sabato 28 novembre 2015

e ce la faceva!!


Ho saputo che The Cure avrebbero fatto un nuovo tour comprensivo di ben tre date italiane meno di una settimana fa e sono comunque riuscita a dormirmi l'apertura della prevendita dei biglietti (che ci volete fare, non passo 24 ore al giorno su Facebook...), così quando mi sono messa in cerca di un biglietto ho temuto seriamente di non riuscire a trovarne nessuno. Ovvero: sul sito del rivenditore ufficiale erano esauriti, restavano quelli in mano ai bagarini o quelli da acquistare fisicamente nelle rivendite convenzionate. I bagarini naturalmente esistevano anche quando ero una giovane fanciulla, solo che in tempi di Internet il fenomeno è peggiorato perchè mi è sembrato di capire che queste brave persone usano dei sistemi automatici per accaparrarsi i biglietti, dopodichè li rivendono a prezzi scandalosamente maggiorati. Quanto alle rivendite, manco sapevo dove ce ne potesse essere una dalle mie parti. Insomma, benchè a Robert Smith mi leghi una lunga relazione (più lunga di quella che ho con mio marito e a volte, mi sembra, pure più profonda XD) non mi andava tanto di spendere come minimo € 90 per stare in piedi; dopotutto ho una certa età (il che comprende il mal di schiena) e già l'ultima volta avevano suonato tre ore. Quindi, senza crederci troppo, ho controllato l'elenco delle rivendite e ho scoperto con somma sorpresa che ce n'era una qui in città; mi ci sono fiondata, sempre senza crederci troppo, e invece ecco qua: biglietto su gradinata trovato e ad un prezzo inferiore di quello in piedi che vendono i bagarini. Ora non mi resta che aspettare... e sarà una lunga attesa perchè il concerto c'è il 29 ottobre 2016!

Roba che arriviamo a morire prima entrambi, sia io che Robert X°°D

giovedì 26 novembre 2015

Tom Sandberg e Fotografia Contemporanea dall'Europa nord-occidentale al Foro Boario di Modena


Era da un po' che non mi recavo a Modena per una mostra di fotografia e dall'ultima volta la location è cambiata: non più l'ex-ospedale Sant'Agostino, ma il Foro Boario, fresco di restauro. Da fuori, come si può vedere, non è che dica granchè, ma quando sono entrata sono rimasta quasi a bocca aperta. La foto qui sotto purtroppo non rende bene l'ampiezza degli spazi.


Comunque sia, anche se tutto quello spazio da un certo punto di vista mette quasi in soggezione, è l'ideale per esporre stampe di grande formato come quasi tutte quelle che ho visto.

Tom Sandberg, Untitled (1996)

Di Tom Sandberg confesso che non sapevo nulla; ho letto che è morto di cancro l'anno scorso e che è sempre stato un soggetto particolare, anche solo per il fatto che ha sempre fotografato con una macchina analogica da 35mm. Davvero singolare! La foto qui sopra è quella che mi ha colpito di più (non è un cadavere, per fortuna, è sua figlia addormentata), però confesso che le altre cose non mi hanno detto molto. Come del resto non mi hanno detto molto tutte le altre, rare eccezioni a parte. Come sempre non entro nel merito del valore artistico delle opere, mi limito ad affermare che alla fin fine ciascuno ha i suoi gusti. A me per esempio Picasso fa cagare, con tutto che è considerato uno dei più grandi pittori del mondo.


Finita la mostra, mancava ancora un'ora al treno per casa. Avrei potuto arrivare fino in centro, ma non avevo la cartina e, visto il mio inesistente senso dell'orientamento, ho preferito evitare, che sennò finiva che il treno lo perdevo. Così mi sono dovuta sacrificare andando in un bar a prendere una cioccolata in tazza con la panna, e siccome la poverina si sentiva sola, l'ho fatta accompagnare da un muffin al cioccolato con cuore di Nutella (così sono rimasta in tema). Ho anche avuto il tempo di fare qualche foto al nuovo complesso di case e appartamenti costruiti sull'area della vecchia manifattura del tabacco; è la prima volta che vedo il tutto finito e devo dire che mi è sembrato un gran bel lavoro.


