti i punti di vista.

mercoledì 8 novembre 2017

lunedì 6 novembre 2017

una Lucca a passo tranquillo


Da quanti anni vado a Lucca Comics? Boh! Di certo so fino a quando continuerò ad andarci: finchè mi divertirò. Dall'anno scorso il Comics si è allungato e adesso dura cinque giorni (chissà che faranno il prossimo anno che il primo novembre cade di giovedì e sarebbe quindi logico tornare a quattro giorni), cosa che è un po' problematica per chi non vuole restare per tutto il tempo. O magari è problematica solo per me che da due anni ho trovato posto in un B&B pidocchioso; non mi va di addentrarmi in una polemica e non posso cambiarlo, sia perchè non si trova un buco, sia perchè non è detto che gli altri facciano meglio. Per quest'anno comunque sono rimasta quattro notti, in modo da farmi i primi tre giorni di Comics e ripartire il sabato, prima che si scatenasse l'inferno. Di giorni di festa c'era dunque solo il primo novembre, gli altri sono stati un normale giovedì e venerdì, per cui di gente ce n'era relativamente poca e sono riuscita ad andarmene in giro con molto agio; perfino venerdì che pioveva e si doveva usare l'ombrello si riusciva a camminare senza problemi e ad entrare nei padiglioni senza morire schiacciati e/o soffocati. Ottima anche la novità per i possessori di biglietto per più giorni: ci hanno dato i braccialetti tutti insieme evitandoci di fare la fila per prenderli ogni giorno.

una cosplayer si rilassa nel giardino di Palazzo Pfanner,
una delle poche oasi di pace durante il Comics
in quanto l'ingresso è a pagamento

Come di consueto, ho dedicato allo shopping il primo giorno. Siccome volevo moderarmi, sono partita di casa con la lista e sono andata dritta a prendere solo le cose che volevo, anche se qualche piccola eccezione per strada ci è scappata. Comunque per ora di pranzo avevo già lo zaino pieno e il portafoglio vuoto, e per giunta una borsa con 35 manga formato deluxe che, a ora che sono tornata al B&B a lasciarla, ero più morta che viva. Decisamente la mia povera schiena è stata messa a dura prova in quei giorni! Il tempo era splendido e quindi ne ho approfittato per starmene in giro e fare foto; sono anche entrata nel bel giardino di Palazzo Pfanner che avevo sempre e solo ammirato dall'alto delle mura. Infine ho concluso la giornata assistendo alla proiezione dei lavori vincitori del Japan Media Arts Festival.

il photographer serio si riconosce dal fatto che si stende per terra

Il secondo giorno ho di nuovo passato molto tempo camminando e facendo foto. Per prima cosa sono stata alla Japan Town, quindi a due incontri, uno con Shintaro Kago e uno con Marjorie Liu e Sana Takeda. Nel dubbio se comprare o no un'action figure di Sailor Moon, ho finito invece con una sporta piena di Pocky, Kit Kat al tè verde e dorayaki. Sono anche stata all'orto botanico, dove si trovavano alcuni cosplayers in compagnia di photographers molto seri, oltre ad una manciata di turisti che ammiravano le foglie gialle.

un lavoro di Taiyo Matsumoto

Il terzo giorno purtroppo pioveva. Per fortuna non mancavano le cose da fare al chiuso, per esempio dovevo ancora visitare le mostre a Palazzo Ducale. Quest'anno ho potuto ammirare i lavori di Michael Whelan (l'artista che ha anche disegnato il poster di questa edizione), Igort, Federico Bertolucci, Arianna Papini, Taiyo Matsumoto, Raina Telgemeier e Sio. Finito lì, ci sarebbe dovuto essere l'incontro con Tite Kubo, autore di uno dei miei manga preferiti, ma già da due giorni si sapeva che non sarebbe venuto causa motivi di salute, quindi ho ripiegato per il cinema, dove ho assistito all'anteprima del documentario Never-ending Man: Hayao Miyazaki. A me è piaciuto, anche perchè penso sia riuscito a mostrare bene che tipo è il sensei. Dopo un pranzo veloce, mi sono fatta una vasca al padiglione dei games prima dell'incontro con la simpatica Siri Pettersen, scrittrice fantasy norvegese. 

idol giapponesi levatevi proprio!

Finito quello aveva finalmente smesso di piovere, così sono andata a fare merenda a base di takoyaki e mochi, mi sono vista un po' dell'esibizione delle idol italiane (e ancora non ho deciso se ridere o applaudire...) e ho ripreso la passeggiata sulle mura, prima di collassare al B&B.


Se devo fare un bilancio, non può che essere positivo, anche se dal punto di vista fotografico la mia frustrazione aumenta di anno in anno. Il problema è che ormai tra i cosplayers professionisti e i photographers si è creato un circolo vizioso impossibile da spezzare per una come me. La media è di 5-6 photographers per ogni cosplayer, quindi per riuscire ad arrivare a distanza ragionevole occorre sgomitare (inutile mettersi in fila, perchè tanto ne arrivano sempre di nuovi e non stanno certo a dare la precedenza, loro). Ho trovato i cosplayers sempre molto disponibili, nel senso che non mi hanno mai negato una foto e che quando si sono accorti di me in mezzo alla folla si sono girati pure dalla mia parte, ma è proprio qui che casca l'asino: se si trovano assediati, quelli che vedono sono i teleobiettivi da trenta centimetri dei photographers con le loro macchinone digitali, mica le mie macchine che, digitali o no, sono di dimensioni normali. Questo per quanto riguarda le foto scattate in quei posti che hanno sfondi adatti, perchè sperare di fare una foto decente tra la folla, con la gente che spunta da tutte le parti, è pura utopia. Del resto io, fotografando per diletto e non perchè voglio distribuire i miei biglietti da visita che così dopo il cosplayer va sul mio sito e mi chiede le foto che gli ho fatto per il proprio book (non ho mai capito se a gratis o no), non sono nemmeno interessata a rapirne qualcuno e monopolizzarlo per mezz'ora. Così mi è salita una gran voglia di dedicarmi alle foto rubate, che spesso danno più soddisfazione di quelle in posa; mi sa che il prossimo anno mi porto lo zoom e mi apposto dietro un albero. 