martedì 24 novembre 2015

Mr. Holmes


Sono andata a vedere questo film perchè adoro Ian McKellen e perchè il regista è quel Bill Condon che ha diretto Demoni e Dei, uno dei miei film preferiti (che, guarda caso, ha sempre Ian McKellen come protagonista), e non perchè sia una fan di Sherlock Holmes. In effetti è strano a dirsi; benchè io sia appassionata di gialli fin dall'adolescenza, ho questa lacuna culturale. Ho divorato Agatha Christie, Ellery Queen e Rex Stout, adoro P.D.James, mi ha molto divertito l'hard boiled americano e negli ultimi anni mi sono data al giallo nordico, ma non ho mai letto un libro di Sir Arthur Conan Doyle.


Poco male nel caso di questo film, che difatti è tratto da un romanzo di Mitch Cullin. Sherlock Holmes ha 93 anni e sta diventando sempre più senile. Di ritorno da un viaggio in Giappone dove è stato attirato con un pretesto da Umezaki, un uomo che lo accusa di aver incoraggiato suo padre ad abbandonare la famiglia rimanendo in Inghilterra, cerca di ricostruire il ricordo del suo ultimo caso, quello in seguito al quale ha deciso di ritirarsi a vita privata, e intanto stringe amicizia con Roger, il figlio della governante.

Milo Parker (Roger) e Sherlock Holmes (Ian McKellen)

Per certi versi il tutto mi ha riportato alla mente proprio Demoni e Dei, a sua volta tratto da un libro (tra l'altro Condon ha pure curato la sceneggiatura di entrambi i film): l'anziano che diventa senile e prova rimpianti, la governante un po' burbera ma in fondo affezionata, il giovane discepolo e il rapporto che si instaura con lui. Evidentemente si tratta di temi cari a Condon. Qui naturalmente manca tutta la dimensione erotica, visto che il rapporto tra il vecchio e il bambino è quella innocente che si avrebbe tra nonno e nipote. Ian McKellen è stato semplicemente magistrale e un applauso va anche al piccolo Milo Parker. Il film mi è piaciuto molto, l'ho trovato delicato, a tratti commovente, inoltre mi ha meravigliato l'inaspettato risvolto giapponese che non sospettavo.


domenica 22 novembre 2015

greed


Dopo che per alcuni anni sono andata nello stesso albergo, da quest'anno per Lucca Comics mi ritrovo a piedi. Trovare un buco in cui dormire è un'impresa, anche perchè tutti quelli che possono rinnovano la prenotazione un anno per l'altro. Ho fatto così anch'io finchè ho potuto, poi l'albergo ha cambiato gestione. Quell'albergo lì era comodo perchè aveva il parcheggio interno, stava fuori dalle mura, ma non troppo lontano da non poter fare avanti e indietro a piedi, ma soprattutto manteneva gli stessi prezzi bassi anche durante il Comics. Già, perchè qui casca l'asino. Durante il Comics infatti tutti (alberghi, B&B e affittacamere) raddoppiano o peggio le loro tariffe normali, quando addirittura non impongono pacchetti fissi di cinque notti; il prossimo anno, che il Comics dura cinque giorni, il pacchetto è di sei notti. Ora, solitamente io soggiorno tre notti; potrei anche decidere di farmi una vacanza e restare sei notti, dopotutto se il tempo è bello Lucca la si può godere anche standosene a spasso, ma se mi raddoppi le tariffe, con quella cifra lì ci pago il biglietto aereo di andata a ritorno per Tokyo. Così in questi giorni sono impegnata nella mission impossible di cercarmi una stanza che non costi un rene e che possibilmente io possa prenotare per un massimo di quattro notti. Il vecchio albergo intanto con la nuova gestione si è adattato al trend generale raddoppiando le tariffe, inoltre ho saputo da un conoscente che non offre più la colazione, ma dà un coupon per recarsi al bar. Anche se mi rendo conto che gonfiare i prezzi in occasione di certi eventi è la norma (vedi Expo a Milano e fiere varie), a me francamente questa pratica puzza di avidità e anche di disonestà. Tra l'altro a Lucca Comics ci si riversano talmente tante persone che probabilmente si avrebbe il tutto esaurito anche accettando prenotazioni di una o due notti, e se i prezzi restassero quelli che sono oppure venissero ricaricati di meno, forse più gente che ora non lo fa resterebbe a dormire anzichè fare mordi e fuggi. La lobby di albergatori e gestori di B&B però evidentemente ha deciso che per le proprie tasche la cosa migliore è fare come stanno facendo e buonanotte.

So che questo sfogo non serve a niente, ma avevo bisogno di farlo.


giovedì 19 novembre 2015

Steve McCurry ai Musei San Domenico di Forlì


Steve McCurry lo avevo già visto a Roma, ma ritrovandomelo sotto casa, o quasi, non potevo non rivederlo. Certo, potendoci andare da sola, avrei preferito un giorno infrasettimanale, invece sono andata con un'amica che ha proposto un sabato pomeriggio. Benchè mancasse un'ora alla chiusura (e qui stenderei un velo sul terrorismo che ci hanno fatto alla biglietteria, del tipo "siete veramente sicure di volere entrare, visto che in un'ora riuscirete al massimo a vedere un terzo della mostra?" - per la cronaca, in cinquanta minuti l'abbiamo vista tutta XD) il museo era gremito, segno che ormai McCurry è diventato una celebrity e la sua mostra uno di quegli eventi irrinunciabili come la ragazza dall'orecchino di perla. 


Per le strade della "città azzurra".
Jodhpur, India, 2007

Il pubblico era composto per il 45% di pecoroni al seguito di una guida che diceva un'ovvietà dopo l'altra e che formavano un muro insormontabile, per un altro 45% di schiavi dell'audioguida che stazionavano per lunghi minuti davanti a ogni foto segnalata impedendone la visione agli altri visitatori, e per il rimanente 10% di cani sciolti come me e la mia amica. Una percentuale di circa il 50% trasversale ai gruppi di cui sopra impiegava il tempo fotografando le fotografie. Ancora una volta devo ringraziare il fatto di essere diventata zen, o mi sarei data a un bello sterminio di massa; devo anche dire che in effetti parecchie delle foto esposte per fortuna le avevo già viste a Roma.


Pescatori, Weligama, Sri Lanka, 1995

Certamente la mostra merita e l'allestimento è suggestivo, anche se ho trovato insensato il cilindro con le immagini di piccolo formato, nel senso che all'interno si finiva per accalcarsi e montarsi reciprocamente sui piedi senza riuscire a godersi le foto. 


Steve McCurry

Steve McCurry comunque è un fotografo che mi piace, ma per il quale non mi strappo i capelli. Mi viene da dire che il motivo sta nel fatto che le sue foto sono troppo impeccabili; a volte è la leggera imperfezione quella che regala un tocco magico a uno scatto. Con questo, per carità, non voglio certo sminuire il suo lavoro perchè so benissimo che cosa significa fotografare a questi livelli.



Infine vorrei rassicurare i due imbecilli che avevo a lato che la foto dell'attentato alle Torri Gemelle qui sopra è stata indubbiamente scattata da McCurry. Questi due genii stavano ragionando sul fatto che l'autore fosse davvero lui e alla fine hanno concluso che no, l'avrà di certo fatta qualcun altro. Eccerto, perchè uno come McCurry ha bisogno di appropriarsi di una foto fatta da qualcun altro e soprattutto di esporla facendola passare per sua... In realtà McCurry era rientrato da un viaggio in Cina il 10 settembre e la mattina dopo scattò alcune foto dal tetto di casa sua. Perchè, diciamolo, gli elementi che fanno grande un fotografo sono due: il talento e un gran culo.