le foto rubate sono sempre le migliori


venerdì 3 novembre 2017

Compulsion - Meyer Levin/ Frenesia del delitto



Nulla ha mai fine, e se ripercorriamo a ritroso tutti i nessi causali sembra impossibile trovare un principio. Ci fu, però, un giorno in cui tutta questa storia cominciò a manifestarsi agli occhi del pubblico. Quel giorno Judd Steiner, arrivando in leggero ritardo alla lezione di storia del diritto del professor McKinnon, prese posto in fondo all'aula. Si sedette da solo nell'ultima fila, un gradino più in alto degli altri, e questa elevazione si confaceva al senso di superiorità che nutriva ne confronti di tutti loro.

Devo dire che sono fortunata quando mi reco in biblioteca: vado sempre a naso nello scegliere e spesso trovo libri che mi piacciono molto come questo. Si tratta di un classico, un romanzo del 1956 che ricostruisce quello che nel 1924 venne considerato il delitto del secolo. Si trattò del rapimento e dell'uccisione di un quattordicenne ad opera di due giovani e geniali studenti ebrei (Richard Loeb di diciotto anni e Nathan Leopold di diciannove), rampolli di famiglie molto ricche e rispettate di Chicago, e fu proprio questo uno degli elementi che destarono tanto scalpore. Gli altri furono il fatto che l'omicidio venisse compiuto senza altro motivo che il voler dimostrare di poter realizzare il delitto perfetto (anche se in realtà i ragazzi si lasciarono alle spalle tanti indizi da finirne letteralmente inchiodati) e la relazione omosessuale che i due avevano; fu inoltre il primo caso giudiziario in cui grande peso ebbero le testimonianze degli psicologi (allora chiamati alienisti), mentre l'avvocato difensore fu il celeberrimo Clarence Darrow che si produsse in un'arringa finale di ben dodici ore (contenente, fra l'altro, un'appassionata condanna della pena di morte, in quanto il nodo centrale del processo non fu tanto di giudicare o no la colpevolezza dei due accusati, quanto decidere se impiccarli o dar loro l'ergastolo). 

Nathan Leopold e Richard Loeb vennero infine
condannati all'ergastolo

Il libro è una ricostruzione molto fedele, anche per merito del fatto che Meyer Levin ne fu coinvolto direttamente. Coetaneo e conoscente dei due assassini, all'epoca lavorava già come giornalista ed ebbe un ruolo attivo nelle indagini (fu lui a collegare il cadavere sconosciuto rinvenuto nei pressi di una palude a quello del ragazzino rapito), oltre a seguire tutto il processo, per non dire che la sua fidanzata ad un certo punto venne affascinata da Leopold, tanto che la loro relazione finì. Nel libro i nomi sono tutti cambiati, ma la sostanza è la stessa, ed è stata un lettura davvero molto interessante e coinvolgente. Levin fra l'altro chiese una collaborazione a Leopold per realizzare questo libro (Loeb nel frattempo era morto in carcere, ucciso dall'ex-compagno di cella del quale pare avesse rifiutato le avances sessuali), ma Leopold si oppose al progetto, così come si oppose strenuamente alla realizzazione del film tratto da esso.


Tre anni dopo l'uscita del libro, ne venne infatti tratto un film omonimo per la regia di Richard Fleischer (da noi distribuito col titolo di Frenesia del delitto), ma il caso ispirò anche altri, non ultimo Alfred Hitchcock che trasse il suo film Rope (Nodo alla gola) dall'omonima piece teatrale; anche alcuni film più recenti si sono ispirati più liberamente alla vicenda. Quanto a Frenesia del delitto, il terzetto dei protagonisti (Dean Stockwell, Bradford Dillman ed Orson Welles) vinsero tutti il premio per la migliore interpretazione maschile al Festival di Cannes del 1959. Ho voluto vederlo in quanto si tratta della versione più fedele al libro; malgrado ciò, ci sono parecchi cambiamenti e omissioni. Ero soprattutto curiosa di vedere come fosse stato trattato l'aspetto dell'omosessualità: è risultata del tutto assente, se non per un accenno talmente vago da essere di fatto nullo. Il film pare si sia dato la missione di rendere il più odiosi possibile i due giovani assassini, in particolare Loeb, mentre nel libro mi è parso che abbia dominato una volontà di comprendere i loro caratteri e le loro motivazioni. Poi è logico che tutti gli approfondimenti di quelle pagine non potevano trovare posto in una pellicola di meno di due ore di durata. Insomma, avendo visto il film dopo aver letto il libro, ne sono rimasta piuttosto delusa.