martedì 17 novembre 2015

il pippone


Sono convinta che al mondo ci sia troppa gente che si prende troppo sul serio, e molte di queste persone fotografano. O meglio, sono photographers. E qui stenderei un velo pietoso, anche perchè servirebbe una lunga spiegazione che non mi va di fare, basti dire che io fotografo da una vita, ma non mi definirei mai photographer. Orbene, succede che nella galleria d'arte comunale della mia città ci sia una mostra fotografica. L'autore è un tizio che avevo incrociato anni fa e che, a dire il vero, mi aveva lasciato una buona impressione. Nelle sue foto infatti i protagonisti erano dei semplici giocattoli di plastica e spesso le sue immagini erano ricche di umorismo e di ironia. Con queste premesse, sono andata a vedere questa mostra piena di aspettative. Ora, premesso che le foto di per sè sono anche belle, anche se manca appunto l'aspetto umoristico di quelle viste anni fa, la cosa che mi ha fatto cadere le braccia (per non dire le palle) è stato il pippone di introduzione alla mostra. Hanno scritto una roba che gronda pseudo-intellettualismo ogni 3 x 2, una cosa che, dopo che l'hai letta, ti dici "urca, chissà che fotografie cazzute che sto per vedere", dopodichè ti ritrovi a guardare una biglia blu a lato della strada. Insomma, per come la vedo io, il tizio e il suo compare (a questo giro viene citato un altro personaggio tra gli autori, che però non ha fotografato, bensì ha costruito alcuni giocattoli di legno che appaiono nelle foto), non so se essendoci o facendoci, si sono dati un gran peso con risultati non dico ridicoli ma quasi, nel senso che, se non avessero messo quel pippone introduttivo, uno si sarebbe goduto le foto, le avrebbe apprezzate o no a seconda dei propri gusti e morta lì, invece hanno voluto fare gli intellettualoni e mi pare che i contenuti proprio non ci siano. Per come la vedo io, almeno. Credo che il mio problema sia che sono una persona semplice; quando fotografo uso l'istinto più che la ragione, perfino nei casi in cui può sembrare che abbia costruito molto l'immagine. Questo è anche uno dei motivi per cui, se dovessi fare una mostra di foto mie, il pippone sarebbe assente. Purtroppo invece fa parte del mondo contemporaneo suonarsela e cantarsela da soli, cosa che comunque spesso paga. Di certo restare ferma e zitta come faccio io non porta da nessuna parte. Ma tanto io non sono una photographer XD

Il bello di avere un blog che non legge nessuno è anche quello di esprimere con più libertà le mie opnioni, perchè tanto i diretti interessati non le leggeranno mai XD

domenica 15 novembre 2015

l'indignazione nel cortile di casa


E' da ieri che evito di andare su Facebook, e il motivo è che non sopporto le reazioni agli attentati che hanno sconvolto Parigi. Parecchi dei miei amici hanno cambiato l'immagine del profilo e, dopo essere diventati tutti Charlie, adesso condividono la bandiera francese o il disegno associato all'hashtag prayforParis. Ce ne sono anche uno o due (pochissime eccezioni, per fortuna) che indulgono in sparate razziste o condividono le stronzate di soggetti come Salvini e la Meloni. Personalmente ho provato un tuffo al cuore quando ho letto le prime notizie che arrivavano venerdì notte, e la mia tristezza è cresciuta con l'aumentare del numero delle vittime. Tuttavia è quella stessa tristezza che mi stringe il petto quando leggo di attentati simili che avvengono in altre parti del mondo (l'esempio più recente è la Turchia). Per questo motivo sono stanca dell'ipocrisia della gente. Un morto a Parigi vale tanto quanto un morto in Tunisia o in Kuwait. Come mai nessuno ha lanciato l'hashtag prayforMogadisco o ha cambiato la propria immagine del profilo con la bandiera nigeriana dopo che in questi paesi erano stati compiuti degli attentati terroristici? Non riesco a fare due pesi e due misure, le vittime degli attacchi di questi mostri meritano ugualmente la nostra indignazione.

sabato 14 novembre 2015

colori d'autunno

Quattro passi al parco con Penelope *










* Forse ho già detto che mi piace dare un nome agli oggetti, almeno quanto mi piace dare un soprannome agli umani, e così la nuova macchina fotografica l'ho chiamata Penelope!


giovedì 12 novembre 2015

la sindrome del vestito buono


A casa mia (intendo in quella in cui sono cresciuta) c'era molta attenzione per i vestiti. Non c'è mai stata l'ossessione per la firma, ma per la qualità. I vestiti dovevano essere realizzati con ottime stoffe e fatti per durare il più a lungo possibile. Particolare cura veniva posta nell'acquisto dei vestiti buoni, o della domenica; perchè non si rovinassero, venivano indossati soltanto quando l'occasione lo richiedesse. In casa si mettevano solo i vestiti vecchi e lisi per finirli prima di buttarli via. Essendo cresciuta con un imprinting di questo tipo, anche negli anni seguenti mi è venuto naturale comportarmi allo stesso modo, con la differenza che i vestiti buoni hanno sempre fatto una brutta fine. Accuratamente conservati dentro l'armadio, spesso sono finiti direttamente da lì al cassonetto della Caritas dopo essere stati indossati solo poche volte, e tutto a causa dei miei cambiamenti di peso. Infatti in vita mia non ho fatto altro che allargarmi; a parte i normali cambiamenti fisiologici dopo il parto, ammetto che si tratta proprio di ciccia bella e buona. Che senso ha allora comprare dei vestiti buoni che alla fine non mi godo perchè dopo pochi anni il mio sederone non ci entra più dentro? Molto meglio portare allegramente subito le cose che mi piacciono, almeno me ne cavo la voglia finchè sono della taglia giusta.

La foto delle due bambine fa parte della mia collezione; è arrivata dall'Inghilterra insieme a diverse altre, in quanto ne comprai in blocco per beneficenza da una parrocchia che le vendeva su Ebay. Purtroppo non riporta nè date nè altre scritte, anche se immagino risalga all'incirca agli anni Trenta.

martedì 10 novembre 2015

la maniera migliore per liberarsi delle tentazioni...


... è cedervi, naturalmente. Sono due settimane che sono presa dalla frenesia del riordino. Con buona pace di Marie Kondo, sono sempre stata brava a ordinare a organizzare la cose, tanto che sono convinta che potrei diventare un'ottima assistente-riorganizzatrice per i disordinati cronici. Oltre ad occuparmi della cantina e della mia stanza, ho messo mano anche ai miei file, comprando un nuovo disco rigido esterno per alleggerire la memoria del computer. Mi sono così ritrovata a spulciare cose archiviate da tempo delle quali non dico che avessi perso la memoria, ma quasi. Per esempio, mi sono capitate sotto gli occhi le foto che avevo fatto per il mio primo 365 project. Si trattava di una serie di fotografie digitali ritagliate in formato quadrato che avevano coperto un arco di tempo compreso fra maggio 2011 e maggio 2012. Queste foto erano state postate su di un blog privato, scelta dettata dal fatto che c'erano diversi autoritratti, e purtroppo ero stata piuttosto indisciplinata nel postarle, nel senso che l'idea iniziale era appunto quella di mettere una foto al giorno, ma avevo finito per esagerare e metterne spesso di più. Ad ogni modo, rivederle mi ha fatto tornare in mente quanto mi sono divertita a scattarle. Un 365 project, a meno che uno non si dia degli argomenti, finisce per diventare un diario fotografico vero e proprio, così rivedere certe immagini è come rivedere frammenti della propria quotidianità, ricordando le cose fatte e viste. Visto il piacere che provo nello scrivere un diario, avere sotto gli occhi anche l'equivalente fotografico per me è bellissimo. Insomma, riguardando quelle foto mi è venuta una gran voglia di ricominciare un progetto simile, che però avrebbe senso in digitale per poter vedere le immagini in tempo reale. L'unica cosa che ricordo con insofferenza di quel progetto è il fatto di dovermi continuamente trascinare dietro la reflex digitale che ha il suo bell'ingombro; un conto è quando uscivo al solo scopo di fotografare, un altro quando magari mi limitavo ad andare al mercato a fare la spesa o quando viaggiavo e avevo pure dietro le macchine analogiche. Vero è che possiedo una compattina digitale, macchinetta che in passato mi ha dato non poche soddisfazioni, ma che ora non mi soddisfa più (ah, il problema dei paragoni!). Per farla breve, ho cominciato a meditare su come risolvere la cosa, ovvero sul tipo di macchina fotografica che potesse unire la leggerezza e le piccole dimensioni di una compatta e la qualità d'immagine di una reflex. Risposta: una mirrorless. Malgrado sia fuori dal mondo digitale, da tempo sento parlare di queste nuove macchine che uniscono infatti tutti questi aspetti. Ho fatto quindi una rapida ricerca, anche perchè non volevo spendere una cifra folle, ed ho optato per quella che vedete nella foto in alto: l'Olympus PEN E-PL7. Tra l'altro l'Olympus Pen nasce come half frame analogica, io ne ho una che adoro! Per cominciare penso che mi farò bastare il piccolo zoom in dotazione con il kit, ma volendo potrei anche acquistare un altro obiettivo. Vedremo. Intanto, conoscendomi, so che non aspetterò di certo il primo gennaio per dare il via al nuovo 365 project. Mi basterà prendere confidenza con la macchinetta e poi... via!!

domenica 8 novembre 2015

scoperte


Ho sempre pensato che per le cose che ci stanno a cuore il tempo si trova. Ricordo anni fa, quando lavoravo e avevo due bambini da accudire (oltre alla casa), eppure riuscivo anche a seguire i miei interessi. Lo stesso vale con le persone: se c'è la reciproca volontà di frequentarsi, il modo si trova anche tra mille impegni. Questo è il primo motivo per cui non ho mai capito bene il senso delle cene di classe; se sono arrivata fino a qui non frequentando certe persone per trent'anni, vorrà pur dire qualcosa, no? Certo, ci sono alcune eccezioni, ovvero quelle persone la cui compagnia mi era pur gradita, ma con le quali non ero tanto amica da mantenere il rapporto nel corso degli anni. Alla fine mi lasciavo convincere ad andare per loro. Ogni volta però tornavo a casa amareggiata vedendo che i mie compagni restavano ancorati ai ruoli dell'adolescenza e non facevano il minimo sforzo di capire quanto si era cambiati e che persone si era diventati; io, che ai tempi del liceo ero una degli outsider e che ho vissuto con disagio la mia adolescenza, mi sentivo come se mi spingessero di nuovo a forza dentro a quel ruolo. L'anno scorso però ho capito che la cosa è differente. Reduce da Lucca Comics e particolarmente di buon umore, mi ero recata all'ennesima cena di classe con un certo entusiasmo e avevo pure avuto la fortuna di sedermi accanto a persone delle quali avevo un buon ricordo e che per un periodo avevo pure frequentato. C'erano tutti i presupposti per una serata gradevole, invece... Che cosa è andato storto? L'amico che mi sedeva accanto mi chiese che cosa facevo. Gli spiegai che avevo smesso di lavorare dopo la chiusura della ditta per la quale tenevo la contabilità. La sua reazione un po' sorpresa si ridusse a chiedermi se economicamente ce la facevamo. Certo, risposi. Dopodichè lui tornò a parlare di lavoro insieme agli altri due e io restai ignorata per il resto della serata. Il problema è che viviamo in un mondo che ci giudica per quello che facciamo, non per quello che siamo. Una che non lavora quindi è considerata una nullità o un fallimento, quando non entrambe le cose. Purtroppo conservo anch'io in parte questa convinzione, visto che ho sempre delle grosse difficoltà a rispondere quando mi chiedono che cosa faccio. Ammettere che non lavoro mi procura un misto di senso di colpa e di complesso d'inferiorità. In realtà credo di essere una persona fortunata perchè ho avuto l'opportunità di fare una scelta che da principio è stata una reazione al fatto di aver svolto per più di vent'anni un lavoro che detestavo e che non mi dava la minima soddisfazione anzichè cercare la mia strada e la mia vocazione, e che poi è diventata una scelta consapevole di vita della quale sono pienamente convinta. Perchè gli altri invece continuano a vedere il fatto che non lavoro come una cosa negativa? Perchè ritengono che una persona che non lavora non è interessante e non ha niente da raccontare? Così dopo quella cena di classe ho capito che il mio disagio in compagnia dei vecchi compagni in realtà nasceva da me stessa, dal fatto che non riesco a sentirmi loro pari. Che loro mi liquidino come persona inutile è un conto, ma che mi ci senta io è un altro, e se io non mi sentissi inferiore di fronte a loro, non ci starei tanto male. Perciò ho deciso che ho chiuso con le cene di classe, almeno fino a quando non supererò questa cosa. Ce ne sarà una tra due settimane e non ho intenzione di andarci. Mi dispiace per la mia amica che ogni volta mi ci trascina, ma continuo a pensare che non siamo venuti al mondo per soffrire e che di sofferenza nella mia vita ce n'è comunque, senza che me ne debba andare a cercare dell'altra XD

venerdì 6 novembre 2015

la dura vita del turista


Ieri sono stata a Firenze col marito, che questa settimana è in ferie e voleva assolutamente andare a vedere il Museo dell'Opera del Duomo recentemente risistemato. A me francamente la cosa non entusiasmava perchè, come ho già detto, è un periodo che preferisco gironzolare piuttosto che chiudermi in un museo, tuttavia viaggiare mi piace troppo per poter rinunciare a una gita. Le previsioni del tempo fra l'altro davano nebbia e quindi ci stava pure di andare al museo, invece c'è stato un sole smagliante accompagnato da una temperatura mite per tutto il giorno. Il colonnello Bernacca si starà rivoltando nella tomba. 

il tempietto del Santo Sepolcro di Leon Battista Alberti

Per cominciare però siamo andati al Museo Marino Marini, non perchè ci fregasse nulla di Marino Marini (che a questo punto, offeso, si starà rigirando nella tomba pure lui), ma perchè il museo è stato ricavato all'interno di una chiesa sconsacrata che dell'originale conserva solo la cappella Rucellai. Mio marito difatti ci teneva a vedere quella e siccome le visite sono limitate a quando vi dicono messa nel tardo pomeriggio (orario in cui si è già sul treno verso casa), l'unica era appunto passare dal museo. La cappella contiene il tempietto del Santo Sepolcro di Leon Battista Alberti, che in effetti altro non è che la tomba di Giovanni di Paolo Rucellai. Devo dire che quest'opera è un vero gioiellino e mi hanno conquistato gli intarsi marmorei che ne decorano le pareti esterne.

modello al vero dell’antica facciata del Duomo
di Firenze all'interno del Museo dell'Opera del Duomo

Siamo poi andati a questo benedetto Museo dell'Opera del Duomo e abbiamo fatto il biglietto comprensivo anche della visita di altri monumenti, rimanendo costernati dalla sorpresa quando abbiamo scoperto che con la tessera del FAI si aveva uno sconto di ben dodici euro a cabeza: incredibile!! Il museo ha riaperto nella sua nuova veste giusto pochi giorni fa, grazie al recupero di un vecchio teatro. Devo dire che è veramente bello, sia per i pezzi esposti che per la loro sistemazione; belli gli spazi e belle anche le molte tavole multimediali. Fa piacere vedere un museo italiano che, una volta tanto, non ha nulla da invidiare ai grandi musei stranieri.

il campanile di Giotto

Finita la visita, avevamo un certo appetito e così siamo andati in cerca di un posto che ci ispirasse; abbiamo trovato un ristorantino dove abbiamo mangiato bene e speso il corrispondente di quanto risparmiato sui biglietti d'ingresso al museo, ovvero ventiquattro euro. Ci siamo perciò sentiti nuovamente meravigliati, visto che nelle città a vocazione fortemente turistica è più facile mangiare male spendendo molto, perciò ci siamo annotati il posto in caso di visite future: Bonaugo, in Via dei Servi 60. A quel punto abbiamo continuato a sfruttare il biglietto cumulativo visitando, oltre al Battistero e all'interno del Duomo, anche i resti di Santa Reparata che si trovano sotto di esso, per poi salire i 414 scalini che arrivano alla sommità del Campanile di Giotto. Chi mi conosce sa quanto io ami arrampicarmi e ammirare le città dall'alto; ovvero, diciamo che di arrampicarmi farei anche a meno perchè è una faticaccia, però l'ascensore non c'è sempre e a quel punto tocca sacrificare i polpacci. Con la bella giornata poi valeva decisamente la pena salire ad ammirare il panorama.

la sommità della Cupola del Brunelleschi

Con i nostri biglietti si poteva anche salire sulla Cupola del Brunelleschi, ma il marito si è rifiutato dicendo che tanto c'era già stato altre due volte e che le scale erano troppo strette. Posso dire a sua discolpa che soffre un po' di vertigini e che già sul Campanile di Giotto lo avevo preso in giro perchè gli faceva senso guardare in basso attraverso una grata di ferro. Io, che stranamente ero propensa al sacrificio, ho deciso di andare e così ci siamo dati appuntamento dopo un'ora. A questo giro i gradini erano 463 e valevano tutti la pena, pure quelli angusti, perchè la cupola mi è piaciuta anche più del campanile.

come si fa a resistere a simili tentazioni?

Una volta scesa, del marito non c'era ancora l'ombra e così mi sono messa a guardare le vetrine. Una di queste era quella del negozio della Lindt. Giuro che non l'ho fatto apposta, ma un richiamo irresistibile mi ha trascinato dentro e, non so nemmeno io come possa essere successo, quando sono uscita avevo un sacchetto pieno di cioccolatini assortiti. Di sicuro devo essere stata posseduta! Lavandomi la coscienza con la motivazione che in fondo ieri era il mio compleanno e che, siccome cinquant'anni son pur sempre una bella cifra, mi meritavo un altro regalo, ho poi ritrovato il marito e insieme siamo andati in un bar a riposare un po' e ad approfittare del bagno (perchè a Firenze bagni pubblici non ce ne sono, almeno nella zona del Duomo... ma a dire il vero non ricordo di averne mai visti), e infine abbiamo gironzolato un po' rivedendo il Palazzo della Signoria e Ponte Vecchio prima di tornare in stazione.

Nessuna delle foto di questo post è stata scattata dalla sottoscritta, infatti, per quanto possa sembrare incredibile, non mi ero portata la macchina fotografica. Pentita? Anche no; dopotutto mi sono goduta in pieno le bellezze che ho visto, il che è ciò che conta veramente.


mercoledì 4 novembre 2015

fifty


Oggi è un giorno un po' così. Quasi quasi lo cancellerei dal calendario perchè lo trovo faticoso sotto molti punti di vista.


lunedì 2 novembre 2015

la dimensione parallela


Tre giorni volano via veloci, specialmente in quel luogo magico che è Lucca Comics. Arrivi nella dimensione parallela, ma nel momento stesso in cui la lasci è come se davvero avessi fatto solo un sogno. Malgrado gli uccelli del malaugurio, quest'ultima edizione, nuovamente baciata dal sole (a parte giovedì, quando però io sono arrivata solo in serata) che inaugurava il numero chiuso per i biglietti mi è difatti sembrata più fluida del passato. Certo, a volte si creano degli imbottigliamenti, ma personalmente non mi sono mai trovata davanti dei muri di folla impenetrabili come mi è successo anni fa. Il decentramento dei padiglioni ha dunque funzionato, a parte che quest'anno parecchi dei padiglioni stessi sono stati distribuiti in maniera diversa. Ho cercato di prendermela comoda, riuscendo comunque a fare tutto quello che volevo. O quasi. 

qui e sotto due scatti delle mostre a Palazzo Ducale


Tolto lo shopping soddisfacente, le sempre belle mostre e gli incontri interessanti, la grande delusione l'ho avuta sul piano fotografico. E' vero che non sono partita di casa particolarmente carica in questo senso, ma è anche vero che è venuta a mancare la location preferita di cosplayer e fotografi, ovvero un bastione delle mura che quest'anno è stato occupato da un padiglione. La conseguenza è stata che ho quasi sempre scattato tra la gente, con sfondi di passanti che guastano le inquadrature, tra mille accidenti per quelli che ti si mettono davanti senza considerazione, di fretta (e quindi senza poter scegliere la composizione migliore). Insomma, le foto che mi piacciono si contano sulle dita di una mano sola.  

esempio di foto mal riuscita: gente sullo sfondo, impossibilità a muovermi come volevo
e quindi inquadratura brutta, così com'è brutta la luce

questo invece è il mio scatto preferito malgrado non sia tecnicamente perfetto

Una menzione a parte lo merita lo spettacolo dei Munedaiko, organizzato in collaborazione con l'Ambasciata del Giappone. Si è trattato di un concerto di taiko (tamburo tradizionale giapponese) che ho trovato molto emozionante. Non è certo un tipo di musica alla quale siamo abituati, ma proprio per questo sono stata contenta di avere partecipato.



Insomma, esperienza decisamente positiva anche quest'anno. Peccato solo per le foto... quanto mi è scocciato non aver fatto quelle che desideravo!